Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un’opera per gentildonne britanniche. Dido and Aenes di Henry Purcell, forse il primo (e non di una lunga di serie) capolavoro del teatro in musica britannico, fu composta nel 1689 per la scuola di giovani di buona famiglia di Josias Prest, rinomato coreografo e danzatore. Purcell lavorò proprio basandosi sulle capacità artistiche delle allieve: ne uscì un’opera breve (circa un’ora) e compatta, senza grandi difficoltà esecutive soprattutto sul piano vocale ma ricca di scene d’effetto e numeri di danza. Il libretto del drammaturgo Nathum Tate si ispira al celebre e memorabile episodio del IV libro dell’Eneide virgiliana, ma con una innovazione degna di Lucano: elimina infatti l’elemento degli dei per sostituirlo con una scena di negromanzia. Non è infatti per decisione degli dei (a loro volta obbedienti al Fato) che il principe troiano deve abbandonare Cartagine e l’infelice regina, ma per l’invidia di un congrega di streghe, che mandano da Enea un folletto travestito da Mercurio a recare il presunto ordine di Giove .
L’opera di Purcell è approdata da ieri sera alla scene del teatro dell’Opera di Firenze, dove resterà per cinque serate sino al 10 marzo, abbinata a Le jeune homme et la mort, il balletto di Roland Petit dove una donna dall'abito giallo spinge un giovane in salopette al suicidio, per poi rivelarsi a lui come la Morte (musica di J. S. Bach)
Amore e morte formano dunque un vero e proprio dittico che ripropone un abbinamento antico quanto la letteratura e probabilmente quanto l’uomo. L’opera del musicista britannico è affidata alla regia di Marina Bianchi, che così “legge” la vicenda “Immagino Didone regina di Cartagine, come una donna potente, intelligente, forte nella gestione della rete degli affari pubblici ma estremamente fragile nella relazione privata. Enea è un eroe troiano, Enea arriva da fuori, dal mare, è lo straniero coraggioso, intrigante, diventa l’apparente possibilità per Didone di amare veramente, al di fuori delle ragioni di stato. Ma l’amore non appartiene alla sfera pubblica, l’amore non è civile, non soggiace alle regole se non a quelle dell’istinto e del cuore. Didone non può, ma soprattutto non vuole, rinunciare al suo stato di regina per aprirsi al sentimento amoroso quindi si fa abbandonare e si dà la morte.
Sembrerebbe per la verità una forzatura rispetto al libretto, ma si starà a vedere. Le scene e i costumi di Leila Fteita raccontano questo percorso drammaturgico: un palazzo moderno costruito dentro e sopra le rovine, con alcune colonne dal sapore di reperto archeologico: “Si legge tra le righe, in questo che è il Palazzo di Didone, nella fusione tra elementi antichi e contemporanei, l’emblematicità e l’assolutezza della storia che andremo a raccontare, una storia avvenuta in un altro tempo ma che potrebbe essere il nostro”, prosegue la regista.
Per quanto concerne gli interpreti, la regina di Cartagine è il mezzosoprano Josè Maria Lo Monaco, nel ruolo del principe troiano si alternano Leonardo Cortellazzi e Giuseppe Valentino Buzza (quest’ultimo il 3 e il 10 maggio); Belinda, sorella di Didone, è Francesca Aspromonte. Dirige Stefano Montanari.
“In uno studio, un giovane solo è in attesa. Entra la fanciulla che era la causa della sua infelicità. Lui si slancia verso di lei. Lei lo respinge. Lui la supplica. Lei lo insulta, lo schernisce e fugge via. Lui si impicca. La stanza sfuma. Resta solo il corpo appeso. Attraverso i tetti giunge la morte in veste da ballo. Si toglie la maschera: è la fanciulla. Allora, pone la maschera sul volto della sua vittima. Insieme, si allontanano attraverso i tetti”. Questo il soggetto, di Jean Cocteau, del balletto che costituisce il secondo spettacolo. La coreografia di Roland Petit, ripresa da Luigi Bonino, vede Alessandra Ferri nel ruolo della Morte, mentre in quello del giovane si alternano Yonah Acosta (1, 3, 5) / Denys Cherevychko (8, 10). Scene di Georges Wakhévitch , costumi di Barbara Karisnka.
Spettacoli: 1,3,5,10 marzo ore 20.30; 8 marzo ore 15,30.
Dido and Aeneas – soggetto:
ATTO I
Nel suo palazzo di Cartagine, la regina Didone è turbata. La sorella Belinda ne indovina la causa in una nascente passione per Enea, principe ospitato a corte dopo la distruzione di Troia. L’uomo, ora alla presenza della regina, le dichiara i suoi sentimenti; le ultime resistenze di Didone sono vinte, mentre il coro inneggia ad Amore e Beltà.
ATTO II
La maga, nella sua grotta, medita un piano per distruggere Cartagine: un temporale costringerà i due amanti, ora impegnati in una caccia, a rientrare a palazzo mentre un folletto, sotto le sembianze di Mercurio, inviterà Enea ad abbandonare Didone. Quando nel bosco si sentono i primi tuoni, tutti si dirigono verso il palazzo. Enea è invece bloccato dal finto Mercurio che gli intima, su ordine di Giove, di abbandonare Cartagine e riprendere il suo viaggio. A malincuore, decide che partirà la notte stessa.
ATTO III
Soddisfatta dell’imminente partenza dei Troiani, la maga si ripromette di continuare a perseguitarli anche in mare, scatenando una tempesta. Enea, che pur di disobbedire a quello che lui crede un ordine divino vorrebbe restare, è cacciato da Didone. La regina non può infatti tollerare che, anche se solo per un momento, abbia pensato di lasciarla. Partito Enea, muore tra le braccia di Belinda. Sulla sua tomba compaiono allora i Cupidi, invitati dal coro a spargere rose e a vegliare sull’anima di Didone.
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