Editoriale

Potrebbe chiamarsi gaymonio, ma che senso ha e soprattutto chi lo vuole?

Mentre il mondo crolla intorno a noi ci si accapiglia su questioni marginali, Bisanzio non ha insegnato niente

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

h, i veri problemi che attanagliano l’Italia! Dare del “finocchio” a qualcuno. Fare le primarie per il centrodestra. Chi condurrà San Remo e prendersela con Paolo Bonolis per il suo casting “politically uncorrect”. Mi sembrano cose importanti, sì.

Intanto i paladini LGBT e diosolosacosaltro, muovono in fronte compatto contro i malvagissimi reazionari fascistoidi veterocattolici tradizionalisti che non vogliono accettare la genialissima trovata della Cirinnà. Mah!

Non ho mai conosciuto un gay – detto anche “finocchio” e pure in altri modi più coloriti – che volesse sposarsi, né avere figli. Ci saranno anche, forse, ma ne dubito, se non al libro paga di coloro che vogliono promuovere un nuovo e inutile stato di cose. Inutile perché appunto ad un omosessuale non importa nulla del “matrimonio”, anche perché “matrimonio omosessuale” è una contraddizione in termini, dacché matri-monio implica una radice da “mater” dunque madre, che pertanto non può che essere femminile. Ma allora le lesbiche? Anche qui, tutte quelle da me conosciute, non hanno mai mostrato alcun interesse per il “matrimonio” se non per il gusto – tipicamente femminile anche in certe virago – di una “cerimonia” che le faccia sentire unite alla compagna scelta.

Insomma tutto questo è una sterile – appunto – inutile manovra costruita ad arte che nasconde, e neppur troppo bene, gli interessi economico politici di alcuni gruppi di potere. Diritto alla felicità, parità di diritti… tutte chiacchiere adatte a un pubblico ignorante e banalotto, soggetto soltanto alle proprie pulsioni emotive e sentimentaloidi parademocratiche.

Ricordiamoci che “omosessuali” intelligenti come Oscar Wilde o Mishima Yukio e tanti altri, erano regolarmente sposati e non perché gli veniva imposto dalla società, ma per loro scelta affettiva e d’un eventuale “matrimonio” con un altro del loro stesso sesso non avrebbero proprio voluto sentirne parlare.

Inoltre, sarebbe bene ricordare che la lingua italiana, tanto bella e complessa, ci dice esattamente come stanno le cose senza ricorrere necessariamente alla Fede religiosa, cattolica, giudaica o islamica – anche perché per le altre religioni l’omosessualità è e resta comunque sempre un atto innaturale checché ne dicano i presunti conoscitori dell’induismo o del buddismo in stile New Age.

Il vocabolario, strumento ormai dimenticato nell’età di Whatsapp e Twitter, ci illumina in questo semplice modo:

Coppia. Insieme di due elementi di genere diverso.

Paio. Insieme di due elementi dello stesso genere.

Ora, il matrimonio, civile o religioso è, per sua natura, costituito da una coppia e mai da un paio, non per fini procreativi ma semplicemente per sua ontologica essenza. Quindi un matrimonio omosessuale non ha alcun diritto o senso né d’essere né d’esistere, in quanto sarebbe formato da un paio e non da una coppia.

Insomma tutto questo è una gigantesca e ridicola farsa, un’immane buffonata che occupa il tempo e lo spazio che dovrebbe essere dato ad altre cose ben più importanti per il nostro paese sempre più oltre il punto di non ritorno.

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