La maestra elementare

Una candida fiaba per questo Natale 2013 -II e ultima parte-

di Il Raccontafavole

Una candida fiaba per questo Natale 2013  -II e ultima parte-

Tradizionalista fino all’esasperazione, dopo aver fatto indossare le tuniche e depositato il nano nel cestone, Martha si dedicò con meticolosità ed estrema pazienza all’assemblaggio  dell’albero di Natale, tirato fuori da un grosso baule non distante dalla cucina.

Era un abete ecologico che da ben 10anni, ogni 24 dicembre, riesumava per adornarlo sempre in maniera diversa e alquanto sui-generis.

E anche quella volta, dopo averlo composto, andò fuori alla ricerca degli addobbi.

Rientrò nel tardo pomeriggio che già faceva buio, anche perché era dovuta andare in ospedale a ritirare delle analisi, e dall’enorme sacco celeste della spazzatura fece uscire varie carcasse di animali uccisi qualche ore prima.

La punta fu ornata da una zampa di gatto alla cui estremità aveva fissato la testa; pensava  fosse la cometa.

Poi, man mano che scendeva, faceva pendolare ai rami artificiali, quando un passerotto ancora sanguinante, quando un ratto, quando la testa di due cardellini che la signora Wilson, stava disperatamente cercando da alcuni minuti, quando delle lucertole sotto spirito.

Terminato che ebbe di ornarlo, gettò quella polvere simile a neve che avrebbe dato l’ultimo tocco di magia natalizia alla casa.

Guardò con ammirazione la sua “creatura”, che ancora, però, non la convinceva del tutto. Ma sì, mancavano le candeline!

Di corsa chiamò il taxi e si fece accompagnare presso il cimitero di Beverly.

Dopo una mezz’oretta chiamò di nuovo un altro taxi che la venisse a prendere.

Arrivata a casa s’indirizzò come un lampo verso l’albero e vi posizionò delle strane candele a forma di dita umane che bloccò alle fronde con del fil di ferro.

Erano indici e medi estirpati ad alcuni cadaveri che occupavano, prima della sepoltura dell’indomani, l’obitorio del cimitero.

La casa era pronta, degna del Natale più splendente di sempre.

Ordinò al presepe di essere realmente vivente, e accese le candeline dell’albero.

Quello sì che era il vero, sacrosanto Natale.

Andò nell’altra stanza a cambiarsi per la messa di mezzanotte, aprì la busta con i risultati delle analisi, si mise una bella gonna a quadri, una finta pelliccia di visone e una sciarpa.

Poi ordinò al nano di indossare dei pantaloni di velluto da bambino e un maglione imbottito a collo alto, di tenere le sue scarpe e di coprirsi il volto con una grossa e lunga sciarpa.

Salutò il presepe vivente e l’albero, e sbatté la porta dietro di sé.

Durante il percorso che la conduceva alla chiesa incontrò molti suoi alunni con i rispettivi genitori, e raccontò loro che quello che aveva per mano altri non era che il suo nipotino giunto dall’Arkansas; s’intrattenne con loro a parlare del buon esito degli studi e poi, finalmente, fu dentro la chiesa con il nano.

Ormai mancava davvero poco a mezzanotte, e tutte le panche erano occupate in ogni ordine e grado, l’atmosfera della nascita permeava ogni cosa là dentro.

Giunse il vescovo e iniziò la SS Messa.

Iniziò, ma non finì mai, perché Martha Clyborne prima del rituale “La Messa è finita: andate in pace”, tirò la levetta che fuoriusciva dal maglione del nano e della chiesa rimasero ben poche cose.

Le forze dell’ordine del New Jersey arrivarono sul luogo della strage solo per contare i morti o rimetterne insieme le parti.

La città sembrava impazzita, tutto faceva pensare ad un attacco terroristico, fino a quando Rudy Stones, capo sezione dei vigili del fuoco di Albany giunto in aiuto con i suoi uomini, notò una borsa attaccata alla rete di recinsione del campo di basket vicino la chiesa.

L’aprì con molta circospezione temendo vi potesse essere un altro ordigno, ma vi trovò solo un portafoglio, una busta dell’ospedale di New Ark e una lettera.

“Ormai ho solo un mese di vita, ma ancora tanto amore per la mia cittadina e il mio Paese.

Sacrifico il Bambin Gesù perché so che poi resusciterà insieme agli altri. Buon Natale a tutti.”

Martha Clyborne.

Eravamo nel 1983.

Trent’anni dopo a Richmond, Virginia, in una scuola elementare si sta allestendo il giardino con tutti gli addobbi di Natale.

L’insegnante addetta, anche al coro, avverte che deve allontanarsi qualche ora per andare a comprare la polvere per l’albero, una specie di neve artificiale…

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    3 commenti per questo articolo

  • Inserito da Loredana il 10/12/2013 15:58:55

    ...qualcuno la fermi, presto!! Che finale al fulmicotone! Un Black Christmas alla Tim Burton, non c'è che dire...

  • Inserito da bea il 09/12/2013 16:27:06

    Chi si aspettava una bella fiaba natalizia, "soffice", soave... sbagliati! È uscita dalla "penna" incomparabile stile Massimo, una fiaba spaventosa. Che bella zuccherosa all'inizio, ed anche in parte della 2° parte, quanto orribile dietro le quinte. Fare una strage per l'amore del suo paese, sua cittadina e inclusi i cittadini... anche nel caso estremo quanto la sua malattia, dimostra la mente degenerata, malatta non solo fisicamente. In fondo vedo un odio verso Dio, una vendetta fatale, letale per la sua malattia. Natale, festa della pace, la nascita di Gesù, era la nascita ed il suo territorio per il suo odio. Una fiaba quasi fantascienza. O forsé esistono persone che fossero capaci... Non voglio continuare a pensarci ...

  • Inserito da beatrice il 09/12/2013 15:31:55

    Nooo! Volevo una fiaba a lieto fine! Una di quelle molto lontane dalla realtà, lontanissime. Anche se sappiamo che lo spirito natalizio ci aiuta a dimenticare tutti gli altri cupi giorni dell'anno. Poi basterà accendere la tv o leggere il giornale, per capire che era solo un sogno.

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