Editoriale

Cambiano i tempi e i virus ma una cosa non muta: l'umana stupidità.

Considerazioni a latere sugli ultimi eventi

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

tupisco che vi sia chi si stupisce dell’umana stupidità, quindi delle mandrie di imbecilli che escono per imbrancarsi nelle varie movide cittadine invece di stare a casa, magari in buona compagnia di amici o – meglio – di un’amica, a fare qualcosa di più piacevole che non sia sfondarsi di birra o di canne o di coca.
Ma tutto ciò è normale, è nell’animo umano che nei momenti di maggior paura si reagisca cercando di fuggire all’idea del pericolo e quindi della morte. Durante i bombardamenti dell’ultima guerra, le case di tolleranza e i locali di divertimento erano stracolmi, perché l’uomo cerca istintivamente la vita. Certo, in questo caso s’illude di trovarla così, anzi fuggendola se la riscopre davanti non diversamente da quel soldato che scappa da Bagdad a Samarcanda per trovare là, la Morte ad attenderlo.
Tutto ciò è stupido, nessuno di noi sfugge al Destino che si è scelto prima di nascere. Per coloro che hanno il dono della Fede poi, dovrebbe bastare appunto quello, in grado non solo di smuovere le montagne ma di proteggere coloro che attraversano la valle oscura; oppure per gli altri che prediligono un pensiero magico – e le due cose non sono poi così distinte – il problema si risolve in altri modi, arcani ma efficaci. Per tutti gli altri, quelli contemporanei, moderni, fiduciosi nella scienza, basterebbe seguire le norme, irritanti senza dubbio, senza farsi possedere dal démone dell’idiozia e della presunzione…
È il nulla di una società miserabile – la nostra – che è in un carnevale continuo, laddove quello antico aveva senso perché ordinava il Caos, e adesso che, ma tu guarda un po’, si trova in Quaresima neanche se ne accorge perché ormai, sono molto pochi coloro che sanno leggere “i segni del cielo” e chiedere “agli uccelli”.
“Pecore matte” le chiamava Dante, perché vanno in gregge, seguendo i primi del gruppo senza capire né porsi mai domande. Fuggono senza sapere dove, ciechi guidati da altri ciechi proprio come nel dipinto di Pieter Brueghel Il Vecchio. La vita è altro, e spesso è altrove e a quella vacuità d’esistenza che essa è per molti, difficilmente in quel modo si potrà sostituire una dignità dell’essere.
Questa “pandemia”, se sarà tale, spero insegni ad alcuni – a tutti sarebbe troppo chiederlo – il ruolo che ha l’uomo nell’Universo, ad essere più consapevoli che la vita è una sola e va vissuta pienamente nella cerca di sé stessi – e dunque dei nostri simili o addirittura dell’altra anima che un tempo ci venne separata – nella ricerca della “Canoscenza”, della Reminiscenza e quindi, in ultimo, dell’unica forza che può contrastare la morte, cioè l’Amore.
Niente oltre, niente di più.

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