Editoriale

La triste parabola del Dizionario Biografico degli italiani sotto la presidenza di Amato

Il presidente della Treccani raccoglitore di cariche, incarichi e vitalizi ora aspirerebbe alla presidenza della Repubblica

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

span lang="EN-GB">Con la preferenza espressa per Giuliano Amato quale presidente della Repubblica, Berlusconi si conferma ancora una volta un pessimo selezionatore di uomini. Ora invece di ripercorrere l’infinita parabola politica dell’uomo politico torinese eclettico e poliedrico, vi ripropongo un mio articolo del 2012, in cui esamino l’avvilimento politico su posizioni di sinistra e di estrema  subìto dal “Dizionario biografico degli italiani”, pubblicazione curata dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, all’epoca guidata da Giuliano Amato in uno del milione di incarichi ricoperti

In coincidenza con le solenni manifestazioni celebrative del centenario dell’Unità d’Italia l’Istituto della Enciclopedia Italiana presenta il I volume del Dizionario Biografico degli Italiani. Base e fondamento della pubblicazione è uno schedario bio– bibliografico, preparato per 35 anni e comprendente circa 400 mila schede, poi ridotte alla metà. Il criterio di fondo deve essere rappresentato «dall’abito dello storico avvezzo a guardare cose [,] fatti [e] uomini un po’ dall’alto, un po’ da lontano». A questa frase di Aldo Ferrabino nella prefazione è necessario ritornare nel giudicare i volumi più recenti (il 75°, il 76°ed il 77°), apparsi nel 2011 e nel 2012.

In essi, come emergerà dall’esame articolato, è evidente la involuzione nella scelta delle voci, dedicate con sempre maggiore frequenza a donne e ad uomini della sinistra non raramente estrema, del femminismo enfatizzato, dell’anarchismo più fanatico e del radicalismo più spiccato.

Ormai da molto tempo il Dizionario ha sfumato e man mano perdute le caratteristiche possedute e conservate nel lungo periodo della direzione di Alberto Maria Ghisalberti, maestro di vita e di scienza.

Si accentua di volume in volume la parcellizzazione delle schede con conseguente prolungamento della durata della pubblicazione, di cui non si riesce a prevedere la conclusione (anche se per la verità è stato avviato l’uso dell’inserimento di alcune schede nell’elenco informatico) e diviene più utilizzato il sistema analitico invece di quello, più sensato e logico in imprese editoriali così vaste, sintetico.

Spostando ora il discorso dal generale all’articolato, nessuno nel vol. 75° nega l’utilità di una citazione degli anarchici Bruno Misefari, Ettore Molinari e Luigi Molinari ma le 8 pagine loro dedicate appaiono una scelta ideologica più che una rivisitazione storica.

La sfasatura appare netta se si valuta lo spazio assai più contenuto riservato a due figure della coerenza e dell’assennatezza, con il … difetto del riformismo, come Giuseppe Emanuele Modigliani e Ugo Guido Mondolfo. L’impostazione cardine trova all’opposto una convalida eloquente con le voci di 2 pagine dedicate prima a Mario e poi a Rita Montagnana, di cui non vengono segnalati i motivi reali delle sua emarginazione dalla vita del PCI.

Il vol. vol. 76°, il primo preparato sotto la direzione di Raffaele Romanelli, conserva, rafforzandola la fisionomia spiccatamente di sinistra. Vengono ripercorse la vita e la carriera di Loretta Montemaggi, funzionaria del PCI e presidente del Consiglio regionale toscano nel 1975, di Augusto Monti, dapprima gobettiano, quindi, alla caduta del fascismo, militante del PCI. Suscita curiosità e interesse la vicenda miracolosa di Monti, che, incarcerato nel 1936 e liberato dal “bieco regime” nel 1939 «in condizioni di salute precaria», morirà nel 1966!

Appare senz’altro essenziale per lo sviluppo degli studi storici interplanetari la segnalazione, tra gli allievi di Carlo Morandi, di Alessandro Natta. Ed a proposito di storici, ad ulteriore convalida della sempre più netta sfasatura ideologica della pubblicazione, non possono non essere denunziate nel vol. 76° e nel successivo le omissioni di due studiosi della fama e del prestigio di Emilia Morelli e di Ruggero Moscati, cattedratici in diversi atenei italiani e da ultimo alla “Sapienza”. Avevano un imperdonabile ed insuperabile difetto: erano la prima monarchica ed il secondo liberale storico.

Per l’ultimo tomo, presente nella primavera del 2012 e contenente le voci da Morlini a Natolini, la penuria di modelli limita le segnalazioni critiche. Non mancano davvero gli uomini esempio, come il comandante partigiano Vincenzo (detto Cino) Moscatelli, come l’internazionalista Ludovico Nabruzzi (3 pagine), come il letterato Velso Mucci, per 3 anni (1956 – 1959) redattore e poi direttore del diffusissimo settimanale della federazione provinciale del PCI e come il militante antifascista bolognese Nino Nannetti, morto durante la guerra di Spagna.

E’ vero però che accanto alle voci dedicate a Claudio Napoleoni, intellettuale della c.d. “Sinistra indipendente” (4 pagine), e a Riccardo Napolitano, fratello del presidente della Repubblica, il cui progetto saliente è considerato «l’edizione italiana, per la Rai, dei classici cinematografici sovietici dei primi decenni del Novecento», figurano quelle, abbastanza misurate e corrette, su Ettore Muti e Arnaldo Mussolini e che il profilo biografico – politico di Benito Mussolini (14 pagine) è ricostruito, seppure in modo affrettato per gli ultimi anni, da uno specialista dell’autorevolezza di Emilio Gentile.

Dell’impianto ideologico, ormai dominante, sono testimonianza le schede, riservate a Primo Moroni (1936 – 1998) e a Giancarlo Nanni (1941 – 2010), uno dei più giovani biografati. Sul primo è essenziale sapere, a beneficio dell’umanità intera, che «non militò nei gruppi della Sinistra extraparlamentare formatisi dopo il Sessantotto ma, attraverso la [sua] libreria, svolse un’opera di collegamento e riflessione trasversale sulle lotte sociali e sui loro riferimenti storici, per l’intero arcipelago di gruppi e movimenti: dai suoi segmenti storici, anarchici e comunisti di sinistra, ai gruppi operaisti, autonomi, maoisti, situazionisti, internazionalisti, alle espressioni del nuovo femminismo radicale e dei movimenti di liberazione sessuale».

Per il secondo, regista, abbiamo dal contributo la fortuna di apprendere che possedeva un «atteggiamento anticonvenzionale e antiaccademico, inevitabilmente condizionato dal clima sessantottino», che «si allineava all’ondata del nuovo teatro europeo e americano di quel periodo con cui condivideva il bisogno impellente di uscire dai teatri istituzionali, ricercare un rapporto autentico con il pubblico nel tentativo «di cambiare la loro visione centrale in visione periferica» e rendere l’arte disponibile a tutti».

Gli obiettivi e gli intendimenti di Ferrabino sono remoti, quasi cancellati ma ad essere distanti e dimenticate risultano ad un esame obiettivo tante altre qualità e qualità è termine usato in senso altamente e fortemente positivo.

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