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l'intervista

Siamo in guerra ma non ce ne rendiamo conto

Parla Marco Giaconi professore presso l'Istituto di Alti Studi Strategici e Politici di Milano che ha appena dato alle stampe il libro Le guerre degli altri. Piccoli e grandi eserciti nel mondo

di Alessandro  Bedini

Siamo in guerra ma non ce ne rendiamo conto

"Non esiste in Italia una dottrina dello scontro strategico. Si continuano a combattere guerre che possono essere economiche, informatiche, finanziarie, anche militari e noi non ce ne rendiamo conto". L'affermazione è di Marco Giaconi Alonsi, docente presso l'Istituto di Alti Studi Strategici e Politici di Milano (IASSP), che ha dato alle stampe un eccellente libro dal titolo: Le guerre degli altri. Piccoli e grandi eserciti nel mondo pubblicato da Paesi Edizioni e impreziosito dalla puntuale prefazione di Fausto Biloslavo. Una ricognizione, in partibus infidelium, considerato che nel bel paese le forze armate sono una sorta di tabù del quale si parla, poco in verità, magari quando vi siano da rifinanziare missioni militari su scenari di guerra che ben poco hanno a che fare con i nostri interessi strategici. Un libro chiaro, agile di consultazione per tutti coloro che vogliano squarciare il velo di Maya che ci separa dalla realtà geopolitica internazionale. Proprio così, perchè Marco Giaconi, raffinato conoscitore delle segrete cose che riguardano il quadro politico-militare internazionale, ci fornisce notizie preziose sulla strategia, gli eserciti, le scelte politico-economiche che i diversi paesi adottano incontrandosi ma soprattutto scontrandosi su veri e propri scenari di guerra. "Oggi l'intelligence copre settori che prima erano demandati alla politica- attacca Giaconi - ma attualmente non possiamo non registrare un vuoto politico soprattutto riguardo alla strategia che l'Italia dovrebbe avere e che purtroppo non ha".

- Professore ci faccia qualche esempio

- "Vede ci dobbiamo rendere conto che la cosiddetta guerra economica, è la normalità, l'esempio più attuale è il confronto tra la Cina e gli Stati Uniti. Le dirò di più essa riguarda anche la questione dell'immigrazione: io  faccio arrivare una massa di disperati nel tuo paese e così metto in difficolt�� il tuo welfare, provocando forti contraccolpi sociali e politici. Non si parla abbastanza di strategia e il grande pubblico ne è all'oscuro. Questo è profondamente sbagliato".

- Mentre secondo lei questi aspetti ci riguardano direttamente

- "Certamente che ci riguardano l'Africa è la nostra per cosi dire, dirimpettaia, il Medio Oriente ci è prossimo e qui si giocano le partite più importanti sullo scacchiere internazionali. Per non parlare della Cina e più in generale delle potenze orientali emergenti. Pensi che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ci sono stati nel mondo trecentocinquanta conflitti, che gli esperti di strategia definiscono asimmetrici: dalla Nigeria all'Eritrea, al Sud-Sudan, a Gibuti, dove peraltro c'è anche la legione straniera, per limitarci solo al continente africano. Ma l'elenco potrebbe continuare. Il controllo del Corno d'Africa è la vera posta in gioco".

- Pare di capire che la guerra è inevitabilmente  parte integrante degli equilibri internazionali 

- "Proprio così, noi non tematizziamo la guerra in virtù dell'articolo 11 della nostra Costituzione. I padri costituenti erano personaggi di altissima levatura ma nessuno di loro era esperto di questioni strategiche, inoltre quella era la formula della società delle nazioni, che ebbe origine dai famosi quattordici punti del Presidente Wilson ma non venne mai votata dal senato statunitense".

- Scorrendo le pagine del suo libro si scoprono una quantità di cose interessanti: dalla consistenza della potenza iraniana a quella dell'Arabia Saudita, tutto ciò ha secondo lei un'influenza diretta sul quadro internazionale?

- "Pensare in termini di post-guerra fredda dove ci sono due o tre paesi protagonisti e gli altri fanno da cornice, è profondamente sbagliato. Oggi la cornice è più importante del contenuto se così possiamo dire. Nel senso che ci sono molti paesi che una volta ritenevamo periferici, ma adesso non è più così".

- Si riferisce all'Iran?

-"Esattamente. Sono convinto che la prima vera rottura di questo equilibrio sia stata la rivoluzione komeinista del 1979. Quella rivoluzione ispirò anche il mondo sunnita, si fondava sulla religione prima ancora che sulla politica. Fu l'inizio di una politica senz'altro violenta, anti occidentale ma che prendeva le distanze anche dal comunismo sovietico. Con tutte le cautele del caso io la definirei la prima autentica rivoluzione terzomondista, per usare una terminologia arcaica. Quando gli studenti iraniani assaltarono l'ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, ci fu un giovane studente, che diventerà poi il Presidente della Repubblica Islamica, mi riferisco a  Ahmadinejad, il quale disse: "dobbiamo stare attenti a non dare il messaggio di essere solo antiamericani, perchè noi siamo anche contro il socialismo materialista e ateo dell'Unione Sovietica". Dall'affermarsi di  questo ingranaggio rivoluzionario che fa insorgere gran parte del mondo islamico, tutto cambia e paesi che prima erano periferici diventano militarmente molto seri e attrezzati".

- Cambiamo argomento. Il nostro paese possiede le strutture per far fronte a quella che lei nel suo libro definisce "guerra informativa" o per meglio dire psicologica?  

- "Come ho detto l'Intelligence copre adesso aree che prima appartenevano alla politica. La guerra psicologica in tempo di pace è molto importante. Il Battaglione Pavia, di stanza presso la caserma Cialdini di Pesaro, si occupa di guerra informativa, con le sue stazioni radio televisioni mobili e quant'altro. Noi tutti siamo un pò prigionieri di una visione ottocentesca della guerra. Oggi le cose stanno in modo molto diverso".

Tanto diverso che Le guerre degli altri ci proiettano in un'altra dimensione, quella del lato oscuro del potere, delle dinamiche internazionali sconosciute e spesso inconoscibili. Siamo daccordo con Biloslavo, questo è un libro da tenere sul comodino, per non addormentarsi credendo che tutto fili liscio e che le notizie che filtrano dai mass media siano in grado di esaurire il complesso quadro della realtà. Marco Giaconi ci ha dato un prezioso strumento. Sta a noi saperlo utilizzare nel modo migliore.

 

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