Editoriale

Marchini sì, Marchini no; la destra indecisa

Potrebbe essere una soluzione ragionevole, se ricorderà il primato della cultura di cui Roma necessita

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

ra breve nell’Urbe si scatenerà una guerra di fazioni politiche come non ne vedevamo da quattrocento anni almeno. Tutti a cercare di occupare lo scranno del Campidoglio, molti dei quali senza aver la più pallida idea di cosa significhi governare Roma. Non prendo neppure in considerazione il Partito Democratico, la devastazione autolesionista operata da Ignazio Marino è stata sufficiente a porlo fuori gioco; non penso esista ormai un solo cittadino romano che creda più alla possibilità di una nuova figura degna di amministrare la città, proveniente da quelle fila. Le altre forze sono tutte in gioco, ovviamente pare per una incollatura a vantaggio del M5S. Il perché è facile da capire, il disgusto nei confronti della politica e dei suoi “praticanti” è ormai tale da spingere moltissimi in quella direzione.

Purtuttavia va detto che all’interno del Movimento Grillino esistono sporadiche ma valide persone che per lo più, e saggiamente, si astengono da una politica applicata.

Cos’altro resta? Il cosiddetto Centro Destra? Quella confusa babele sgomitante che in passato ha prodotto gli altissimi esempi di Fini e poi Alemanno? Non riesco proprio a vedere la seppur indubbiamente “tosta” Giorgia Meloni seduta in Campidoglio. No, scusatemi, la ragazza ha stoffa come “attivista” politica, come fosse un Salvini al femminile, ma non ha alcuna preparazione culturale che la possa rendere in grado di governare l’Urbe.

Sì, l’ho già detto e lo ripeto, perché nessuno ha, fino ad ora, compreso che la base necessaria per guidare questa città non è l’ideologia ma la cultura, non è la troppo vantata “militanza” a fare da discrimine ma la capacità e la competenza. Tremila anni di storia non sono uno scherzo e scusatemi, so che a qualcuno non farà piacere, ma la destra degli ultimi vent’anni ha fatto l’impossibile per non fare alcunché in campo culturale lasciando così alla sinistra di impadronirsene e devastare a suo piacimento, dalle scuole alle istituzioni.

Una destra settaria e chiusa non produrrà mai nulla se non il continuo rifarsi ai tempi nei quali “c’era Lui”. L’unica proposta che trovo sensata è quella avanzata più volte anche sui “social networks” dal Sen. Augello e che vede Alfio Marchini come possibile punto d’accordo per la destra. Naturalmente a tale idea si sono subito levati compatti gli scudi della “destra militante”, i duri e puri che, come sempre affetti da pregiudizio nei riguardi di chiunque non appartenga “anima et corpore” alla loro struttura ideologica, si rifiutano di andare oltre le barriere autoimposte.

Insomma un bel NO deciso a Marchini in quanto sarebbe colpevole di essere un “palazzinaro”, di discendere da una famiglia di sinistra, di essere indipendente e altre simili amenità. Mi permetto perciò proprio di riportare – e di condividere - quanto scritto da Augello in un suo post da una fonte tratta dal sito di “Ballarò”, su Facebook a tale proposito:

“Marchini è nipote di costruttori, ma non costruisce nulla e non è più neppure titolare di quote di imprese come la Cementir, perché le ha cedute dopo essersi candidato due anni fa. Sul piano dei contenuti ha espresso programmi molto simili a candidati civici del passato come Albertini a Milano e Guazzaloca a Bologna. Dal punto di vista politico si è schierato contro il pd e Renzi in un'intervista all'Espresso, poi confermata in altre circostanze, mentre si è detto disponibile ad accettare un'alleanza con Forza Italia. Il suo 25 per cento nel sondaggio è composto per la metà da ex elettori del centrodestra e per il 40 per cento da elettori che vengono da sinistra. Il rimanente dai cinque stelle. La sua definitiva rottura col pd risale a tre anni fa, quando rifiutò di partecipare alle primarie poi vinte da Marino. Da allora ha fatto un percorso civico guadagnandosi dieci punti alle elezioni comunali, rifiutando ogni apparentamento e alleanza con Marino e condividendo con noi diverse battaglie di opposizione. Con un romano su quattro che vuole votarlo, direi che varrebbe la pena provare almeno a verificare se sia disponibile ad un progetto condiviso. Anche perché direi che le nostre recenti esperienze di governo cittadino ci dicono che schierare una coalizione guidata dalla destra, cioè da uno di noi, non significa affatto affermare automaticamente uno stile di governo trasparente e al servizio dei cittadini. Il problema è che qui continuiamo a fingere che non sia successo niente mentre Marchini e cinque stalle fanno insieme quasi il 50 per cento perché proveniamo da due disastri amministrativi consecutivi. Di cui la gente ritiene responsabili gli indagati, ma anche chi non c'entra ma era lì a sostenere quelle esperienze. E in questa situazione non allearsi con un movimento civico di queste dimensioni, anche per aprire una nuova fase e riconquistare credibilità facendo un passo indietro, potrebbe essere un errore di presunzione. Ma magari, come qualcuno ironizza, a una certa età ho perso il fiuto politico... Però so contare e centrodestra più Marchini significa possibile vittoria al primo turno e sconfitta disastrosa per Renzi e Grillo.”

Ora trovo sinceramente incomprensibile da parte degli esponenti del “centro destra” valutare più le differenze che le uguaglianze, tenere in maggior conto una differente “genitura” di una capacità. La volta precedente nella quale Alfio Marchini si è presentato – da solo – mi ha colpito proprio il fatto di essere stato l’unico, ripeto, l’unico ad aver posto un’accento grave sull’importanza fondamentale e ineludibile che ha per Roma il campo Culturale, Artistico, Storico e tutto quanto ad esso legato. Non è quindi un caso se su di lui si è rivolta l’attenzione di numerosi nomi del mondo della Cultura, soprattutto di destra e liberali.

Ma si sa, così va questo mondo, il pregiudizio vince sulla ragione, l’antipatia sulla comprensione, la partigianeria sul bene comune, era così ai tempi di Dante, volete che non sia così ancora oggi? “Pecore matte” li chiamava il ghibellin fuggiasco. 

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