Calunnie e doppiopetto blu

Ancora ai domiciliari

Peter, dal più profondo scoramento, passò inaspettatamente -anche per lui- a riflettere sui momenti felici...(Cap.29)

di  

Ancora ai domiciliari

Kimberly

La busta contenente la lettera proveniente dal tribunale di Hoboken fu aperta in un nano secondo.

La scorse velocemente dopodiché si lasciò cadere come un sacco di patate sulla poltrona. Gli erano stati confermati gli arresti domiciliari.

A niente erano valse le visite del suo avvocato ai vari procuratori, molto probabilmente i Roughoaks avevano veramente un potere illimitato…

Peter, dal più profondo scoramento, passò inaspettatamente -anche per lui- a riflettere sui momenti felici, o tali, della sua vita prima del fattaccio.

E ritornò molto indietro nel tempo, al suo periodo universitario e al suo splendido rapporto con Kimberly Bennet, l’adorata fidanzata di allora.

Bionda, occhi verdi, fisico mozzafiato e tanta, tantissima simpatia.

I ricordi lo portarono inevitabilmente agli appassionanti momenti di amore carnale, di sesso fatto con lo spirito di un giovane che sapeva di piacere alle ragazze; compiuto nei luoghi più improbabili e insoliti, interpretato con quella fantasia che solo due bellissimi giovani potevano e sapevano creare. Nei boschi, nelle cabine delle spiagge di Miami, in foreste incantate dove spesso venivano sorpresi, da persone in cerca di funghi o erbe aromatiche, completamente nudi avvinghiati in abbracci strettissimi e fortemente imbarazzati.

In alberghi di cui, poi, ricordavano solo i soffitti, in auto, in… no, soffermiamoci sulla macchina.

Si, qui, Peter, con questo mezzo di locomozione ne combinava veramente di tutti i colori, quelle povere auto venivano trattate peggio di schiavi incatenati e vituperati.

Ogni volta Kimberly manifestava la sua perplessità sul luogo e sul fatto che la macchina non avrebbe superato certi ostacoli ( fango, sassi acuminati, strade strettissime, percorsi che lambivano burroni scoscesi…) , immancabilmente Cummings rimaneva prigioniero nel fango a causa di una guida che, oltre a richiedere una certa dose di destrezza nel controllo del mezzo, che lui non possedeva, pretendeva di farlo uscire dalle sabbie mobili con delle accelerazioni violente e manovre assurde che ogni volta non facevano altro che scavargli ancor più profondamente la fossa.

E, allora, dagli a chiamare i soccorsi, facendosi delle lunghe camminate; a quei tempi i cellulari erano ancora delle lontane chimere.

L’ira, di quegli attimi, dopo si trasformava in risate sfrenate e battute di Kimberly all’indirizzo di Peter. La voglia di vivere su tutto prevaleva incontrastata, chi se ne fregava di un po’ di fango, di continui contatti con altre macchine, di multe a go-go: allora c’era il desiderio e la curiosità di scoprire la vita giorno dopo giorno, e questi accadimenti rendevano la cosa ancora più elettrizzante.

Nonostante questa spensieratezza, anche allora, Peter aveva addosso gli occhi malefici dell’invidia.

Si dice che essi sono lo specchio dell’anima, attraverso loro capiamo che dallo sguardo possiamo intuire gli impulsi dell’animo.

Quante occhiate malevole riceveva, non tipo quelle di Elizabeth o consorte con sporgenze, a causa del suo modo di comportarsi, di vestirsi, di rapportarsi con gli altri. La cosa aumentava a dismisura quando era in coppia con Kimberly, quando passavano dal centro con la decappottabile senza curarsi di nessuno. Li guardavano cupi, e chi osservava scalzava ogni forma d’amore che c’era in lui o lei per far posto all’odio e, quasi sempre, alla calunnia.

I nemici di Peter usavano un linguaggio, verso di lui, pieno di fiele e l’ammirazione per le sue giacche a pied de poule si trasformava in un germe velenoso che rodeva e faceva arrancare dall’ira.

Kimberly, bellissima, e al di sopra di queste non-persone, riusciva a distrarlo affinché non si accorgesse di quanto male permeava intorno alla sua figura.

I ricordi lo portarono al sonno e poi al sogno.

Era scappato dalla prigione, e superato un casale si rifugiò dietro ad un muro diroccato. Era piena notte. La parete collocata vicino ad un passaggio a livello delimitava un grande campo non coltivato. Dalla parte opposta del casale abbaiavano alcuni cani, cosa che lo rendeva nervoso, ma il treno ormai già vicino, ne soffocava, col suo rumore, i latrati.

Peter si addentrò in un cespuglio, e nonostante l'oscurità, le spine degli arbusti, e certune erbe rampicanti che gli complicavano i movimenti, poté arrivare fino al treno, il quale aveva decelerato nella curva. Saltò dentro un vagone aperto e strisciò fino ad un angolo, nell'oscurità totale.

Il desiderio più grande era quello di avere un accendino o qualcosa con che illuminare per lo meno il posto dove si trovava, per vedere cosa aveva lì intorno.

Cominciò, allora, a camminare sulle ginocchia fino a che trovò un ostacolo. Con la precauzione di che non vede, Peter stava cercando di farsi un'idea su cosa avesse così vicino.

Concluse che dovevano essere delle lunghe casse e ciò risultò -a lui- alquanto logico essendo quello un treno merci.

Sfiorò alcune di esse e notò che erano ben più lunghe della sua altezza.

Gli parve fossero di legno lucido e non essendo impilate con altre merci pensò dovessero avere un gran valore.

Peter sorrise soddisfatto nel buio, in quanto considerò di aprirne una e magari trovarvi un tesoro nascosto.

Si mosse lentamente per sollevare il coperchio ad una delle casse.

Un terrore subitaneo, come un scarico di elettricità, gli strappò un grido e ritirò velocemente la mano; aveva palpato un naso ed una bocca… un viso umano. Rapidamente si rese conto che le casse erano bare, e che sicuramente in tutte c’era il morto.

Si avvicinò sull'orlo della porta; preferiva saltare che rimanere lì, circondato dai morti.

Riuscì a vedere che il treno stava attraversando una serie di campi coltivati, molti dei quali contenevano dell’erba appena tagliata, adatta ad attenuargli la caduta. Stava prendendo lo slancio per gettarsi di sotto quando sentì alcune fredde dita sfiorarlo dietro il collo.

Lanciò un nuovo urlo di terrore e saltò. Cadde su alcuni foraggi per bestie, rotolò, e dopo qualche giravolta rimase steso sull'erba. Il treno finì di transitare davanti a lui, allontanandosi col suo scoppiettio e perdendosi nell'oscurità.

Cummings si alzò piuttosto dolorante e si allontanò dalla via schiacciando sterpaglie, erbacce ed ombre.

Più avanti il terreno diventò meno disconnesso, e scrutando distinse un sentiero.

Nel cielo si allontanarono alcune nuvole, ed il debole splendore dalle stelle gli permise di vedere che stava camminando trasversalmente ad un vecchio cimitero.

Pose lo sguardo su alcune tombe, dalle quali parve riconoscere le foto di una donna, di un uomo e di alcune persone vecchie… Impietrito riconobbe i volti di…

Skraaaaaaaack, …un tuono secco e roboante risvegliò Peter, ancora angosciato dal sogno.

Macché, stavolta l’afflizione venne subito accantonata; volle tornare a pensare alla sua Kimberly e a tutta la  voglia di vivere di quel periodo.

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da gina il 14/03/2012 17:06:22

    Massimo, preferisci per caso le bionde?

  • Inserito da ines giolli il 14/03/2012 13:39:08

    sai coinvolgere.

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