Nel Nordest la mafia non esiste

La fine di un’illusione di purezza pericolosa quanto l’ignoranza

Una Non-fiction novel per spiegare la mafia nel Nordest

di Ivan Buttignon

La fine di un’illusione di purezza pericolosa quanto l’ignoranza

La copertina del libro

Nel Nordest la mafia non esiste è la seconda fatica letteraria di Giulio Serra, giovane giornalista e copywriter veneto. Classe 1986, è direttore di “Portogruaro.Net” e collabora con “Il Popolo” e il “Corriere del Veneto”.

Il romanzo, con la preziosa prefazione di don Luigi Ciotti, si sta imponendo nel mercato letterario del genere Non-fiction.

Incuriositi dalla figura retorica espressa dal titolo – il “non” nella paralessi ha funzione contraria alla sua natura, quindi è come se non ci fosse – e soprattutto dall’argomento, la mafia!, inflazionato al punto tale da sbiadire il suo significato reale, l’abbiamo contattato e intervistato. Ringraziamo Giulio Serra per aver soddisfatto alcune nostre, in qualche caso provocatorie, curiosità.

Hai scelto un argomento a caso oppure un romanzo sulla mafia, soprattutto oggi, ha un senso particolare?

Oggi ritengo di assoluta necessità un libro che cerchi di aprire uno squarcio sul tema della mafia al nord Italia, e in particolare al Nordest. Credo infatti che questo argomento rappresenti un’urgenza quasi fisica per il territorio nordestino perché mai come oggi questa fetta di Italia sta soffrendo una crisi economica e sociale senza precedenti. Ed è proprio lì, nella crisi, che le mafie si innestano e trovano terreno fertile, uccidendo la piccola e media impresa, infiltrandosi nei giochi di potere e inquinando la buona economia con quella tossica dell’usura e del riciclaggio di denaro. Sebbene questi fenomeni siano ormai innestati da tempo qui al Nordest, tra i cittadini che lo abitano vi è ancora poca consapevolezza del fenomeno, ed è per questo che un libro in grado di illustrarlo è di fondamentale importanza.

Hai scelto Pordenone, città geograficamente friulana ma culturalmente veneta, come arena preferenziale. Perché? Secondo te è una location particolarmente esposta a infiltrazioni mafiose?

Ho scelto di ambientare questo mio romanzo a Pordenone perché rappresenta, in una sorta di città-emblema, la crisi dei nostri giorni e del Nordest in particolare. Lungi da me farne un discorso politico, ma è evidente che negli ultimi anni il Pordenonese, così come la maggior parte dei grandi tessuti produttivi nordestini, si sia svuotato in termini economici e finanziari. La piccola e media imprenditoria è saltata per aria, le grandi industrie hanno lasciato a casa decine di operai e gli investimenti di un tempo sono rimasti miraggi. Dove c’è la crisi, dove c’è una popolazione in crisi di idee e di energie, lì si infila la mafia; nonostante le buone politiche e gli sforzi dei Sindaci. È per questo che Pordenone, così come tutte le grandi città del nostro territorio, è particolarmente esposta, oggi, alle infiltrazioni o addirittura agli insediamenti mafiosi. E non parlo soltanto delle grandi mafie (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra), mi riferisco in primis a un sistema mafioso che può attecchire con forza: la mazzetta, il favore, il piccolo taglieggio, l’evasione fiscale,…tutti elementi che a una prima vista potrebbero apparire insignificanti ma che, se analizzati con cura, testimoniano un tessuto mafioso che in maniera galoppante si sta allargando ben oltre il Sud d’Italia.

In questo romanzo tratti un personaggio – lasciamo ai lettori il piacere di scoprire chi è – come fosse un mafioso solo perché vende dei lotti di terreni comunali a un imprenditore legato alla mafia. Poteva non saperlo. Perché sei stato così categorico?

Per certi versi questa mia risposta si collega alla precedente. Quando il protagonista scopre questo personaggio invischiato in questo tipo di operazioni non si stupisce tanto del fatto che l’amico sia entrato in affari con le mafie, quanto piuttosto che lo stesso sia ormai parte del tessuto mafioso di cui parlavo sopra, a prescindere che dietro alle manovre dell’uomo vi siano le grandi sigle mafiose o soltanto dei liberi battitori, per quanto loschi. È di questo che il protagonista si spaventa, ed è di questo che di colpo prende consapevolezza, più in generale: anche qui, nell’“immacolato” Nordest, il sistema mafioso delle tangenti e degli accordi sottobanco può attecchire!

Bene. Affrontiamo ora questioni più formali e meno rivelatrici della trama del tuo romanzo. Parte del ricavato derivante dalla vendita del libro sarà devoluto a Libera. È l’unica causa antimafiosa che fattivamente sposi o c’è di più?

Parte del ricavato andrà ad un’associazione che rappresenta oggi in Italia la massima espressione della lotta alla mafia. Il fondatore e testimonial simbolo di Libera è don Luigi Ciotti, il quale mi ha fatto l’onore di firmare la prefazione al libro. Don Luigi Ciotti spesso ripete che non è più tempo di parlare di mafia e antimafia. Entrambi, per lui, sono semplicemente dei “brand”, degli “slogan” ormai svuotati del proprio significato più intimo e naturale. Lui, piuttosto, dice che ognuno di noi anziché dire di NO alla mafia può dire NOI, ossia ha la possibilità di coinvolgersi e coinvolgere le altre persone sui temi mafiosi e sulla sensibilizzazione alla lotta alle mafie. Ecco, io nel mio piccolo sto cercando di seguire il suo esempio, dando parte del ricavato derivante dalla vendita del libro a Libera e svegliandomi ogni mattina con una semplice parola in testa: NOI.

Questo, tra l’altro, conferma la nostra teoria. Si specula così tanto sul termine mafia che il suo significato è ormai generico e quasi astratto. Forse abbiamo smarrito la percezione del sottile confine che separa la mafia dalla legalità. Proprio a questo proposito, per concludere, cosa ti auguri faccia il Governo attuale, o meglio un qualsiasi Governo italiano, per contrastare efficacemente il fenomeno mafioso?

Lo scorso febbraio il Governo Renzi stava per mettere sulla poltrona del ministero della Giustizia il magistrato anti-‘Ndrangheta Nicola Gratteri. Poi ci fu una retromarcia improvvisa e quella, personalmente, la avvertii come l’ennesima occasione persa per l’Italia tutta. Certo, di ricette non ne esistono e un solo uomo non può fare nulla contro quel sistema. Roberto Saviano, per esempio, è arrivato al punto di dire – in modo provocatorio, ovviamente – che la diffusione ormai globale della cocaina la si può combattere solamente legalizzando la droga. Ecco, nessuno credo oserebbe mai dire che la stessa provocazione la potremmo sfruttare anche parlando di mafia ma è un dato di fatto che a oggi hanno fallito tutte le lotte sperimentate in Italia e nel mondo: la repressione, le trattative, gli arresti dei pesci più piccoli, gli ergastoli per i capi clan, ecc. L’unica via possibile per tentare di mettere un argine a questa tragedia collettiva ritengo possa essere l’educazione scolastica dei nostri ragazzi. È da lì, infatti, che dobbiamo partire per ridare un senso a questo Paese, ripulendolo da un sistema marcio e corrotto che sfocia nel dilagare delle mafie. Mi auguro quindi che il Governo guardi ai nostri bambini e lavori con loro e per loro, creando iniziative dedicate, coinvolgendo gli insegnanti e i genitori, informando il mondo adulto sull’importanza della legalità. Perché più bambini di oggi acquisiscono il senso civico e meno mafiosi di domani gireranno per le nostre strade.Nel Norest la mafia non esiste

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da LINN il 21/11/2014 09:46:50

    Al di la' delle nostre polemiche sulla malavita che ha generato una mentalità dove solo l'opportunista e il frodatore hanno la meglio, restiamo noi incapaci di rifiutare energicamente qualsiasi forma di coercizione indotta dalla ferocia mafiosa.

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