La vita? Una 'enorme pupazzata'

Il “grande mascherato” di Pirandello incanta la Pergola di Firenze

Ottimo il “gioco di squadra” della compagnia teatrale che ha dato vita a una recitazione serrata e appassionante...

di Domenico Del Nero

Il “grande mascherato” di Pirandello incanta la Pergola di Firenze

Branciaroli-Enrico IV

La vita? Una “enorme pupazzata” o “fantocciata”. Parola di Luigi Pirandello, che per tutta la sua esistenza di geniale e in fondo solitario analista della condizione umana, scettico di freudismi vari eppure fenomenale scandagliatore dell’inconscio e  dei suoi inganni, autore “filosofico” osteggiato e beffeggiato dalla meschinità critica (e non solo) del solito Benedetto Croce,  non ha fatto che cercare di mettere in luce i meccanismi che muovono i “fantocci” che quasi sempre sono gli esseri umani, a parte due categorie assai particolari: i “forestieri della vita” e i pazzi. E il dramma Enrico IV in scena questa settimana alla Pergola di Firenze dopo una lunga e trionfale tournee su vari palcoscenici italiani, è il grande dramma del confine, estremamente labile, che separa “normalità” e follia: e soprattutto, mette in discussione e corrode quello che dovrebbe essere  una delle poche certezze umane: quella della identità, che come è noto é invece il bersaglio polemico preferito del grande scrittore siciliano.

E probabilmente Pirandello sarebbe del tutto soddisfatto di questa edizione, realizzata dal teatro  gli incamminati / CTB teatro Stabile di Brescia  e soprattutto del suo protagonista e regista,  Franco Branciaroli.  Per la collocazione scenica (scene e costumi di Margherita Palli)  Branciaroli sceglie l’atemporalità, soluzione sin troppo abusata oggi, ma che in questo caso non stona; sia perché il regista evita certe astruserie (a parte, forse, l’automobilina dallo sgradevole sapore tardoronconiano con cui arrivano sulla scena i visitatori di “Enrico”), ma anche con momenti di grande suggestione, come quello in cui il protagonista confessa ai  “servitori” che la sua follia (quella clinica, almeno) è da tempo cessata, con un fondale dietro cui campeggia una luna gigantesca che può richiamare l’allucinata novella siciliana di Ciaula scopre la luna;  o lo stridente contrasto tra i costumi medievali e alcune suppellettili e “marchingegni” tipicamente novecenteschi,  che fanno veramente del dramma del “grande mascherato” una vicenda che  sfonda il muro dei secoli. Molto ben calibrate anche le luci di Gigi Saccomandi,  che hanno contribuito ad una realizzazione scenica indovinata ed accattivante.

Ottimo il “gioco di squadra” della compagnia teatrale  che ha dato vita a una recitazione serrata e appassionante, mai sopra le righe e che  riesce a dare una perfetta dimensione scenica all’arrovellarsi e al “raziocinare a vuoto” dei personaggi pirandelliani, tutti “improbabili” come da copione. Spicca senza ombra di dubbio Lui, il “grande mascherato”, il nobile senza nome che un seguito a una diabolica trappola rimane prigioniero per dodici lunghi anni del personaggio impersonato durante la cavalcata in costume, l’imperatore Enrico IV del Sacro Romano Impero, l’avversario di papa Gregorio VII.   Enrico IV non è pazzo”, aveva dichiarato Franco Branciaroli, “è un attore che interpreta lucidamente il ruolo del re, vittima dell’impossibilità di adeguarsi a una realtà che non gli si confà più. È un ruolo che mi piace, è congeniale al mio carattere.”

Congeniale, senza ombra di dubbio: Branciaroli è perfetto sia nella posa “aulica” quando il mascherato recita la parte dell’antico sovrano, sia in quella amara e beffarda di quando invece cala la maschera, per rivelare però come ormai essa sia diventata parte integrante del personaggio stesso perché la vita non ha aspettato, e in quei lunghi dodici anni di autentica follia e  sfuggita tra le dita di chi non sapeva di viverla.

“L’aspetto davvero interessante, che emerge dalla recitazione, è la spietatezza del personaggio”, prosegue Branciaroli, “questa è una caratteristica che non è mai stata ben sottolineata: la finzione della pazzia da parte di questo signore viene perpetrata con spietatezza nei confronti di chi lo circonda, anzi si avverte proprio il grande piacere con cui lui adora ridicolizzare gli altri che gli stanno intorno.”

Senz’altro c’è anche questo elemento, per molti aspetti davvero inedito, sottolineato magistralmente  dal tono quasi di compiacimento con cui “Enrico”, una volta vendicatosi finalmente dell’antico rivale, pronuncia le battute finali.  Ma il grande mascherato è anche una vittima, anche se Branciaroli rinuncia a sottolinearlo più di tanto  (come faceva invece un altro grande interprete,  Salvo Randone) e comunque il personaggio emerge magistralmente in tutta la sua straordinaria complessità. Ottima anche la marchesa  Spina di Melania Giglio, che ha dato vita a un personaggio che non rinuncia al suo fascino nonostante l’assedio del tempo,  ma anche un plauso vivissimo a tutti gli altri attori, che il pubblico ha più che giustamente tributato. Ultime due recite nel fine settimana (oggi ore 20,45, domenica ore 15,45) assolutamente da non perdere.

 

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