Fantascienza o prossima realtà

La dittatura dei medici immaginata negli anni '70 potrebbe esssere l'inquietante metafora del nostro mondo tecnocratico

Urania pubblica per la prima volta in Italia il romanzo fantastico di Ward Moore

di Nunziante Albano

La dittatura dei medici immaginata negli anni '70 potrebbe esssere l'inquietante metafora del nostro mondo tecnocratico

Anno 2055. Sono passati vari decenni da quando una catastrofica guerra batteriologica ha sterminato il sessanta per cento della popolazione mondiale. I superstiti si sono stretti attorno ai loro salvatori, i medici, che nel giro di poco tempo diventano la nuova classe dirigente di una società mondiale che finisce per ruotare attorno a un’ideologia medicale e salutistica sempre più totalitaria. La gente deve sottoporsi continuamente a controlli medici ordinari e straordinari, centri sanitari in perfetta efficienza si incontrano a ogni angolo di strada, portare appresso la cartella medica è un obbligo assoluto, mentre qualunque malattia o disfunzione deve essere immediatamente dichiarata e tassativamente curata, compresa ogni forma di “disadattamento” psichico, vero o presunto che sia. Insomma la Iatrarchia, questo il nome del nuovo regime (il cui emblema è l’antico simbolo del caduceo, il bastone di Mercurio con due serpenti intrecciati), vuole tutti i suoi cittadini sani, pacifici, soddisfatti e “integrati”.  

A tale scopo non si limita a sviluppare la scienza medica e imporla a tutti ma regola minutamente e inflessibilmente ogni aspetto della vita degli individui. Così, precoci selezioni genetiche e attitudinali stabiliscono chi dovrà studiare per diventare medico e chi, ad esempio, giardiniere, tecnico o architetto. Neanche il matrimonio e la procreazione sfuggono al rigido controllo del governo che autorizza le unioni in base a rigidi criteri di “compatibilità” ed “equilibrio” della coppia e stabilisce se, quanti e quali figli potrà avere. Perfino la vecchiaia e la morte sono disciplinate da un regime che obbliga gli anziani a entrare in efficientissime case di riposo e dopo una certa età li “tanatizza” per legge. Naturalmente fumo, alcool e droghe sono assolutamente proibite e il coprifuoco che scatta alle ventitre impedisce ogni vita notturna, che del resto sarebbe ben poco “salutare”.

Il rispetto delle regole è affidato alla Medipol, la polizia medica, mentre i casi più gravi sono di competenza dei Tecnocustodi, un inquietante corpo speciale di cyborg dotati di armi micidiali. Insomma, nella Iatrarchia, a dispetto della conservazione formale dei “diritti civili” e di “libere elezioni”, la politica si riduce a una sorta di gigantesco Trattamento Sanitario Obbligatorio e la società si divide in due caste ben distinte: i Pazienti e i Medici. Naturalmente, come in ogni regime, non mancano piccoli gruppi di marginali o antisistema. I protagonisti, in particolare, fanno parte degli Anormali, così definiti dal regime perché ne rifiutano le regole e sono quindi considerati degli alienati da “curare” o, nei casi più gravi, da “tanatizzare”. Larch e Shelby sono degli Anormali perché svolgono attività sovversive, si amano e vogliono avere un bambino senza autorizzazione. Insieme a Jode, il coraggioso fratellino di Shelby, dovranno cercare di sottrarsi alle ricerche della Medipol e tentare di fuggire dalla Iatrarchia Americana per poter vivere finalmente insieme alla luce del sole e salvare al tempo stesso un prezioso microfilm il cui contenuto è una minaccia per la stabilità del sistema.

Sono questi lo sfondo e la trama del romanzo di Ward Moore I prigionieri del caduceo, appena pubblicato per la collana Mondadori Urania e reperibile nelle edicole per tutto maggio. Il libro, uscito negli Usa nel 1978, poco dopo la morte dello scrittore, è un inedito per l’Italia, dove Urania in passato aveva fatto già conoscere due racconti lunghi di Moore: Lot e La figlia di Lot, ora ripubblicati in appendice al romanzo.

Come nella migliore narrativa di fantascienza, questo romanzo unisce in un efficace equilibrio narrazione avvincente e riflessione sull’uomo e sulla società, intreccio avventuroso e immaginazione anticipatrice di una antiutopia possibile. Il ritmo della vicenda risulta così serrato senza però diventare frenetico, con l’opportuno alternarsi tra fasi drammatiche, colpi di scena e momenti di  riflessione, analisi o descrizione della società inseriti sapientemente attraverso il monologo interiore dei protagonisti o le discussioni tra i personaggi, senza che risultino mai posticci o noiosi.

Moore riesce anche a sottrarsi a certe semplificazioni manichee o a banalizzazioni fumettistiche sempre in agguato in una storia che oppone una minoranza di eroi positivi alla potente macchina oppressiva di un regime dispotico. Il mondo immaginato dall’autore è complesso e plausibile, dove sia nell’èlite al comando che tra le minoranze marginali si scoprono progressivamente articolazioni e sfumature. La casta medica è divisa tra fazioni in lotta per il potere, non manca chi sostiene almeno in parte le richieste degli Anormali, mentre si diffondono nel popolo vecchi e nuovi culti e nelle spettrali zone inabitate delle metropoli (causate dal crollo demografico) si muovono gli agghiaccianti Misericordiosi. Quanto alla gran parte della gente, dei Pazienti, non è certo una massa fremente e addolorata sotto un giogo malefico. Piuttosto essa si adegua pigramente alle esigenze del regime e ricambia con un consenso passivo i vantaggi che questo può concretamente offrire: ottime cure mediche a costo zero per tutti, delinquenza quasi scomparsa, abolizione di ogni rischio di guerra. In fondo, per la maggior parte di loro questo stato di cose sembra accettabile e la propaganda del governo ha facile presa. Pochi sembrano avere a cuore ciò che è venuto a mancare: l’autonomia delle famiglie, la libertà e la responsabilità degli individui, lo sviluppo dell’arte e della cultura (la iatrarchia promuove una sorta di cultura di Stato, monotona e banale, onde evitare “squilibri” sociali).

I prigionieri del Caduceo (Caduceus Wild è il titolo originale) fornisce un eccellente esempio di dittatura tecnocratica, ci presenta una plausibile forma di “totalitarismo morbido”, è un campanello d’allarme per una minaccia in realtà fortemente incombente sulle nostre società postmoderne. L’ossessione salutistica e la pretesa di “medicalizzare” l’intera esistenza in nome del “bene dell’umanità” è sotto gli occhi di tutti, come dimostra il duo de Turris-Fusco nell’ottima postfazione che segue i  testi di Moore, piccola, scintillante e affilata come un bisturi. Ma la dittatura medica è solo uno dei potenziali esiti dei fermenti totalitari all’opera nella nostra società, che con la sconfitta del nazismo e il crollo del comunismo non si è affatto liberata di certi rischi. Non  c’è che l’imbarazzo della scelta per scovare i potenziali germi liberticidi tra le ideologie che si diffondono ai nostri giorni, tutte che proclamano naturalmente di lottare per i “diritti umani”, il “progresso” o “il bene dell’umanità”: dal fanatismo ecologico e animalista all’inquietante ideologia del gender, passando per l’integralismo pacifista e l’intransigenza femminista (quest’ultima passata in pochi decenni dal proporre il contrario del maschilismo a realizzare un maschilismo al contrario) fino ai cultori del “mercato” che ci hanno inflitto nel giro di pochi decenni tre o quattro “crisi” distruttive come tsunami. E che dire delle vecchie buone religioni? Se l’integralismo islamico trabocca da ogni telegiornale, un piccolo ma non meno virulento integralismo sionista agita Israele e in tempi recenti si è alleato con un integralismo cristiano che dalla Bible belt è salito fin nelle stanze di comando della Superpotenza mondiale con le presidenze Reagan e Bush. E che pensare di una tecnocrazia europea di rara arroganza che a colpi di fatti compiuti e senza mai passare per la verifica elettorale ci schiaccia con una burocrazia soffocante e ci impone il culto dogmatico della moneta unica e dei “parametri di Maastricht”? Ma sempre, naturalmente, per il “bene dell’Europa”.

I prigionieri del Caduceo ci offre l’occasione di riflettere sul pericolo gravissimo che si nasconde nella perversa congiunzione di presunzione tecnocratica, arroganza filantropica e pigrizia e passività delle masse. Ma, cosa ancora più importante, il libro di Moore ci suggerisce anche dove attingere la forza e la speranza di sconfiggere queste minacce. Nell’unione di un uomo e una donna liberi, coraggiosi, capaci di guardare in faccia la realtà e decisi a rischiare per conquistarsi il diritto di crescere ed educare i propri figli. Nell’amore - quello vero - in definitiva.

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