Editoriale

La movida domestica. Quel pericolo contagio che nessuno controlla.

La maleducazione privata che rischia di diffondere il virus: chiuse le discoteche, la gente si assembra in giardino senza controlli e tutele.

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

’è una nuova emergenza legata al Covid-19, si chiama maleducazione, e per quanto qualcuno possa ritenerla trascurabile rispetto alla pandemia, essa rischia di far ripartire il contagio in ambiti più ristretti, ma assai diffusi e tali da rischiare di essere difficilmente tracciabili e quindi di conseguenza potenzialmente devastanti. Chiuse le discoteche, resi più complicati gli accessi ai ristoranti peraltro rincarati e quindi poco appetibili (si perdoni l’involontario gioco di parole), complice il timore degli assembramenti pubblici, la gente si assembra nei giardini di casa. Così a prescindere dalla grandezza dello spazio verde a disposizione 15-30 persone si ritrovano nel giardino domestico per mangiare, bere e fare musica.

Naturalmente il sospetto di infastidire e recar danno ai vicini, che vorrebbero godersi la pace e la tranquillità delle serate estive (magari leggendo un libro, c’è ancora chi lo fa, per fortuna, ma ovviamente nonostante la crisi dell’editoria non godono di alcuna tutela) non li attraversa, basta, rispettare la regola del silenzio a mezzanotte.

Ma lasciamo perdere, è una battaglia persa da tempo, la maleducazione non è solo invincibile e insanzionabile, ma addirittura  tollerata e il più delle volte giustificata. Il problema, dicevamo, è ben più grave e, se non si interverrà, destinato a incrementare nei mesi estivi, nelle località di villeggiatura come in città.

I piccoli assembramenti domestici (ovviamente senza mascherina e ristretti in un giardino piccolo piccolo, i grandi parchi privati sono merce rara) rischiano di diventare dei focolai con una potenza di contagio inimmaginabile. Infatti non si tratta di parenti che si ritrovano per cenare insieme, si tratta di gruppi di amici che, ovviamente, non hanno il reciproco controllo della esposizione al virus precedente all’incontro. Il fatto di essere amici, ovvero conoscenti con gusti e interessi in comune, (la vera amicizia sarebbe più rispettosa dell’altrui salute) li fa sentire immuni al contagio. Non pensano che durante la settimana ciascuno di loro potrebbe aver avuto contatti con qualcuno affetto (in maniera silente, magari) dal Covid, perché il fatto stesso di frequentarlo (e quindi assumendolo automaticamente nella cerchia indiretta degli “amici”), per lavoro o altro, lo rende immune al contagio, o quantomeno garantito da esso.

La gente purtroppo ragiona così, è irrazionale, ma consolatorio; nonostante il bombardamento mediatico dei virologi – che, va detto, tutto hanno fatto tranne che spiegare con chiarezza i comportamenti da tenere e perché, limitandosi a raccomandazioni tanto generiche quanto inutili e spesso fuorvianti –  nessuno riflette sul fatto che ormai il contagio avviene e si propaga proprio in ambiente domestico che, per ovvi motivi, non viene monitorato.

Chi rileva la febbre ad un invitato a cena? chi obbliga il commensale ad igienizzarsi le mani? Chi controlla i contatti dei giorni precedenti del proprio ospite? Chi tiene la distanza di sicurezza in un giardino dove c’è appena lo spazio per muoversi? E chi tiene la mascherina in una cena conviviale?

Ovviamente nessuno, ed è normale e comprensibile. Di conseguenza il virus per quanto indebolito, per quanto affaticato dal caldo, rischia di diffondersi senza che nessuno se ne accorga fino a ripiombarci nell’incubo dal quale siamo appena usciti.

Sappiamo, anche se poco viene detto e questo è il vero j’accuse che si dovrebbe fare ai virologi mediatici, che il contagio più subdolo (perché si fanno i tamponi o si indaga solo fra i cosiddetti soggetti a rischio sia professionale che individuale) avviene in famiglia, nel condominio, nei piccoli assembramenti apparentemente innocui. E sappiamo anche che quel contagio potrà essere scoperto solo quando ormai la sua diffusione sarà stata importante e magari difficilmente contenibile.

E allora? Allora torniamo alle regole antiche della buona educazione e del rispetto che, se ci avete fatto caso, sono quelle che ci vengono raccomandate dagli “esperti” e che vengono e sono state adottate in tutti i campi per contenere la pandemia.

Ci hanno raccomandato di lavarci le mani! Di non starnutire in faccia agli altri, di farlo nel gomito e non nelle mani che poi vengono in contatto con altre mani e cose! Di non stare appiccicati nei luoghi pubblici! Stanno prevedendo di far entrare i bambini a scuola senza che i genitori li accompagnino in classe per mano, magari tornando, come si faceva un tempo, ad organizzare file ordinate di alunni che senza confusione, dal giardino cove i congiunti li hanno lasciati, entrano nell’edificio scolastico e poi nelle classi senza corse e ammucchiamenti vari! Sembra anche che i bambini dovranno portarsi il panino da casa con le loro stovigliette e rimanere in classe a consumare il pasto o la merenda! E che fine hanno fatto le ordinanze che lo vietavano in nome dell’uguaglianza e della fruizione obbligata delle mense?

Queste non sono disposizioni elaborate da qualche professionista del contenimento pandemie, queste sono regole di buona educazione che abbiamo dimenticato (?), che sono state volontariamente e proditoriamente obliterate da una parte in nome di una malintesa libertà di essere cafoni, e dall’altra in nome della necessità di monetizzare i pasti dei nostri figli.

Purtroppo, se la pandemia ci ha costretto e ci costringerà a tornare a praticare le regole della buona educazione nei luoghi pubblici, nel privato continuerà il liberi tutti, la sguaiatezza imperturbabile e ignoranza della civile convivenza.

A meno che le forze dell’ordine – che tanto si sono adoperate per inseguire con droni, auto della polizia e agenti a piedi solitari runner nei parchi e sulle spiagge; che multavano con 400 euro un poveretto steso sulla spiaggia a prendere il sole, o che sanzionavano con egual cifra i commercianti che, con il dovuto distanziamento e le mascherine, manifestavano in piazza a Milano la crisi economica di cui erano vittime e alla quale nessun poneva e pone rimedio – non tornino a vigilare anche sui comportamenti privati che diventano pubblici.

Non è difficile, non si tratta di avviare perquisizioni a tappeto nelle case degli italiani, basterà seguire la musica o il rumore; statene certi, gli italiani maleducati, in giardino con amici, non rinunciato al chiasso e ai decibel sparati anche se ne va della loro salute.

Se poi ciò rendesse insopportabile la vita dei connazionali, che senza musica assordante, aperitivi e convivialità ammucchiata non possono sopravvivere, allora piuttosto riaprite le discoteche almeno con i dovuti controlli, che in luoghi pubblici diventerebbero obbligatori, si potrà ridurre il pericolo di contagio e soprattutto, ove esso si diffondesse, sarebbe più semplice seguirne le tracce.

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