Editoriale

Fra le illusioni di Marino: aver migliorato la cultura a Roma

I dati dicono che come tutto il resto anche il patrimonio culturale langue e non viene sfruttato come dovrebbe, e neppure tutelato e valorizzato

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

no dei refrain più frequenti che leggiamo sul sindaco Ignazio Marino è che sotto la sua amministrazione la sola cosa migliorata sarebbe la Cultura.

Stando all’ultimo rapporto di Federculture presentato al conservatorio di Santa Cecilia alla presenza del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, non sarebbe proprio così; infatti la giunta capitolina investirebbe appena il 2,4% nel settore suddetto. 

Roma dunque seguirebbe le città di Firenze, Bologna, Torino e Milano nel fronte degli investimenti culturali e artistici.

Si è dunque passati da un investimento del 4% nel 2008, 4,5% nel 2010 ad uno del 2,4% nel 2014. Ovviamente la colpa è stata attribuita dal delegato alla Cultura e Turismo alla precedente amministrazione, quella di Gianni Alemanno, che in effetti non ha brillato di certo nel campo artistico culturale.

A ciò si aggiunge l’indagine condotta da Confcommercio Roma, Anec Lazio e Agis Lazio sulle circa duemila imprese operanti nel settore dello spettacolo a Roma, per un volume d’affari di circa centocinquanta milioni di euro.

Stando a tale ricerca ben il 54,1% delle imprese segnalerebbe una diminuzione dei ricavi e soltanto il 6% circa delle imprese avrebbe registrato un incremento dell’occupazione nell’ultimo triennio, che risulterebbe invece diminuita in più del 26% tra teatri e locali cinematografici.

Il presidente di Confcommercio Rosario Cerra sostiene che: “occorre ripensare il sistema culturale romano nella sua complessità, favorendo un rapporto tra pubblico e privato che invece fino a oggi ha subito ‘distorsioni’ da parte delle amministrazioni che hanno frenato lo sviluppo delle imprese, primi tra tutti cinema e teatri” aggiungendo un’ulteriore nota diretta sempre all’amministrazione capitolina: “Noi non siamo un museo a cielo aperto, ma un palcoscenico su cui o mettiamo qualcosa che si muove o la città muore”.

Certo, Marino ha intuito che per farcela in questo settore così particolare è ormai assolutamente necessario rivolgersi ai privati. Bene, ma non basta. Siamo molto lontani da tutto quel virtuoso agire nell’immenso patrimonio storico artistico della Città che potrebbe essere messo a buon frutto se soltanto fosse affidato a persone capaci e competenti in grado di trasformare luoghi e opere unici in ricchezza comune.

Questo va fatto non dopo le strade, non dopo la sicurezza, non dopo tutto il resto perché un “di più”, ma insieme  a tutto quanto serve alla città perché intimamente e sovranamente connesso con essa e la sua popolazione. Intanto il Giubileo s’avvicina e ben poco ci sarà da giubilare in una città che invece d’essere il Cuore del Mondo è stata ridotta a ben altro organo, molto più basso, da un’ennesima amministrazione inadeguata che non è stata in grado di comprendere quanto scrisse John Keats : “una cosa toccata dalla bellezza è una gioia per sempre”. Temiamo che la Bellezza di Roma non sia mai stata sfiorata dall’attuale sindaco

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