Maggio Musicale Fiorentino

LUCREZIA BORGIA, tra leggenda nera e interpretazioni teatrali: il fosco dramma di Donizetti trionfa sulla scena fiorentina

Straordinario debutto di Jessica Pratt nel ruolo del titolo, ottimi il cast vocale e la direzione, qualche contestazione per la regia

di Domenico Del Nero

LUCREZIA BORGIA, tra leggenda nera e interpretazioni teatrali: il fosco dramma di Donizetti trionfa sulla scena fiorentina

foto di scena di Michele Monasta (ufficio stampa MMF)

La terza volta della Lucrezia Borgia di Donizetti al Maggio Musicale Fiorentino avviene nel segno di Jessica Pratt ma anche in generale di un cast vocale e strumentale di prima grandezza. Del resto, come il sovrintendente Carlo Fuortes aveva già evidenziato in conferenza stampa, anche se l’opera è stata rappresentata solo tre volte dalla nascita del Maggio le è sempre stata data una cura e una attenzione particolari. Se nell’Ottocento il titolo aveva goduto di una certa fortuna – 30 rappresentazioni alla Pergola tra il 1836 e il 1906 bisognerà poi aspettare il primo festival del 1933 per rivederla sulla scena in una edizione di lusso, come del resto lo fu la successiva del 1979 e sicuramente lo è anche questa. [1]

Tutto bene dunque? Quasi, perché qualche voce dissonante c’è stata e come sovente accade, nei confronti della regia, contestata fa alcuni spettatori alla prima ma anche da alcuni colleghi. Non è piaciuta soprattutto l’ambientazione romana durante il secondo dopoguerra, in una Roma non più “papalina” ma pur sempre molto “vaticana” di Pio XII. Molti prelati in scena e sebbene il libretto non chiami mai in causa alcun pontefice, fa la sua apparizione un personaggio in abiti papali che ricorda Eugenio Pacelli.

Malgrado il regista Andrea Bernard abbia ampiamente spiegato le sue motivazioni, tutto questo appare effettivamente un po’ eccessivo e forzato. Intanto perché nell’opera donizettiana - che già, come di regola in quel periodo e soprattutto in campo operistico, poco si curava di rispetto e di verosimiglianza storica – preti e papi c’entrano sinceramente poco; inoltre Pio XII con papa – papà Borgia, e in generale con i pontefici del Cinquecento, ha davvero poco a che spartire. Questa chiesa avida di intrigo e di potere sa insomma un po’ (tanto) di cliché. L’apparizione finale di Lucrezia vestita da papessa con il ventre insanguinato poi …

Se l’ambientazione è discutibile, non tutto però nella regia è da rigettare. Grazie al palcoscenico girevole numerosi sono i cambi di scena (scene di Alberto Beltrame): quasi tutti ambienti cupi e foschi, stanze tenebrose in cui si aggirano prelati e cortigiani; quasi un “labirinto”, come quello della mente della protagonista. In cui sembra avvenire la vicenda, in una prospettiva allucinata ed onirica, evidenziata anche dal gioco di luci di Marco Alba.  Ottimo il lavoro sui personaggi: in Lucrezia Andrea Bernard vede una donna ossessionata dal potere ma anche riscattata da un amore materno che la consuma in segreto e che non riesce comunque a salvarla. Anche gli amici di Gennaro sono ritratti con tocchi un po’ felliniani stile dolce vita, grazie anche ai costumi di Elena Beccaro: una gioia di vivere che viene però offuscata e spenta dalla tenebrosa vicenda.

Il maestro Giampaolo Bisanti affronta la partitura con notevole piglio e con un tocco a tratti “verdiano” mantenendo però un perfetto equilibrio con il palcoscenico. Ne risulta una lettura agile e coinvolgente, vigorosa ma anche accurata nel sottolineare i momenti patetici ed alcuni delicati passaggi strumentali, perfettamente assecondato da una magnifica orchestra del Maggio e da un fantastico coro.

Jessica Pratt si conferma, se mai ce ne fosse bisogno, la regina del belcanto. Pur essendo al suo debutto nel ruolo di Lucrezia, il soprano si dimostra assolutamente a suo agio sia sul piano scenico che su quello vocale: sin dalla romanza del prologo come è bello, quale incanto domina perfettamente l’arte della coloratura, con una linea vocale impeccabile in ogni situazione, gli acuti svettanti ma anche lo scavo nel personaggio, per cui la sua vocalità segue grazie anche alla duttilità del fraseggio  i cambiamenti della protagonista, da fiera donna di potere a madre dolente. Anche nei momenti d’insieme con coro e orchestra la voce della Pratt rimane sempre chiaramente percepibile in tutta la sia forza e bellezza straordinarie.

Il marito Alfonso I d’Este ha poco del signore rinascimentale e più del notabile democristiano: il basso Mirco Palazzi lo affronta in modo soddisfacente sul piano scenico e una tenuta vocale complessivamente buona. Molto apprezzato il Gennaro del tenore Renè Barbera: voce di gradevole timbro chiaro, bene impostata, con fraseggio molto accurato e una buona resa del personaggio anche sul piano scenico. Perfettamente a suo agio nel personaggio en travesti di Maffio Orsini il mezzosoprano Laura Verrecchia: ottima recitazione, vocalità brillante sia in acuto che nel fraseggio, disegna un personaggio credibile e vivace.  Decisamente buono anche il folto gruppo dei comprimari: Daniele Falcone in Jeppo Liverotto, Gonzalo Godoy  Sepulveda in Don Apostolo Gazella, l’Oloferno Vitellozzo di  Yaozhou Hou, il Gubetta di Mattia Denti, il Rustighello di Antonio Mandrillo, l’Astolfo di Huigang Liu  e il corriere di Dielli Hoxha.

Grande entusiasmo del pubblico soprattutto per la Pratt, cui ha tributato una vera e propria ovazione, ma anche per gli altri interpreti e per il direttore. Assolutamente da non perdere: prossime repliche venerdì 14 novembre alle ore 20 e  domenica 16 novembre alle ore 15:30.


La presente recensione si riferisce alla recita di martedì 11 novembre

 

 

 



[1] Per la presentazione dello spettacolo cfr  https://www.adhocnews.it/lucrezia-borgia-dal-rinascimento-al-secondo-dopoguerra-al-maggio-musicale-torna-lopera-di-donizetti/ 

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