Parla Valentuomo

Wolfgang Münchau per http://www.ft.com/ 14 luglio 2015

Questo fine settimana le certezze che molti di noi avevano sono miseramente naufragate. I creditori hanno costretto Alexis Tsipras a subire una sconfitta imbarazzante, imponendo alla Grecia un duro programma di riforme. Ma l’effetto più sconcertante di questo braccio di ferro politico e finanziario è la fine dell’eurozona così come la conoscevamo finora: i creditori, infatti, hanno demolito l’idea che l’unione monetaria fosse un passo verso l’unione politica. Si tratta di un gesto che riesuma le lotte nazionali per il potere sull’Europa tipiche del diciannovesimo e della prima parte del ventesimo secolo. L’eurozona è stata degradata a un sistema monetario malato, i cui pilastri sono il tasso di cambio fisso e una moneta unica creata per favorire gli interessi tedeschi. La colla del sistema è la prospettiva di un annientamento totale per tutti quei paesi che oseranno opporsi dal pensiero dominante. L’unico elemento positivo emerso dallo scorso week-end è la brutale onestà di chi sta preparando questo cambio di regime. La novità non è stata la capitolazione di Atene, ma il fatto che la Germania abbia formalmente offerto a un paese membro di uscire dall’euro. L’accordo a cui si è arrivati ieri non ha affatto escluso l’ipotesi Grexit, anzi, lo spettro si ripresenterà al prossimo incidente politico e le cose che possono andare storte sono ancora molte, sia in Grecia che in altri stati europei. Ora ogni nazione che in futuro sfiderà l’ortodossia economica tedesca andrà in contro agli stessi problemi della Grecia. Cosa dovrebbe fare adesso Atene? Dimenticate per un attimo il dibattito economico degli ultimi mesi sull’austerity e sulle riforme strutturali e ponetevi questa semplice domanda: pensate davvero che un programma di riforme imposto con minacce politiche, che in più è stato appena bocciato da un referendum, possa funzionare? Anche le implicazioni per il resto della zona euro sono quantomeno problematiche. Presto ci chiederemo se questa nuova eurozona, che tiene sotto scacco i più deboli, sia davvero sostenibile. Fino ad ora il vero deterrente contro ogni defezione era l’impegno politico dei paesi membri. Se chiedete agli italiani perché si trovano nell’eurozona, pochi di loro vi diranno per i benefici economici: gli italiani vogliono fare parte del più ambizioso progetto di integrazione europea mai intrapreso fino ad oggi. Ma se togliete da questo progetto le aspirazioni politiche, la risposta potrebbe cambiare. Da un punto di vista puramente economico l’euro ha funzionato molto bene per la Germania e abbastanza bene per Olanda e Austria, nonostante abbia provocato un po’ di instabilità finanziaria in entrambe. Ma per l’Italia l’euro si è rivelato un disastro economico senza alcuna attenuante: la produttività del paese è rimasta virtualmente ferma fin da quando la moneta unica ha iniziato a circolare nel 1999. Se pensate che la colpa sia da attribuire alla mancanza di riforme strutturali, allora come mai l’Italia era riuscita a crescere abbastanza bene proprio fino a al 1999? Siamo sicuri che la maggior parte degli italiani continuerà a difendere la moneta unica nei prossimi tre anni? L’euro non ha funzionato nemmeno in Finlandia, nonostante sia considerata la campionessa del mondo delle riforme strutturali, la sua economia è naufragata dopo che Nokia ha perso il treno per restare tra i produttori di cellulari migliori del mondo. Non è nemmeno chiaro se l’euro sia sostenibile per Spagna e Portogallo. La Francia, invece, era partita bene durante il primo periodo di unione monetaria, ma negli ultimi anni anche lei deve fare fronte a un inesorabile deficit nei conti pubblici. Insomma, non è solo la Grecia il problema dell’eurozona. Se si spoglia l’eurozona delle ambizioni di unione politica e economica, ne rimane solo un progetto utilitaristico in cui gli stati membri peseranno freddamente i costi e i benefici, esattamente come sta facendo la Gran Bretagna in vista del referendum per rimanere nell’Unione Europea. In un sistema di questo genere qualcuno, ad un certo punto, potrebbe rendersi conto che il gioco non vale la candela. E non ci sarà più nemmeno la volontà politica di andare avanti e salvare il sistema.

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