Maggio Musicale Fiorentino

Arriva Carmen di Bizet al Maggio, ma la regia fa già discutere prima che si alzi il sipario.

Collocazione della scena in un campo nomadi e finale ribaltato; libertà di interpretazione o tradimento in nome del politically correct?

di Domenico Del Nero

Arriva Carmen di Bizet  al Maggio, ma la regia fa già discutere prima che si alzi il sipario.

Georges Bizet

Sarebbe stato forse il primo a non crederci. Georges Bizet (1838-1875) l’autore di una delle opere più celebri del repertorio lirico internazionale, capolavoro assoluto in cui genialità pura e popolarità altissima convivono in perfetto equilibrio, non aveva davvero nulla dell’artista sicuro di sé e del proprio talento, stile Wagner. E’addirittura communis opinio che proprio l’insuccesso, o almeno la gelida accoglienza della critica alla sua Carmen,sia stato causa, o abbia notevolmente contribuito alla sua prematura scomparsa a soli 37 anni di età.  Ci sia o meno un fondamento, è certo è che la vita di questo grandissimo musicista è stata segnata dalla sfortuna e dall’incomprensione, che contribuirono a minare un carattere fragile e profondamente insicuro delle proprie formidabili doti musicali. Eppure, anche se Carmen basterebbe da sola a renderlo un gigante della musica, ci sono altre composizioni che possono definirsi capolavori o perlomeno opere di grande interesse musicale come i Pescatori di perle (1863), andata in scena a Firenze in una bella edizione del 2016.

E adesso in riva d’Arno approda proprio Carmen, esattamente dieci anni dopo l’edizione firmata da Carlos Saura con la direzione d’orchestra di Zubin  Mehta, nel ciclo di un programma significativamente intitolato “donne contro”; personaggi femminili forti, anticonformisti, anche “scandalosi” ma sicuramente di grande fascino, quale sicuramente è Carmen.  Donne contro  è una definizione che si attaglia perfettamente alla protagonista dell’opera di Bizet, ed probabile che la sfrontata sigaraia di Siviglia ci si sarebbe riconosciuta. La regia di Saura non era forse particolarmente incisiva, ma se non altro non irritava e non stonava.  La direzione di Zubin Mehta  fece brillare tutti i colori e il grande fascino di questa partitura.

Per l’edizione che prenderà il via domenica 7 gennaio (ore 19) al teatro del Maggio Musicale le polemiche cominciano invece a sipario ancora calato. La regia di Leo Muscato presenta infatti tutta una serie di elementi innovativi che hanno provocato non pochi malumori e dissensi, ancora …prima della prima. Il regista poi parla esplicitamente di tradimenti e ne elenca tre: l’epoca, perché, sostiene il regista “ debutta nel 1875, ed è ambienttaa in un passato più o meno recente che molti spettatori seduti in sala avevano vissuto direttamente. Abbiamo deciso di raccontare questa Carmen conservando una distanza temporale simile, e l’abbiamo contestualizzata alla fine degli anni Settanta.”

Ora per quanto operazioni simili siano ormai all’ordine del giorno nel campo delle regie teatrali, questa motivazione suona un po’ forzata. Carmen è tratta da un’opera letteraria, e precisamente da un racconto di Prosper Mérimée  pubblicato nel 1845 e ambientato nel 1830 in un contesto molto diverso da quello a cui il pubblico francese del 1875 era abituato; e non  da un fatto di cronaca. Ma gli altri due tradimenti appaiono francamente ancora più discutibili: soprattutto quello che riguarda l’ambientazione. “ Allo spettatore di oggi, Siviglia non potrà mai apparire come la citta esotica che potevano immaginarsi gli spettatori di Bizet. Carmen è una zingara, e nel nostro progetto, Siviglia diventa il nome del Campo nomadi in cui vive Carmen. Lei e quelli della sua comunità sono stati confinati li dalle forze dell’ordine dopo uno sgombero violento. Sono stati ghettizzati all’interno di un recinto con filo spinato e controllati a vista. La vita nel campo non è facile, lo si intuisce dalle condizioni precarie delle roulotte in cui vivono. Le esalazioni della Matador (una fabbrica di sigarette lì  vicino) intossicano   tutta l’area.”

Ora, anche ad essere ben disposti verso la libertà di interpretazione, una simile lettura appare  francamente una discutibilissima concessione al “politicamente corretto” oggi imperante ma soprattutto un vero e proprio tradimento del testo, letterario e teatrale. A questo punto infatti le parole del testo ma anche la musica che a quel testo si riferisce finiscono almeno in alcuni punti col perdere di significato. Tra l’altro, fare di Siviglia solo il nome di un campo nomadi fa passare in secondo piano tutto il colorito spagnolo dell’opera, tutt’altro che puramente ornamentale anche nella musica.

Sul terzo tradimento Muscato si era inizialmente tenuto un po’ sul vago ma ormai è proprio quello che ha acceso la discussione maggiore. Nella novella  e nel libretto Carmen muore, uccisa dall’ amante Don Josè che non sa rinunciare a lei. Nel racconto di Prosper Mérimée  Carmen, poco prima della fine, pronuncia questa illuminante battuta: Io non ti amo più, tu mi ami ancora, ed è per questo che vuoi uccidermi.”  Ed è qui che il regista inserisce quello che definisce il suo sogno sovversivo : questa volta è lei che uccide l’ex amante stalker e violento. Questo perché, chiarisce poi il regista “il tema della morte qui tende fortemente al maschilismo: la donna deve sacrificarsi pur di salvare la propria libertà. Un punto di vista oggi privo di senso”.

Si ma allora … o vittime o carnefici? Nessuna alternativa?  E  se si vuole farne una sorta di manifesto contro il femminicidio, non era allora molto meglio lasciare il finale autentico?

Ma il punto non è certo questo. Sicuramente sono molte le opere in cui il finale ci lascia la bocca amara. Sicuramente molti, per non dire tutti, preferirebbero che la salute di Violetta rifiorisse per davvero e potesse poi spernacchiare a dovere il bolso Germont e magari anche quel bietolone di Alfredo; o ancora, che la povera Cio Cio San, invece di uccidersi, facesse a fette quell’animale yankee di Pinkerton. Ma così non è e in fondo il fascino di quelle opere e di quelle eroine sta anche in questo.

Insomma, la polemica monta tra perplessi e difensori, ma negli ultimi tempi il pubblico ha mostrato di essere un po’ stanco di certe regie: poi forse ci sarà il colpo di genio, quel quid inaspettato che a volte riesce a far piacere anche le interpretazioni più arrischiate. Può darsi e per molti aspetti ce lo auguriamo, ma certo che questa volta “en garde”, più che il toreador, deve starci il regista!

Ma l’opera ovviamente non è solo regia e il fascino di Carmen sta anche e soprattutto nella musica. In quest’opera il compositore dà veramente il meglio di sé, lavorando sul libretto che Henri Meilhac e Ludovic Halévy (i librettisti delle operette di Offenbach) ricavano dal racconto di  Merimée. Al centro della vicenda resta la gitana Carmen, simbolo di vitalità e spontaneità assolute: “ Finalmente l'amore, l'amore ritradotto nella natura! Non l'amore di una “vergine superiore”! Nessun sentimentalismo tipo Senta! Sibbene l'amore come fatum, come fatalità, cinico, innocente, crudele – e appunto in ciò natura! “scrisse Nietzsche nel 1888, dopo aver trovato nella innocente maliarda gitana un antidoto agli ormai trascorsi bollori wagneriani. E questa libertà e “naturalità” Carmen le difende sino alla morte, anche contro Don Josè, gendarme che solo la seduzione della protagonista trasforma in fuorilegge sino a spingerlo al delitto.  I due librettisti inseriscono poi personaggi che nel racconto avevano scarso rilievo, come il torero Escamillo, che da avventura “secondaria” di Carmen diventa nell’opera l’elemento catalizzatore della gelosia di Don Josè, o addirittura inventati ex novo come la fidanzata del gendarme, Micaela, innamorata pura e sincera ma anche alquanto banale.

Ma uno dei punti chiave è il modo in cui Bizet adopera il colore “esotico”, in questo caso l’elemento spagnolo. Ad esempio la celebre Habanera condensa nel giro di pochi versi, (dettati dal compositore stesso che seguì con molta attenzione la genesi di un libretto senz'altro ben congegnato e coinvolgente) e in un ritmo persistente e quasi ossessivo l’essenza quasi persefonesca della natura di Carmen. La scena della seduzione di Don Josè si snoda sulle movenze sensuali della seguidilla, mentre l’epilogo  tragico si compie nel clima festoso e colorato della corrida di Escamillo.   Un modus operandi che influenzerà non poco la vicina opera verista, sia in Francia che soprattutto in Italia.

Carmen, protagonista assoluta, nasce dalla musica, nella sfrenatezza del canto e della danza che hanno in effetti qualcosa di dionisiaco. In questo contesto, l’elemento spagnolo non è quasi mai puramente folcloristico, ma è in un certo senso il tramite tra finzione scenica e realtà, venendo a configurare un ambiente fortemente realistico. Certo, Don Josè e Micaela si esprimono ancora nel linguaggio convenzionale dell’opera francese del tempo, ispirato soprattutto a Gounod, uno dei maestri di Bizet: un tipo di melodia elegante e sentimentale. Ma c’è anche -e soprattutto – la sensualità ardente e sfrenata della gitana, in una vicenda di sangue e morte, in un contesto dalla forte accentuazione popolare. Per un contesto del genere occorrevano melodie di ben altro tipo, che la critica della prima non comprese e non apprezzò.  A questo scopo contribuirono non solo i ritmi spagnoli, ma anche l’adozione di temi più cantabili che sfioravano il “popolaresco”, come la celebre canzone del Toreador, perfetto “biglietto da visita” per la figura e il ruolo del personaggio. Per questi, come per altri aspetti, Bizet realizzò con un certo anticipo quello che sarebbe stato il manifesto del teatro musicale di fine XIX secolo.

Per quanto riguarda il cast fiorentino. Nel ruolo di Carmen (mezzosoprano) si alterneranno Veronica Simeoni (7,10,14 e 18 gennaio) e Marina Comparato (9 e 13): sempre nelle stesse date,  in quello di Micaela (soprano) Laura Giordano e Valeria Sepe, così come Don Josè (tenore) vedrà impegnati Roberto Aronica e Sergio Escobar; Escamillo (basso- baritono) sarà invece Burak Bilgili.  Dirige l’orchestra e il coro del Maggio Musicale Fiorentino il maestro Ryan McAdams.

 

Date:

Dom 7 gennaio, ore 19:00
Mar 9 gennaio, ore 20:00
Mer 10 gennaio, ore 20:00
Sab 13 gennaio, ore 20:00
Dom 14 gennaio, ore 15:30
Gio 18 gennaio, ore 20:00

 

LA TRAMA DELL’OPERA:

ATTO I
In una piazza di Siviglia il sergente Moralès e un gruppo di dragoni osservano la giovane Micaela che cerca il suo amato, il brigadiere Don José. Venendo a sapere che José arriverà di lì a poco, si allontana, rifiutando le attenzioni di Moralès. Don José arriva poco prima della pausa delle sigaraie che escono dalla fabbrica acclamando la bella gitana Carmen. Costei accortasi che José la ignora, intona l'habanera e gli lancia un fiore. Il brigadiere resta turbato e nasconde il fiore sotto la giacca.
Micaela, tornata in piazza, consegna a José una lettera della madre e, prima di congedarsi da lui, lo bacia castamente. Scoppia una rissa tra le sigaraie e Carmen, la più aggressiva, viene arrestata dal tenente Zuniga, che ordina a José di portarla in prigione. Rimasta sola con il brigadiere, Carmen lo seduce e gli promette il suo amore in cambio della libertà. José, irretito, l'aiuta a fuggire.

ATTO II
È trascorso un mese. Carmen danza e canta nell'osteria di Lillas Pastia con le altre zingare ed attende il ritorno di Don José, incarcerato perché colpevole di averla fatta fuggire. Venuto a brindare con gli amici, entra il torero Escamillo che rivolge a Carmen parole galanti, ma viene respinto. Arriva José, uscito di pigione, e nel frattempo suona la tromba che ordina il rientro dei militari; il brigadiere, schernito e aizzato da Carmen, esita a staccarsi da lei. Quando il tenente Zuniga gli ordina di rientrare, Josè si ribella e scoppia una rissa. Due contrabbandieri li separano e José si unisce loro e a Carmen disertando l'esercito.

ATTO III
José, torturato dai rimorsi, si accorge Carmen non è davvero interessata a lui. La zingara interroga le carte che le predicono la morte vicina. Micaela raggiunge, non vista, il campo dei contrabbandieri in cerca di José; anche il torero Escamillo è lì, in cerca di Carmen. Geloso del rivale, José sfida a duello il torero, ma viene fermato dagli zingari che trovano Micaela nascosta tra le rocce; costei riferisce a José che la madre è in punto di morte. José accetta di seguirla, ma prima di andarsene minaccia Carmen, della quale è follemente innamorato.

ATTO IV
Di fronte all'arena di Siviglia la folla acclama festante il corteo dei toreri; tra la folla, innamorata di Escamillo, c'è Carmen. Le sue amiche Mercedes e Frasquita la avvertono che Josè è nelle vicinanze, invitandola a scappare; lei lo affronta nella piazza, gli dice di non amarlo più e, in segno di disprezzo, si sfila l'anello che le ha donato e glielo getta addosso. Disperato e accecato dall'ira, José uccide Carmen con una pugnalata mentre la folla festeggia la vittoria di Escamillo.


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