Maggio Musicale Fiorentino

Firenze: Don Pasquale trionfa in scena, malgrado gli inconvenienti. Buon successo dell'opera di Donizetti.

Interpreti sostituiti e pubblico latitante non oscurano un ottimo spettacolo, apprezzato con entusiasmo.

di Domenico Del Nero

Firenze: Don Pasquale trionfa in scena, malgrado gli inconvenienti. Buon successo dell'opera di Donizetti.

Non è fortunata come meriterebbe, questa edizione fiorentina del Don Pasquale: tra cantanti che si ammalano (peraltro, prontamente e ottimamente sostituiti) ma soprattutto pubblico che diserta  - pur avendo già pagato il biglietto! – per timore del contagio lo scenario è davvero desolante. Vengono in mente le celebri parole di Don Abbondio (uno il coraggio non se lo può dare) ma non si può non rimanere allibiti davanti a quella che sembra veramente una psicosi e una follia collettiva; per cui non si capisce, ad esempio, in che cosa un teatro debba essere più “pericoloso” di un’aula scolastica o universitaria o di un supermercato.

Ma nonostante tutto, l’edizione dell’opera di Donizetti firmata da Andrea Bernard con le scene di Alberto Beltrame, i costumi di Elena Beccaro e la bacchetta di Antonino Fogliani piace e convince, al di là di alcune polemiche seguite alla prima rappresentazione riguardanti soprattutto la messa in scena – contestata da una parte del pubblico – e la direzione d’orchestra.

Le polemiche ogni volta che viene attuata una regia “innovativa” ci sono e probabilmente ci saranno sempre e per quanto ci riguarda non è nostra abitudine essere teneri con stravolgimenti che poco o niente hanno a che fare non lo spirito dell’opera. D’altra parte, non è detto che i nibelunghi con le corna siano sempre e comunque meglio di quelli ….in tuta spaziale e che il tradizionale sia sempre e comunque migliore. Ci sono regie moderne che riescono a conservare e in certo senso davvero ad “attualizzare” quello che l’autore (o nel caso di un’opera lirica, librettista e compositore) hanno voluto esprimere e il Don Pasquale di Bernard sembra perfettamente rientrare in questa categoria: intanto è un allestimento intelligente e ben calibrato, che si presta perfettamente a fare di sfondo alla vicenda dell’opera, buffa ma con venature di malinconia (c’è chi ha addirittura parlato di un anticipo di Falstaff verdiano e per una volta l’accostamento non pare eccessivo).  La scena è ambientata ai giorni nostri in un casinò di Corneto, di cui durante la sinfonia viene presentato l’antefatto: attivo e fiorente quando Ernesto e Norina, figlia di una dipendente poi licenziata, erano bambini, squallido e in decadenza alla vera apertura di sipario. [i]

L’azione procede spedita, grazie anche alle ottime doti interpretative dei cantanti che si calano nei personaggi e riescono a dar vita a momenti molto divertenti, come il duetto del terzo atto cheti cheti immantinente  la cui parte finale è stata bissata nella recita di ieri e ad altri più delicati, mentre la celebre scena dello schiaffo al vecchio Don Pasquale non manca di una sua drammaticità. Ma soprattutto l’ambiente del casinò si presta benissimo al gioco di inganni ed equivoci che resta pur sempre il motore dell’azione: le scene fisse di Alberto Beltrame, con il gioco di luci di Marco Alba, si prestano perfettamente al gioco; particolarmente suggestiva quella “notturna” del terzo atto.

Troppo fragorosa e poco rispettosa delle voci la direzione del maestro Antonino Fogliani? Questo il rilievo che alcuni hanno mosso alla prima, ma nella recita di sabato 29 febbraio non si è avuta questa impressione. E’ sicuramente una direzione scattante, molto “rossiniana”, che però non trascura affatto i momenti più elegiaci come la serenata del terzo atto e non manca di sottolineare alcune sfumature.  L’equilibrio con il palcoscenico non è sempre impeccabile a voler essere ipercritici, ma nel complesso si è trattato di una lettura gradevole e convincente, grazie anche alle buone prestazioni dell’orchestra e del coro che però in quest’opera non ha un grande rilievo.

Zoppicante e con tanto di bombola d’ossigeno, il Don Pasquale del basso Nicola Ulivieri è perfetto da un punto di vista scenico; personaggio complesso che va ben oltre la maschera del senes libidinosus , ben caratterizzato anche vocalmente: ottimo fraseggio e dizione (a parte il timbro “giovanile legato all’età), ha una voce non particolarmente scura soprattutto nei bassi, ma riesce a sostenere il ruolo con grande credibilità. Meno smagliante il tenore Maxim Mironov, il cui timbro un po’ esile si perde forse nell’acustica del teatro fiorentino; tuttavia il suo Ernesto riesce comunque gradevole per presenza scenica e anche per le sue colorature; inoltre nella serenata e nel duetto del terzo atto dà sicuramente il meglio di sé, grazie a una gradevole dolcezza ed eleganza dello strumento vocale.

Il dottor Malatesta (baritono) e Norina  (soprano) erano i ruoli “sostituiti”; Mattia Olivieri aveva già recitato anche nella rappresentazione del 26 febbraio e c’è da dire che non ha fatto per nulla rimpiangere il titolare: abile nella recitazione ma soprattutto vocalmente, dotato di uno strumento agile, potente e bene impostato, dal gradevole colore scuro e dalla facile salita all’acuto. Altrettanto si può dire della Norina di Anna Maria Sarra, arrivata last minute per sostituire la bravissima Marina Monzo’: spigliata scenicamente e sul piano vocale, dotata di un buon fraseggio e di discreti acuti, ha dato vita a un personaggio seducente e divertente.

Anche se il pubblico non era numeroso, sicuramente ha gradito moltissimo lo spettacolo con grandi applausi a tutti gli interpreti. Ultima recita, assolutamente da non perdere mercoledì 4 marzo, mentre dal 22 febbraio con repliche sino al 2 aprile è in scena Traviata.


[i] Per la presentazione dello spettacolo cfr http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=9236&categoria=1&sezione=8&rubrica=8

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