La Regina Elena

Cercò di scongiurare la guerra facendo appello alle regine d'Europa.

Bella, caritatevole generosa interpretò il suo ruolo accanto a Vittorio Emanuele con grande dignità

di Francesca Allegri

Cercò di scongiurare la guerra facendo appello alle regine d'Europa.

Bella, prestante, matronale, Elena di Montenegro consorte di Vittorio Emanuele III di Savoia ha attraversato un lungo periodo della storia italiana ed europea; una vita che ha conosciuto grandi gioie ed enormi lutti, come quella, per altro, di quasi tutte le persone che ebbero a vivere quei travagliati anni di grandi trasformazioni, che hanno cambiato il volto dell'Italia.

Elena nasce l'8 gennaio 1873 a Cettigne, allora capitale del piccolo stato del Montenegro e suo padrino è lo zar Alessandro II di Russia. La capitale, naturalmente, all' epoca ha ben poco in comune con le grandi metropoli europee: niente mondanità, né artisti, ma neppure quartieri industriali e operai. Lo stato si basa ancora su un' economia arretrata di stampo pressoché pastorale; suo padre, Nicola I, può cercare di giocare un ruolo internazionale di un certo rilievo non solo per la posizione strategica del Montenegro come baluardo ortodosso incuneato nel grande impero turco, per questo motivo sempre difeso e protetto dalla grane madre Russia, ma, e non sembri troppo strano, per quello che, nelle corti europee,  fu definito il flagello nero: sette statuarie, bellissime figlie, che sarebbero andate in spose ad altrettanti ottimi partiti delle varie corti europee. C'erano anche due figli maschi: l'erede al trono Danilo, che ispirò il personaggio omonimo dell' operetta La vedova allegra di Franz Lear, e Pietro il figlio cadetto.

Le ragazze dunque, proprio per poter un giorno sposarsi convenientemente, avevano bisogno di un'educazione adeguata ed Elena a dodici anni andrà al collegio  Smolny di San Pietroburgo, lo stesso che era frequentato dalle ragazze Romanov e dalle fanciulle delle migliori famiglie aristocratiche. Una formazione severa, attenta all' etichetta e a una rigida concezione morale e religiosa, ma anche studio della musica, della poesia e delle lingue. Elena, pur non essendo un' allieva eccezionale, profitterà al meglio delle lezioni; scriverà poesie con lo pseudonimo di farfalla azzurra, tanto che molti anni dopo a lei Puccini dedicherà la Butterflay  e, come ogni adolescente che si rispetti, si commuoverà sulle note di tristezze d' amour  di Chopin, poi sposata farà spesso da interprete per il marito, soprattutto per il Russo.

Destinata ad un matrimonio combinato ebbe, invece, quello che raramente toccava in sorte ad una principessa della sua epoca: un matrimonio d'amore. Nulla sembrava più improbabile: bellissima, statuaria lei, mingherlino, quasi rachitico, lui. Vittorio Emanuele, poi, non aveva nemmeno il fascino  che spesso riscatta gli uomini non belli, ciò non significa naturalmente che non avesse doti personali di tutto rispetto. Educato con grande severità e rigore militare, privo quasi totalmente dell' affetto materno, era tuttavia sobrio,  impegnato, colto; fu uno dei numismatici più importanti della sua epoca e, nell'andare in esilio molti anni più tardi, lasciò la sua monumentale opera e la sua straordinaria collezione allo Stato italiano, ancora oggi, sebbene alcuni pezzi siano andati dispersi durante la seconda guerra mondiale, questa collezione, una delle più preziose al mondo, si trova presso le casse della zecca.

Fu Francesco Crispi, la cui famiglia era di non lontane origini greco-albanesi, a tessere la tela che doveva unire i due giovani; si incontrarono, come per caso, a Venezia a una grande esposizione d'arte nel 1895 e poi a Mosca in occasione dell'incoronazione di Nicola II. Subito si piacquero; che la ragazza alta e formosa, dal volto dolcissimo, facesse colpo era prevedibile, meno certo invece era  che lei fosse impressionata dal Principe italiano, invece se ne innamorò; i motivi, del resto così intimi in una persona tanto riservata, rimangono ancora oggi oscuri. Forse fu l' intuizione che ambedue aspiravano ad uno stesso tipo di vita, oppure la sensazione che avesse sofferto per il disinteresse dalla madre, la mondana Regina Margherita, a risvegliare il suo fortissimo senso materno, oppure Elena era una di quelle rare, felici e fortunate persone, che riescono a farsi piacere quello che ritengono essere il proprio dovere.  Il matrimonio, altamente soddisfacente per tutte le parti in causa, fu dunque deciso, anche se per la ragazza dal forte spirito religioso comportò l'abiura alla regione ortodossa per abbracciare il cattolicesimo; abiura che deve esserle costata non poco e che tenne lontana sua madre dalle cerimonie per le nozze, che furono, il 24 ottobre 1896, come è ovvio, adeguate al rango, anche se non sontuose,  soprattutto per la sconfitta italiana ad Adua che era avvenuta poco tempo prima.

Seguono alcuni anni felici, i due principi, ancora non gravati dalle responsabilità di governo, conducono una vita che li soddisfa pienamente, appartati e sobri, partecipano il minimo indispensabile alla vita di corte e per niente alla vita vita mondana che non riveste per loro alcun interesse. Poi la tragedia il 29 luglio del 1900, mentre stanno navigando nel Mediterraneo sul panfilo Jela, la notizia che Umberto I è stato assassinato nell'attentato dell'anarchico Bresci ed è morto. La loro vita cambia di colpo, la regina Margherita si ritira in secondo piano e i loro impegni si fanno più pressanti, ma lo stile è completamente diverso. Non più sontuosi ricevimenti con poeti e artisti, abiti sfarzosi, vita di società; la coppia reale addirittura lascia il Quirinale per vivere in campagna, a villa Ada, una vita più semplice possibile, vita che molto si addice alla giovane regina. Nei primi anni l'unico cruccio della coppia è la mancanza di figli, poi nascerà la primogenita Jolanda e in seguito Umberto e dopo le altre sorelle Giovanna, Mafalda e Maria.

Con l'inizio del regno del marito la personalità di Elena si delinea in modo più concreto, della sua sobrietà, semplicità e riservatezza abbiamo detto, ma l' aspetto determinante è la sua capacità e il suo desiderio di venire in aiuto ai sofferenti. Elena ha la vocazione, più che del medico, dell'infermiera, intendendo il termine nel suo senso più nobile di persona che sa prendersi cura dei sofferenti, molto al di là della prassi che obbliga le principesse e le regine a visitare luoghi di dolore: orfanotrofi, carceri e soprattutto ospedali. Inoltre Elena possiede una grande intelligenza organizzativa e ne darà prova per esempio durante il terribile terremoto del 1908, quello che colpì  Messina. Subito presente non lesinò alcun sacrificio personale  e seppe portare un sollievo non formale, ma effettivo ai terremotati. Tuttavia non solo nelle grandi catastrofi dette il meglio di sé, era pronta ad aiutare tutti quelli che a vario titolo incrociavano la sua strada dai vecchi degli ospizi, ai malati degli ospedali, dai feriti della prima guerra mondiale ai bambini bisognosi  Ella stessa diceva che non le era mai capitato di incontrare un bambino senza capirne immediatamente l' animo e riconoscerne i bisogni e le necessità. Si adoprò molto anche per sconfiggere alcune malattie come l' encefalite letargica e il morbo di Parkinson, favorendo e finanziando studi su quella che all' epoca era definita la  cura bulgara, apprezzata da medici  non solamente per la naturale piaggeria nei confronti di una regina.

Non era tuttavia solo una specie di suora laica di carità, ma una donna vivace alla quale piaceva, e molto, anche divertirsi e che divideva i suoi amatissimi passatempi con il marito e l'intera famiglia. Con Vittorio Emanuele amava fare gite in automobile, una vera novità all' epoca e, quando gli impegni lo permettevano, andavano anche senza una meta precisa, solo per il piacere di guidare, poi la pesca la sua grande passione. Era una vera esperta, che andava ben oltre il dilettantismo, sia laghi e fiumi di montagna sia il mare non avevano segreti, i suoi equipaggiamenti erano stupendi e  spesso si trovò addirittura a donare reti adeguate a vecchi pescatori; durante le vacanze estive spesso non disdegnava di organizzare vere e proprie gare con gli altri componenti della famiglia, figli e nipoti. Tutto sommato una vita serena, anche perché sia per l' educazione che aveva ricevuta sia per espresso desiderio del marito non partecipò mai alla travagliata vita politica della epoca sua. Dopo l' avvento del fascismo pare che provasse antipatia per Mussolini e che fosse pienamente ricambiata, ma non disdegnò tuttavia di inviare a Donna Rachele i migliori medici quando la figlia Anna Maria fu colpita da un grave attacco di poliomielite. Elena compare raramente sulla scena pubblica e non prende posizione, anche per questo i rapporti con la più combattiva nuora Maria Jose non furono sempre facili. L'unica iniziativa che di lei si ricorda fu il tentativo di opporsi alla guerra; con una famosa lettera alle regine del 27 novembre 1939, si rivolge alle sovrane di Belgio, Jugoslavia, Bulgaria, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo, stati ancora non belligeranti, chiedendo aiuto e solidarietà per cercare di impedire quella che certamente sarà una catastrofe immane. Pare che Mussolini si sia molto risentito per questo tentativo, del resto piuttosto velleitario, che non ebbe alcun buon esito.

Come durante il primo conflitto, anche durante il secondo Elena si adopererà per mitigare le sofferenze del popolo, ma i suoi sforzi saranno assai difficili da indirizzare perché questa volta, a differenza dell'altra, il disastro non riguarda, seppure in proporzioni orribili, solo i soldati al fronte, ma l' intera massa della popolazione: donne, bambini e vecchi compresi e, nel disastro comune, anche la fine atroce della figlia Mafalda, morta in campo di concentramento.

Dopo la guerra l'esilio tristissimo prima  ad Alessandria d' Egitto e, poi dopo la perdita del marito, in Francia a Montpellier nel tentativo di curare il cancro che la ucciderà nel 1952. Sia in Egitto sia in Francia non rinuncerà né alle opere di bene né all'amatissima pesca che continuerà a praticare fin all’ultimo. In Francia i bambini la ricorderanno come la dame au bonbon, la signora delle caramelle, perché non aveva perduta l' abitudine  di farsi cucire una grossa tasca dove teneva piccoli dolciumi da regalare ai bambini che via via incontrava. Ci sembra giusto ricordarla con le parole dell' onorevole Gronchi, Presidente della Repubblica, al momento della sua morte:...questa Camera repubblicana poteva e può...compostamente tributare un omaggio rispettoso a una donna nobilissima,  che la sua posizione regale mise a profitto soltanto per irradiare luce e opere di bontà... e sempre dimenticandone i fasti, le convenienze e talvolta gli intrighi per apparire semplicemente donna e madre.

Allora una figura senza ombre, purtroppo non possiamo crederlo del tutto, Elena, seppure donna buona della bontà dell' intelligenza, ebbe le sue manchevolezze. La più grave è aver accettato di abbandonare Roma dopo l' armistizio dell'8 settembre, tradendo il suo popolo e se stessa, inoltre non si oppose al marito che vietò al figlio Umberto di rimanere nella capitale, togliendo così l' ultima possibilità di riscatto a una monarchia tanto fortemente compromessa con il regime. Avrebbe potuto opporsi? Non lo sappiamo, ma sappiamo che in quegli stessi anni un' altra regina rifiutò di allontanarsi da Londra esponendo se stessa e le proprie figlie ai bombardamenti tedeschi e dando prova così di una forza regale che purtroppo in questo caso non può essere riconosciuta  a Elena, che pure in altre occasioni non aveva fatto molto conto di sé.

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