Sensazioni inconsce

Quello strano albergo in mezzo al bosco

Improvvisamente, udì un lieve rumore provenire dal fondo del buio androne

di Il Raccontafavole

Quello strano albergo in mezzo al bosco

Arthur e Donna, dopo ore e ore di macchina senza la decenza di incontrare una stazione di servizio, finalmente videro avvicinarsi una specie di albergo ristorante, immerso nel bel mezzo di un parco secolare, ma alquanto inquietante.

Bussarono alla porta di quel fatiscente edificio molte volte, a tal punto che pensarono bene di tornarsene in auto e proseguire nel loro interminabile viaggio, dal momento che nessuno si degnava di aprire nonostante avessero notato alcune soffuse luci provenienti dall’interno.

Stavano, appunto, risalendo sul veicolo, quando si accorsero che la porta si stava aprendo.

Entrarono, chiedendo prima il doveroso permesso, ma nessuna persona ebbe a rispondere ai due.

S’incamminarono lungo un interminabile corridoio buio, cosparso solo di silenzio, scorsero una scala con indicata la cantina e una carriola.

Non c’era anima viva.

Intanto Arthur, che precedeva Donna, si voltò per prenderle la mano, ma inaspettatamente dietro a lui non scorse nessuno.

Improvvisamente, udì un lieve rumore provenire dal fondo del buio androne. 

Un brivido gli percorse la schiena, e d’istinto ebbe a fermarsi.

Forse era la ragazza. 

No, Donna non era più di questo mondo.

Ora toccava a lui. 

Lo sapeva, non capiva perché, ma lo sapeva. 

Un altro rumore, più assordante di quello di prima. 

Una sagoma stava cominciando a formarsi fra le ombre di quell’infernale corridoio, e stava muovendosi lentamente verso di lui.

Arthur pensò di fuggire immediatamente. 

Se si fosse deciso a scappare con la massima velocità forse si sarebbe potuto salvare; ma non ne fu capace.

Si sentiva come paralizzato, non poteva muovere più un muscolo.

Quella tenebrosa sagoma, al contrario, stava arrivando e, a ogni movimento, era sempre meno ombra.

Due punti luminosi. 

Li distinse come gli occhi di un uomo, dal volto deturpato dalle cicatrici, proprio perché lo fissavano intensamente.

Un freddo torpore lo stava avvolgendo, mentre, invece, un liquido caldo sgorgava dai suoi pantaloni; decise, allora, di chiudere gli occhi.

L'aria gelida, il respiro mortale, un sussurro, un diabolico sorriso e lo scintillare di un coltello intriso di sangue.

Non sapeva il perché, ma sapeva che doveva succedere…

Alcuni mesi dopo…

“Genny, dai fermiamoci qua, sono stanco morto dal viaggio. Non sarà il Grand Hotel, ma meglio che niente!...”

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