Vecchie storie sempre nuove

Teodora, la splendente imperatrice di Bisanzio fu la prima donna diffamata dai cronisti acidi

Procopio di Cesarea negli Anekdota la descrive come dissoluta, depravata, intrigante, crudele, dando vita ad una tradizione nera che la perseguita fino all'età moderna. La realtà è diversa

di Francesca Allegri

Teodora, la splendente imperatrice di Bisanzio fu la prima donna diffamata dai cronisti acidi

Splendente di gioielli, coperta di abiti fastosi, ieratica, maestosa, così appare Teodora nei mosaici ravennati al centro della corte delle sue dame; tuttavia, nonostante la fissità della rappresentazione, indubbia si rivela la sua bellezza e su questo nessuna incertezza;  sul fatto che questa donna, dalla vita tanto discussa, fosse piena di fascino tutti concordano, anche le fonti che le sono maggiormente ostili.

Molto di quello che di lei conosciamo lo dobbiamo proprio ad una fonte estremamente maldisposta: Procopio di Cesarea; provinciale, di buona famiglia e di buoni studi classici, era giunto a Costantinopoli ed aveva fatto una eccellente carriera nell’esercito, fino a ricoprire una funzione che potrebbe essere assimilata, ai nostri giorni, a quella di segretario particolare del generale più famoso del momento, l’eroe della guerra vandalica e poi di quella greco gotica: Belisario, il grande. In questa veste era naturalmente a conoscenza non solo degli avvenimenti bellici, ma anche dei segreti e delle indiscrezioni di palazzo e da questa sua posizione privilegiata nascono le due sue opere maggiori: la Storia delle guerre e, quello che qui più interessa, gli Anekdota  o Storia segreta, scritta quest’ultima dopo la morte di Teodora e non completata, opera della quale per qualche  tempo si persero le tracce e che fu ritrovata solamente nel Seicento.

Sono gli Anekdota lo scritto dal quale si ricava la maggior mole di notizie su Teodora,  e su questo si basano quasi tutte le opere di fantasia che fra Ottocento e Novecento furono scritte su di lei. La sua vita viene descritta  a tinte forti: amori di ogni tipo fino alla mania sessuale, tradimenti, cupe prigioni, torture di innocenti, depravazione, questi sono gli ingredienti della biografia di Procopio e questo è quanto, sulla sua figura,  viene accolto dalla fantasia di artisti come Victorien Sardou o Jean Joseph Constant.

La nascita fra le belve del circo

La verità storica è un po’ diversa, forse meno tenebrosa, ma certo non meno affascinante. Nella Costantinopoli di fine secolo V, Teodora era probabilmente nata nel 496 o nel 497, due sono le fazioni dominanti: quella dei Verdi e quella degli Azzurri, che si scontrano sovente nello stadio. È proprio lo stadio, infatti, il cuore pulsante della città; con l’avvento del cristianesimo non più combattimenti di gladiatori, ma caccie di belve appositamente catturate in varie parti dell’impero: tigri, leoni, elefanti e orsi; poi, soprattutto, il tifo delle due opposte fazioni durante le corse dei cavalli.

Fra gli addetti alle belve del circo nasce Teodora, il padre è guardiano degli orsi, muore presto e lascia in una situazione precaria la moglie e le tre figlie bambine: Comitò, la maggiore, poi Teodora e Anastasia, le loro condizioni sono insicure e la madre si inventa una specie di sceneggiata per ottenere un aiuto economico; inghirlanda le graziose bambine di fiori e le presenta nello stadio con le manine giunte al capo dei Verdi, la fazione a cui apparteneva il marito, chiedendo aiuto. La scena non scalfisce minimamente il cuore dell’uomo, che anzi affida il compito di guardiano degli orsi a un suo protetto, alla vedova non resta altro che affidarsi alla fazione contraria, gli Azzurri, da questi riceverà un certo aiuto, da adesso in poi Teodora rimarrà per tutta la vita fedele agli Azzurri. La madre poi si risposa e le figlie vengono affidate alla  carriera teatrale.

Il teatro: diffamazione e verità

Il teatro non era più quello classico, non si rappresentavano più le opere immortali dei tragici greci, ma nemmeno la commedia; per teatro si intendeva soprattutto il mimo, brevi scenette  di carattere comico a base di mariti traditi, servitori sciocchi, bastonature e via con questa paccottiglia. Le parti femminili venivano ricoperte da attrici, la cui moralità era assai dubbia. I mimi, infatti, erano spesso a carattere spinto se non osceno. Secondo Procopio la prima a essere avviata a questa carriera fu la sorella Comitò, la più anziana e già la giovanissima Teodora l’accompagnava sulla scena, magari semplicemente porgendole uno sgabello o un altro oggetto. E fin da quella età, secondo la mala lingua di Procopio, pur essendo non ancora matura per il sesso, si concedeva accoppiamenti contro natura sia per denaro sia per pura depravazione.

È vero che la vita delle attrici del tempo, spesso poco vestite sulla scena, osannate da ammiratori prodighi di danaro e non certo desiderosi di un amore platonico, poteva scivolare se non nella prostituzione vera e propria per lo meno in una promiscuità non certo ineccepibile. E del resto è quello che è accaduto, talvolta, per molto molto tempo, fino ai giorni nostri, ma gli eccessi di cui parla Procopio sono probabilmente frutto, secondo gli storici più avvertiti, delle chiacchere invidiose dei cortigiani e dei servitori di palazzo. Quando poi la sua età si fa più matura anche Teodora si dedica al mimo, compare sulla scena pressoché senza veli e la sua bellezza suscita l’ammirazione di molti uomini, ai quali sempre secondo Procopio, si accompagna sia per denaro sia per vizio in orge che si protraggono per giornate e nottate intere.

Anche in questo caso è possibile che una vita condotta sul filo della leggerezza morale sia stata travisata e gonfiata dai pettegolezzi, anche perché Procopio, di diversi anni più giovane di Teodora, non era sicuramente a Costantinopoli agli esordi della carriera teatrale della ragazza. Certo si diceva che gli stessi uomini che si accompagnavano a lei di notte, si guardavano bene dal riceverla nelle loro case di giorno e, sia loro sia le loro mogli, la evitavano incontrandola per strada. Anche questa una situazione che si ripete spesso: gli uomini si accompagnano ben volentieri a ragazze di dubbia moralità se ben dotate fisicamente, si guardano bene, tuttavia, dal frequentarle nei loro salotti e le signore della buona società fingono, a loro volta, di ignorarle.

Teodora era, però, fin da giovane intelligente e sveglia e aveva capito che, pur avendo accumulato una certa quantità di beni di fortuna, la sua situazione non era certo delle più sicure: bellezza e gioventù non sono eterne. La soluzione ai suoi problemi si materializza nella figura di Ecebolo, un alto funzionario dell’amministrazione statale che da Costantinopoli doveva trasferirsi in Siria per obblighi inerenti alla sua carica. Teodora l’avrebbe seguito come amante ufficiale e, lontana dalla città dove tutti conoscevano la sua non limpidissima fama, avrebbe potuto ricostruirsi una vita più comoda e sicura. Ma l’unione con Ecebolo si mostrò ben presto assai precaria e Teodora si ritrovò sola e lontana da casa, anche se forse non del tutto priva di mezzi. Intraprese dunque il lungo viaggio di ritorno per via di terra, secondo il solito Procopio, procurandosi i denari necessari con l’esercizio della più antica professione del mondo; probabilmente le cose non andarono così.

L’incontro con Giustiniano

Ad Alessandria il Patriarca Timoteo, di tendenze monofisite, aveva una certa quantità di danaro  da mettere a disposizione dei poveri e dei bisognosi; non è improbabile che Teodora si sia rivolta a lui e ne abbia ricevuto assistenza, oltre che conforto spirituale. Una delle caratteristiche più ammirevoli di questa donna, che non fu certo una santa, ma che non fu neppure la depravata di cui si favoleggia, fu la capacità di trarre insegnamenti utili dalle vicende, anche le più negative, della sua vita. Da questo momento in poi Teodora sarà sempre vicina ai monofisiti. Ritorna, dunque, a Costantinopoli e qui non si sa bene né dove né quando avviene l’incontro della vita con Giustiniano. Giustiniano aveva allora circa quaranta anni ed era l’erede designato dell’imperatore Giustino, che si accompagnasse con una donna bella e di costumi liberi non era certo cosa da destare scandalo, scandalo era invece che desiderasse farne sua moglie.

Va indubbiamente del tutto a onore delle capacità e dell’intelligenza di Giustiniano aver compreso che quella donna, come abbiamo visto, disprezzata dalla buona società aveva, invece, doti di intelligenza e di carattere rare.  La difficoltà stava nel fatto che, secondo la legge, per le attrici era impossibile lasciare il mestiere e sposarsi al di fuori della loro professione. Giustiano chiede una speciale dispensa all’Augusto zio, che volentieri gliela concederebbe, anche lui proviene dagli strati più umili della società e sua moglie, ora chiamata Eufemia, ma che in realtà rispondeva al nome ben più plebeo di Lupicina, aveva anche lei un passato piuttosto oscuro. Sarà, tuttavia, proprio Eufemia a opporsi alle nozze fra i due, anche questo un copione già visto: chi è di origini umilissime in genere tollera malvolentieri coloro che dalla sua stessa classe provengono. Fortunatamente per i due innamorati Eufemia muore presto e così possono sposarsi.

Muore poi poco tempo dopo anche Giustino e Giustiniano diviene imperatore; Teodora, dalla situazione infima nella quale si trovava solo pochi anni prima, assurge al trono imperiale. Sarà, pur con le sue ombre, un’ottima imperatrice soprattutto perché contribuirà, con la sua visione politica non sempre coincidente con quella del marito, ad ampliarne gli orizzonti. Il suo merito maggiore è proprio questo. Se Giustiniano, infatti, volge il suo interesse soprattutto a Occidente, all’Africa dei Vandali, all’Italia dei Goti,  con il sogno di far rinascere i fasti dell’antico impero, l’interesse dell’imperatrice sarà soprattutto per l’Oriente fino all’impero persiano, quell’oriente che ben conosceva per aver viaggiato a lungo in quelle contrade. Se Giustiano era favorevole a un cristianesimo pienamente ortodosso, le simpatie di Teodora andavano piuttosto ai monofisiti che sempre difese giungendo perfino a ospitare, in alcune ali del loro vastissimo palazzo, monaci e religiosi di quella fede mettendoli così al sicuro di ogni persecuzione. La loro azione così si integra  e dà i suoi migliori frutti.

Le leggi a favore delle donne

Teodora poi attuerà una politica che certo non può dirsi femminista, ma che mette al centro di una serie di leggi i diritti e la protezione della donna. Leggi contro i mariti fedifraghi, leggi che rendono maggiormente difficile il divorzio, leggi che ampliano i diritti delle vedove nell’amministrazione della loro dote e dei loro patrimoni nonché nell’educazione dei figli, ma soprattutto leggi di tutela delle donne che scelgono di abbandonare la prostituzione. Si trattava spesso di disgraziate, provenienti da famiglie rurali poverissime, vendute per pochi  spiccioli poco più che bambine a lenoni che, dopo averle portate nella grande città, le sfruttavano ignobilmente; pochissime sceglievano liberamente di prostituirsi. Per tutte quelle che volevano redimersi fu fondato il Monastero della Metanoia, cioè del Perdono, dove potevano trovare un asilo sicuro, certo anche una vita di penitenza, ma sicuramente più umana e giusta di quella che erano state costrette a condurre fino ad allora. E poi anche le leggi a difesa delle attrici, anche loro, come le prostitute, impossibilitate a lasciare la professione per sposarsi onestamente: fu consentito a uomini, di qualsiasi status sociale, di sposare attrici che intendessero ritirarsi dal teatro.

Le trame e gli intrighi

Naturalmente  non solo luci, ma anche ombre, ed assai oscure, nella regno di Teodora. Implacabile contro i nemici come il ministro delle finanze Giovanni di Cappadocia che riuscì ad allontanare dalla sua posizione e da Costantinopoli con un vero e proprio inganno; non esitava, poi, a servirsi di persone di dubbia moralità e a favorirne i lati peggiori come avvenne con la fedifraga moglie di Belisario, Antonina. Ne fece una sua fedele alleata appoggiandone gli amori adulterini con un giovane che poteva esserle figlio: Teodosio.

Tuttavia, durante tutto il suo lungo matrimonio con Giustiniano, nemmeno le fonti sfavorevoli ebbero ad accusarla della  più piccola infedeltà nei confronti del marito. Non possiamo certo ricostruire i sentimenti di una donna vissuta circa 1500 anni fa, non potremo mai sapere se questa incrollabile leale fedeltà verso il marito fosse dovuta a vero affetto o a un preciso calcolo politico; Teodora era donna di intelligenza troppo raffinata per mettere a repentaglio la sua posizione duramente acquisita, per un semplice capriccio sessuale.  I suoi delitti, tuttavia, sarebbero stati orrendi, Procopio la accusa addirittura di aver fatto uccidere un suo figlio. Secondo gli Anekdota, infatti, da giovane avrebbe avuto un figlio e lo avrebbe lasciato con grande sollievo al padre che lo aveva condotto con sé in lontane contrade;  questi, ormai adulto al tempo in cui era diventata regina, sarebbe tornato nella capitale e si sarebbe presentato a corte chiedendo il riconoscimento dei suoi diritti  o per lo meno una qualche carica onorifica, a tradimento la madre lo avrebbe fatto sparire.

Nessuna altra fonte  ne dà notizia e la cosa sembra assai improbabile, è  attestato, invece, che Teodora, prima di sposarsi ebbe una figlia, ma questa fu ampiamente riconosciuta, venne tenuta a corte e, al momento opportuno, contrasse un matrimonio degno; così anche altri parenti, per lo meno la sorella Comitò ed un nipote furono ricevuti ed ebbero la loro parte di onori, non si vede dunque perché mai avrebbe dovuto uccidere o far uccidere un figlio maschio, che per altro non aveva nessuna possibilità, nemmeno la più remota, di insidiare il trono di Giustiniano o di mettere in qualche difficoltà la madre che già aveva riconosciuta una figlia illegittima.  D’altro canto molti i suoi indubbi meriti. Con lei il cerimoniale di corte divenne sempre più complesso e fastoso: l’imperatore e la moglie erano i mediatori di Dio in terra e come tali dovevano essere onorati; a lei, congiuntamente con Giustiniano, si devono molti sontuosi edifici a Costantinopoli come a Ravenna, fu lei con il suo coraggio a risolvere la crisi più acuta e dolorosa del regno di Giustiniano: la così detta rivolta della nika nel 532. Per una volta unite, le due fazioni dei verdi e degli azzurri si ribellarono all’imperatore e acclamarono come suo sostituto il nipote del defunto imperatore Anastasio.

La situazione si fece critica e nemmeno Belisario, con i suoi fedelissimi soldati, sembrava riuscire a domare gli insorti e a riportare la calma; le navi erano pronte e Giustiniano era sul punto di fuggire insieme a tutta la corte, quando Teodora, che nella riunione dei maggiorenti aveva fino allora taciuto, pronunciò parole di coraggio: Amo la vecchia massima che dice che la porpora è un bel sudario. Le sue parole non sembrano dettate dalla retorica, per chi proviene da molto in basso può essere veramente preferibile la morte alla perdita  dello status acquisito. Giustiniano riprese coraggio, Belisario riorganizzò le truppe e la crisi fu superata. Teodora morirà ancora abbastanza giovane di cancro nel 548 con il cruccio di non aver saputo dare un erede a Giustiano, fallendo là dove per una regina è assai penoso fallire.

Nel raccontare la sua storia non si può non ricordare un’altra donna assurta, dopo quasi 1500 anni, alla guida di un paese pur provenendo da una famiglia assai umile; anche lei un tempo attrice, anche lei bellissima, anche lei stretta collaboratrice della politica del marito, anche lei morta di cancro ancora in giovane età: Evita Peron, accomunate da scrittori e romanzieri che ben al di là della verità storica ne hanno costruito il mito.

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