Editoriale

Siria: una guerra non-guerra che danneggia solo i nostri interessi

Come al solito attacchi proditori in mancanza della famosa pistola fumante, prove di forza che danneggiano solo l'Italia

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

quo;attacco in Siria da parte degli Stati Uniti, con la Gran Bretagna e la Francia, suggerisce in primo luogo delle constatazioni e, su queste basi, delle considerazioni, oggettive le prime, soggettive le seconde.

Le constatazioni. Non sono state diffuse conferme autorevoli e non di parte circa l’uso effettivo delle armi chimiche. L’intervento militare è stato deciso e attuato al di fuori di qualsivoglia avallo di Organizzazioni internazionali, quali l’ONU, la Nato e l’Unione Europea. Quest’ultima, ancora una volta, brilla per la propria afasia. L’Italia, con il suo Governo dell’ordinaria amministrazione, ha dichiarato contemporaneamente la propria fedeltà all’Alleanza Atlantica (che, come abbiamo detto, non è intervenuta nell’attacco) e la propria disponibilità limitata a fornire un supporto logistico, ma non un appoggio militare; come dire: adottiamo la politica del pesce in barile. Ma questa, evidentemente, è una valutazione di chi scrive.

A metà fra la presa d’atto di situazioni oggettive e valutazioni soggettive, va annoverata la considerazione – condivisa da buona parte della dottrina – che il fondamento delle relazioni e, dunque, del diritto internazionale è dato dalla forza. Ebbene, non è fuor di luogo il più profondo scetticismo riguardo alle dichiarazioni del Presidente Trump, il quale, alla base dell’intervento militare, ha posto motivazioni di ordine etico (l’orrore dell’attacco di Assad allo stesso popolo di cui dovrebbe essere il Capo e, in particolare l’aborrito uso di armi chimiche); di più: il leader della più importante potenza mondiale, ha richiamato la difesa degli interessi nazionali. Non troppo diverse furono le argomentazioni dei suoi predecessori che vollero e condussero – con diversa fortuna – le guerre contro il Vietnam, l’Afghanistan, l’Irak e la Libia.

Ora, riesce difficile individuare legittimi interessi americani in un quadrante dove, semmai, dovrebbero essere evidenti interessi – e preoccupazioni – di paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che comunque non sono geograficamente – ma non solo – lontani dal Medio Oriente… A meno di non voler considerare un’altra logica, non già nazionale, bensì imperialistica…

Tutti abbiamo capito che l’iniziativa, alla quale si sono accodate una Gran Bretagna e una Francia nostalgiche di altre epoche della loro storia, risponde appunto alla mai sopita volontà di potenza USA, i cui frutti amari sono stati raccolti - in ultimo in occasione della destituzione di Gheddafi - da noi italiani in particolare. Ed è questa l’occasione per mettere alla prova il Governo che verrà, sul piano dell’individuazione e della difesa dei reali interessi nazionali, in un quadro di alleanze il cui fondamento e la cui sussistenza andrebbero verificati periodicamente.

Questo, specie se si considera che l’Unione Europea appare una volta di più inconsistente sul terreno dei rapporti internazionali, con la Germania impegnata a perseguire i propri interessi economici, sotto il manto di un neutralismo che sa di complesso scaturito dal recente passato, e con il blocco dei paesi di Visegrad, tutti sul filo di un patente euroscetticismo e di una riconquista degli spazi di sovranità nazionale.

E se il vero obiettivo dell’Amministrazione USA è il contrasto su scala mondiale alla Russia di Putin, in primo luogo, e all’Iran degli Ayatollah, in secondo luogo, noi Europei, ma soprattutto noi italiani dobbiamo tener presente, fra i nostri obiettivi primari, i rapporti con l’Islam, oggi complicati dai flussi migratori, specialmente in un momento in cui la Libia, dopo la morte del generale Haftar, è tornata ad essere un luogo cruciale per gli equilibri nel Mediterraneo.

La partita con il fondamentalismo, dopo la sconfitta militare e il ridimensionamento territoriale del Califfato, è tutt’altro che chiusa, e le più disparate sigle delle propaggini terroristiche, fino all’islam “presentabile” ma proprio per questo più pericoloso dei Fratelli Musulmani, costituiscono ancora una minaccia per noi, sotto il profilo demografico e sotto quello di una problematica integrazione.

Gli USA però non ne vogliono sapere delle lezioni impartite dalla storia, e cioè che gli equilibri in questo delicato quadrante del pianeta sono assicurati dal mantenimento di regimi che possono essere odiosi, agli occhi di ingenui democratici, ma che non sembrano avere alternative tranquillizzanti e che comunque, ad esempio, nei confronti dei cattolici locali, hanno sempre assicurato una notevole libertà di culto.

Ora, non è un mistero che tra le forze anti-Assad un ruolo determinante lo svolgano varie sigle del fondamentalismo islamico e che una destabilizzazione di quell’area, con tutte le complicazioni derivanti dai conflitti fra sciiti e sunniti, fra curdi e turchi, fra israeliani e le punte enti-ebraiche di certo islam, dall’ambiguità di inaffidabili alleati come l’Arabia Saudita, avrebbe effetti ancor più devastanti di quelli già verificati con l’abbattimento dei regimi di Saddam Hussein e di Gheddafi.

In definitiva, è come se i missili americani fossero diretti anche contro i nostri interessi nazionali. E, a proposito di recupero della sovranità nazionale, sarebbe ora di smettere di essere aggiogati al carro anglo-franco-americano, come nel caso delle sanzioni alla Russia. Insomma, Italia, svegliati!

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