Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un grande evento che nel suo valore altissimo trasmette una sensazione di calore, di familiarità; di ritorno a una “normalità” in cui l’arte e la bellezza hanno un posto insostituibile. Ancora una volta il teatro del Maggio Musicale Fiorentino ha offerto al suo pubblico una occasione indimenticabile: Riccardo Muti e i Wiener Philharmoniker. Una delle orchestre più acclamate e importanti al mondo insieme a uno dei direttori d’orchestra italiani più celebri e amati nel mondo. E Riccardo Muti come direttore è “nato” proprio qui, al teatro del Maggio, e lo ricorda con un veloce e spiritoso scambio di battute con il pubblico: “avevo 27 anni quando sono venuto qui…”. Infatti il maestro cui è stato direttore principale e direttore musicale dal 1968 (debuttò con Svjatoslav Richter) al 1980, Ma la serata riserva una ulteriore sorpresa, la presenza del maestro Zubin Mehta, che sale sul palcoscenico per andare a salutare quei Wiener che ha diretto in tantissime occasioni, compreso il mitico “concerto di capodanno”… tutte cose che hanno trasformato un bellissimo evento culturale in uno di quei momenti magici che non si dimenticano, perché veramente si ha sensazione che la cultura sia più forte di ogni pandemia, di ogni calamità.
Un evento molto atteso, che ha fatto registrare il tutto esaurito dei posti disponibili, pubblico delle grandi occasioni in abito lungo, giacca e cravatta nella stragrande maggioranza dei casi. Tra le autorità, il sindaco Nardella e il governatore Giani. E sin dal loro primo apparire sul proscenio, un grande applauso per i Wiener, che a Firenze sono di casa, quasi a rinnovare l’antico, familiare sodalizio tra le corti di Firenze e di Vienna ormai più di un secolo e mezzo fa.
Ma senza scomodare addirittura Mozart e Pietro Leopoldo, il programma è tutto ottocentesco e romantico: Mendelssohn,Schumann e Brahms. La serata si apre con l’ouverture Meeresstille und glückliche Fahrt op. 27 di Felix Mendelssohn-Bartholdy, pubblicata nel 1832 dopo la più celebre Grotta di Fingal e , ispirata ai poemi di Johann Wolfgang von Goethe “Calma di mare” e “Viaggio felice, in cui il poeta rievocava una personale esperienza accadutagli in Italia. Il musicista però si ispirò soprattutto al sentimento della natura e alla intonazione lirica dei versi del grande poeta; e se la composizione è meno celebre della stuenda grotta di Fingal, non manca certo in essa quella solarità, quel calore e quella presenza della natura caratteristiche di tanta produzione mendelssoniana. E fin da questo primo brano, la straordinaria nitidezza di suono, il perfetto nitore di tutte le famiglie strumentali dei Wiener, la fantastica omogeneità degli archi e i colori dei legni e degli ottoni, sotto la direzione sapiente e vigorosa di Muti danno vita a un adagio lirico che richiama l’immagine di un mare immoto, a cui segue un vigoroso allegro vivace e da uno squillante allegro maestoso con le sue fanfare finali.
Una esecuzione impeccabile, lirica e appassionata che scalda senz’altro il pubblico. Segue poi la Sinfonia n. 4 in re minore op. 120 di Robert Schumann iniziata il 30 maggio 1841, portata a compimento il 9 ottobre dello stesso anno ed eseguita per la prima volta il 6 dicembre 1841 al Gewandhaus di Lipsia senza particolare successo, ma ripresa poi in mano dal compositore ben 10 anni dopo ed eseguita a Dusseldorf nel 1853, questa volta con ben altro esito.
Caratterizzata da una straordinaria compattezza, la sinfonia si basa sullo sviluppo di due brevi frammenti tematici presentati in una introduzione lenta, rielaborati poi nel corso di tutto il primo movimento e ricorrenti anche in quelli successivi. La lettura di Muti è stata caratterizzata da un notevole slancio e vigore, quasi il maestro abbia voluto darle un accento più “titanico” che non contemplativo; me riescono forse un po’ sacrificati i chiaroscuri e i momenti lirici come la Romance (secondo movimento) ma la visione complessiva è propria quella di una forte compattezza, di colori nitidi e brillanti e di una esecuzione che coinvolge e trascina, soprattutto nel finale dall’accento grandioso e trionfale.
Terzo e ultimo brano “ufficiale” del concerto la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 di Johannes Brahms che vede la luce nell’estate del 1877, sulle sponde del lago di Wörth; opera a cui gestazione fu molto meno tormentata di quella della precedente prima sinfonia e di buona parte dei lavori del compositore di Amburgo. Pubblico e critica denominarono questa sinfonia pastorale’ per il suo carattere prevalentemente lirico e melodico, ma anche ‘viennese’ per l’impiego del ritmo di valzer in due dei quattro movimenti; si parlò ora di impostazione schubertiana ora beethoveniana, ma in realtà rimaneva pur sempre un quid inafferrabile. I Wiener sotto la guida di Muti rendono pienamente il clima lirico dell’Allegro iniziale, dall’apertura con i violoncelli e i contrabbassi alla successiva frase dei corni e dei fagotti, scandita con nitore e calore. Tutto il primo movimento del resto è impostato su un tono cantabile, con una scrittura orchestrale che si apre ad una potenza sonora straordinaria come a momenti di straordinaria delicatezza ed intimismo; mentre nel secondo movimento viene sottolineato soprattutto l’aspetto malinconico. Dopo lo scherzo, straordinario l’allegro con spirito finale: un risultato del tutto centrato, colmo di un autentico senso di gioia, che termina quasi con un grido di trionfo ripreso e scandito dagli entusiasti applausi, anzi dalle ovazioni del pubblico.
Ma … non finisce qui. E’ a questo punto che il maestro si rivolge al pubblico e dopo una battuta scherzosa (“le dieci e un quarto, qui ci arrestano) annuncia come bis un finale “imperiale”: nientemeno che il Kaiserwalzer di Johann Strauss jr. E di colpo sembra di passare dall’Arno al Danubio; il brano è eseguito come solo i Wiener sanno fare, coniugando maestosità e fascino a un pizzico di struggente malinconia. Sotto il magico gesto del maestro Muti sembra davvero di essere a Schonbrunn sotto lo sguardo di Sua Maestà Apostolica l’imperatore Francesco Giuseppe. Un sogno che dura oltre lo spengersi delle ultime note, nell’ultimo trascinante applauso per una grande serata.
Inserito da Giuseppina ANITA il 07/06/2021 22:46:56
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