Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
“Io vivo con l’immenso Sir John, col pancione, collo sfonda-letti, collo schianta-scranne, collo sfianca-mule, coll’otre di vin dolce, col burro vivente, fra le botti di Xeres e le allegrie di quella calda cucina dell’Osteria della Giarrettiera” (lettera a Giuseppe Verdi, 1889) . Arrigo Boito, proprio il sulfureo poeta e compositore scapigliato, che in quegli stessi anni stava distillando versi e note di neroniana perfidia (lavorando al suo secondo e ingiustamente dimenticato capolavoro Nerone) lascia perdere per un po’ diavoli e gnostici per concentrarsi sul canagliesco, furfantesco e simpaticissimo sir John Falstaff, il panciuto cavaliere creato da Shakespeare. Personaggio che ha peraltro una ispirazione storica: Sir John Oldcastle, vissuto tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, amico del principe Harry, futuro re Enrico V, nelle campagne militari gallesi, tra il 1400 ed il 1403.
Falstaff, probabilmente uno dei più grandi capolavori della storia del melodramma – e sicuramente uno dei più divertenti – torna al Maggio Musicale Fiorentino dopo l’edizione del 2014, che aveva visto Zubin Mehta alla direzione d’orchestra e Luca Ronconi alla regia. Quest’anno invece anche la bacchetta, oltre al soggetto, sarà britannica doc; sul podio salirà da stasera un altro sir John, ovvero sir John Eliot Gardiner che torna, per la quarta volta alla guida del Coro e dell’Orchestra del Maggio neppure un mese dopo il suo ultimo concerto. La regia è affidata a Sven-Eric Bechtolf, che ha recentemente curato l’allestimento di Così fa tutte. Sei le recite previste, stasera alle 20 la prima, repliche il 19, 23, 30 novembre e 3 dicembre alle ore 20, 21 novembre ore 15:30 e il 5 dicembre alle ore 17.
Dopo le prime rappresentazioni di Otello (1887) i dirigenti della Scala avevano manifestato a Verdi la speranza di rivederlo presto in teatro con una nuova opera: “Un’opera buffa”, aveva aggiunto il sindaco di Milano Gaetano Negri.
Auspicio o profezia? Sta di fatto che nel 1889 Boito, che con Otello aveva ormai trasformato l’antico sentimento di antipatia e rivalità nei confronti di Verdi in uno straordinario rapporto di amicizia e collaborazione, provò a proporgli lo schema di un Falstaff fin dal luglio del 1889. Dopo un iniziale entusiasmo, Verdi però tentennava: “Voi nel tracciare Falstaff avete pensato alla cifra enorme dei miei anni (il compositore ne aveva allora 76)? So che mi risponderete esagerando lo stato di mia salute (…) e se non reggessi alla fatica (…) E se non arrivassi a finir la musica?” La finirà benissimo e l’opera vedrà la prima, trionfale rappresentazione alla Scala nel febbraio 1893: quasi uno straordinario regale per il suo ottantesimo compleanno.
Dubbi senz’altro legittimi, ma che fortunatamente Boito riuscì a spazzare via: “ Lo scrivere un’opera comica non credo che la affaticherebbe (…) lo scherzo e il riso della commedia esilarano la mente ed il corpo”. E Verdi entro senza dubbio nello spirito della cosa: “Il Pancione è sulla strada che conduce alla pazzia. Vi sono dei giorni che non si muove, forme ed è di cattivo umore, altre volte grida, corre salta, fa il diavolo a quattro … “
Immediata e sullo stesso tono la replica di Boito: ““lo lasci fare, lo lasci correre, romperà tutti i vetri e tutti i mobili della sua camera, poco importa…vada tutto a soqquadro, ma la gran scena sarà fatta. Evviva! Dai, dai! Che Pandemonio!”
Il pancione diventa così il nome in codice della genesi di un capolavoro; e che capolavoro! Il maestro Gardiner ha giustamente dichiarato: “ La collaborazione fra Verdi e Boito è forte esattamente come quella fra Mozart e Da Ponte: c'è un'incredibile sinergia in tutto, dal modo di pensare al modo di delineare i tratti dei personaggi”. Forse addirittura qualcosa di più, rispetto a Da Ponte e Mozart: da sempre attento, sia nella creazione poetica che in quella musicale, al rapporto tra poesia e musica, a ricercare l’affinità e il legame profondo tra il verso e la nota, Boito compone dei versi che sembrano spesso contenere già in se stessi il proprio ritmo, la propria “anima” musicale. “Parla il tuo verso finché dall’accento giusto, parlato, esca il ritmo e l’intervallo musicale da sé” scrive Boito in un suo taccuino dei primi anni del Novecento, ma queste considerazioni, che egli faceva per il suo Nerone, possono valere benissimo anche per il Falstaff. Ancor più straordinaria appare quindi al riguardo la sintonia tra i due artisti, ormai affratellati da un grande progetto comune. Il testo boitiano, costruito con un occhio di riguardo alle Gaie Comari ma senza trascurare gli altri drammi “falstaffiani” si regge tutto su un delicato equilibrio di temi e motivi, da quello comico a quello fiabesco (la scena della regina delle fate), con un idillio appena accennato (Fenton e Nannetta) e anche un tocco malinconico di medioevo al tramonto; con sir John si chiude un’epoca e il personaggio ne è ben consapevole (Va vecchio John per la tua via). Se ne accorse bene quella gran donna di teatro che fu Eleonora Duse, che, sia pure esagerando, scrisse a Boito “mi è parsa una cosa così malinconica quel Falstaff”. Il vecchio cavaliere, pur nel presentimento della sua fine, non si piega e riesce a sorridere anche di se stesso. La malinconia è momentanea e subito fugata, come bene ha intuito Gardiner: ““Falstaff, pur avendo al suo interno tratti seri, è una presa di giro sulla condizione umana; Verdi era abbastanza anziano e saggio per poter trarne fuori l’ironia, soprattutto sul comportamento umano.”
Boito si muove molto abilmente tra i testi shakesperiani, perché Fastaff, se è protagonista delle Allegre comari di Windsor (che è la fonte principale, ma non unica, per Boito) compare anche nell’Enrico IV mentre nell’Enrico V è narrata la sua morte. Il poeta compie un vero e proprio lavoro di cesello e di “mosaicista”, lavorando sulla base dei testi originali.
È un soffio dionisiaco quello che percorre il testo di Boito non a caso attento lettore della Nascita della Tragedia di Nietzsche; questa volta però la maschera enigmatica del dio non disdegna di piegarsi al sorriso, anzi alla gaia risata che il grande vecchio Verdi fa sprigionare come una sorta di catarsi dopo tanti lutti e tanti pianti dei sui drammi precedenti. Un capolavoro straordinario di un ottuagenario, forse il suo più grande capolavoro. C’è tutto un nuovo equilibrio tra musica e letteratura: il testo, il famigerato “libretto” non deve avere più solo funzionalità drammaturgica, anche a costo di versi e espressioni orripilanti come la mogliera frullata del Macbeth o sento l’orma dei passi spietati del Ballo in Maschera, ma deve anche avere una dignità poetica e letteraria che miri per l’appunto all’armonia, alla fusione tra parole e musica. E anche qui non mancano certo le novità: L’aspetto più vistoso del tardo stile verdiano, a cui i maestri “veristi” dovevano in larga misura rifarsi, consisteva in nuovo equilibrio tra strumentalismo e vocalità: il canto strofico poi, che nelle sue categorie e schematizzazioni tradizionali era stato alla base dell’opera italiana, non spariva del tutto ma subiva una significativa erosione, mentre l’orchestra assurgeva al ruolo di vera e propria protagonista. Sperimentazioni, echi e richiami costellano una partitura davvero straordinaria: la “forma sonata” pseudo sinfonica che apre il primo atto, gli echi del gregoriano alla sua conclusione, l’uso quasi “parodico” di alcuni letimotive e naturalmente la grandiosa fuga finale Tutto nel mondo è burla, davvero un incredibile congedo dalla scena per chi aveva sempre cantato il dolore e la sofferenza: “ è sempre una gioia tornare a confrontarsi con quest'opera, nella quale si trova sempre qualcosa di nuovo e che è scritturata in modo preciso e davvero perfetto per ogni singolo strumento. Penso che Falstaff sia ancora l’opera più ingiustamente meno rappresentata del repertorio verdiano: la gioia e il buonumore che lo impregnano sono davvero incredibili, sono davvero shakespeariani”, prosegue il maestro Gardiner ed aggiunge: “sempre una gioia tornare a confrontarsi con quest'opera, nella quale si trova sempre qualcosa di nuovo e che è scritturata in modo preciso e davvero perfetto per ogni singolo strumento”.
L’edizione fiorentina è molto curata anche per quanto riguarda il cast; negli ampi panni del protagonista il baritono Nicola Alaimo, che ha di recente interpretato a Firenze il ruolo di Fra Melitone nella Forza del destino e di Michonnet nell’Adriana Lecouvreur: Amo da morire Sir John Falstaff” ha dichiarato Alaimo “e sono felice di poter interpretare un personaggio così straordinario, complesso e completo in questa produzione al Maggio Musicale Fiorentino” . Ailyn Pérez - soprano di fama internazionale e presenza costante nei cartelloni dei più celebri teatri al mondo - è Alice Ford: anch’essa è ormai un’acclamata interprete del repertorio verdiano e il ruolo della moglie di Ford non è nuovo per lei; Simone Piazzola, affermato baritono verdiano, sarà Ford. Il contralto Sara Mingardo sarà la simpatica ed intrigante comare Quickly, Caterina Piva Meg Page. I ruoli di Fenton e Nannetta sono affidati al tenore Matthew Swensen e alla soprano Francesca Boncompagni.
La trama dell’opera[i]
Atto I. A Windsor, all’epoca del regno
di Enrico IV. Il dottor Cajus accusa Falstaff e i suoi servitori Bardolfo e
Pistola di averlo derubato. Seccato, il cavaliere li scaccia, impegnato a
scrivere due lettere d’amore, identiche in tutto tranne nel destinatario, a due
ricche signore di Windsor, Alice Ford e Meg Page. Le due scoprono l’imbroglio
e meditando vendetta. Cajus, pretendente ufficiale alla mano di Nannetta,
figlia di Alice e di Ford, ha un rivale in Fenton, amante corrisposto della
ragazza. Bardolfo e Pistola, licenziati, intendono vendicarsi svelando a Ford
le intenzioni del padrone. Una duplice burla è così ordita ai danni del
cavaliere: Mrs. Quickly inviterà Falstaff a un incontro galante per attirarlo
in una trappola, Ford si presenterà sotto mentite spoglie per poterlo poi
gabbare.
Atto II. Mrs. Quickly reca a Falstaff un messaggio di Alice, disposta a
incontrarlo mentre il marito geloso è assente. Si presenta anche il signor
Fontana, in realtà Ford, disposto a pagare il cavaliere purché conquisti i
favori di Alice, così da aprire la strada anche a lui. Falstaff abbocca e
confida all’ignaro marito di aver già ottenuto un appuntamento. La burla delle
comari si compie. Ford irrompe per vendicare il suo onore e Falstaff,
nascostosi in una cesta, viene gettato nelle acque del Tamigi.
Atto III. Falstaff, che si sta rimettendo dal salto, è convinto da
Quickly a raggiungere Alice nel bosco, travestito da cacciatore nero, in una
notte di tregenda. Tutti gli abitanti di Windsor si travestono da spiriti,
mentre Nannetta impersona la regina delle fate. Ford informa Cajus, perché
questi la riconosca e le offra il suo braccio, ma Alice modifica i
travestimenti per sventare i piani del marito. Allo scoccare della mezzanotte
compare Falstaff. Ha inizio la tregenda e tutti si accaniscono contro di lui.
Le donne mettono il velo da sposa a Bardolfo, raggiunto da Cajus, poi
congiungono Fenton a Nannetta. Le due coppie si presentano a Ford, che le
benedice entrambe. Cadono i veli ed egli scopre, come Falstaff, di essere stato
burlato.
FALSTAFF
di Giuseppe Verdi
Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito
Edizione: Edwin F. Kalmus & Co., Inc., Boca Raton, Florida
Nuovo allestimento
—
Maestro concertatore e direttore Sir John Eliot Gardiner
Regia Sven-Eric Bechtolf
Scene Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard
Luci Alex Brok
Video Josh Higgason
—
Sir John Falstaff Nicola Alaimo
Ford, marito di Alice Simone Piazzola
Fenton Matthew Swensen
Dr. Cajus Christian Collia
Bardolfo, seguace di Falstaff Antonio Garés
Pistola, seguace di Falstaff Gianluca Buratto
Mrs. Alice Ford Ailyn Pérez
Nannetta, figlia di Alice e Ford Francesca Boncompagni
Mrs. Quickly Sara Mingardo
Mrs. Meg Page Caterina Piva
—
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Assistente regista Stefania Grazioli
Assistente scenografo Anna Cingi
Assistente costumista Angela Toso
Assistente light designer Rembrandt Pieplenbosch
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