Maggio Musicale Fiorentino

Mehta e Gibboni, un grande duo per Mendelssohn

Pubblico entusiasta per il concerto del 22 ottobre, dove il direttore emerito del Maggio e un giovane violinista di grande talento hanno dato vita a una serata memorabile.

di Domenico Del Nero

Un altro grande successo per il secondo appuntamento del Maggio Musicale fiorentino, il concerto interamente dedicato a Felix Mendelssohn – Bartholdy tenutosi venerdì’ 22 settembre con replica il giorno successivo. Pubblico entusiasta, ma purtroppo con qualche vuoto nella sala Mehta che si spera sia colmato negli spettacoli successivi, perché la qualità di questo cartellone che pure aveva storcere il naso ai soliti ipercritici si sta dimostrando davvero notevole, all’altezza delle migliori tradizioni di un teatro che è un’eccellenza non certo solo toscana o italiana.

Il binomio Zubin  Mehta- Mendelssohn si rivela decisamente vincente, ma il giovane violinista Giuseppe Gibboni incanta il pubblico non meno dell’esperto direttore, e a ragione.

Il primo brano in programma era ’ouverture di Sogno di una notte di mezza estate, op. 61, un brano dove veramente la musica sembra farsi “figuratrice dell’invisibile” evocando un’atmosfera magica e fiabesca. [1] l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino la esegue con una levitas davvero straordinaria, dai primi accordi dei fiati che evocano il particolare clima tra mistero e fantasia che caratterizza questo brano, i cui delicati impasti strumentali la bacchetta di Mehta evoca con grazia e sicurezza.   Segue quindi il concerto in mi min. op. 64 per violino e orchestra  che  ha visto non solo un’ottima sintonia tra solista e orchestra, ma anche lo straordinario talento del violinista Giuseppe Gibboni (classe 2001!) che ha interpretato il concerto di  Mendelssohn con passione e precisione. Gibboni ha poi concesso ben due bis con un brano di Paganini e uno di Bach, dimostrando tutto il suo eccezionale talento virtuosistico e scatenando l’entusiasmo del  pubblico.

Nella seconda parte del concerto la popolarissima sinfonia Italiana (che ha sostituito la prevista scozzese ) è stata una degna conclusione di serata. Fin dalle prime battute la lettura di Mehta si è caratterizzata per l’andamento vivace e scattante, mentre l’adagio evidenziava un momento di malinconia e meditazione;  con il terzo tempo ritorna la serenità, con corni e fagotti che sembrano evocare un clima di caccia; e infine il saltarello, eseguito con spirito quasi dionisiaco,  vero e proprio esempio della visione romantica dell’Italia di tanti musicisti e poeti d’oltralpe. Una esecuzione impeccabile e luminosa, che ha giustamente suscitato entusiasmo ma che avrebbe davvero meritato un tutto esaurito.