Editoriale

I bronzi di Riace trattati come bambini senza sistema immunitario

La polemica sul trasferimento dei guerrieri bronzei all'expo non ha ragione di esistere

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

i siete mai domandati come mai le ultime generazioni presentino un così alto numero di individui soggetti ad allergie ed intolleranze a cose del tutto naturali? Da non medico mi sono dato una  personalissima risposta: perché le “vecchie” generazioni erano più sporche. Sì, giocando molto più in strada o nei prati, invece che alle console, forse acquisivamo un maggior numero di anticorpi, e le ferite, i graffi, le abrasioni erano necessarie per renderci più forti. Ora che non ci si sporca più di terra, fango e pozzanghere ma davanti ad un’asettica Wii l’organismo non ha più necessità di fortificarsi.

La stessa cosa accade con le opere d’arte. Ultimamente si è creata una vera e propria “paranoia” da parte di coloro che sono addetti alla loro tutela. Per secoli molti dipinti, sculture e manufatti sono stati esposti al pubblico senza problemi perché – proprio come per gli esseri umani – la vita di un’opera d’arte è reale e non “virtuale”. Secoli di candele hanno scurito gli affreschi, normale che sia così, centinaia di anni del fiato di pellegrini non possono aver intaccato il Cenacolo dipinto da Leonardo. Tutte iperpreoccupazioni immotivate dalle paure delle varie Sovrintendenze che, proprio come i genitori iperapprensivi che impediscono ai figli di giocare con la terra perché “sporca”, temono che le opere da esse tutelate siano molto più fragili di quanto in realtà non sono.

Lo stesso valga per i Bronzi di Riace. Ma smettiamola di considerarli degli soprammobili di bisquit! Esistono tutti gli strumenti tecnologici e adatti ad un loro trasporto in assoluta sicurezza in qualsiasi parte del mondo.

Altro è il discorso – che sinceramente mi lascia attonito – sul fatto che un’opera d’arte debba essere sempre “contestualizzata”. Ma chi caspita l’ha mai detto? Tanto per rimanere sul notorio, la Gioconda non ha un “suo contesto” perché è un capolavoro “universale”. Dipinta in Italia, venduta ( e non rubata, s’informi qualche sedicente critico d’arte che scrive ancora simili sciocchezze ) al Re di Francia da Leonardo stesso, dove avrebbe il “suo” contesto: Al Louvre? No, ovunque.

Diverso sarebbe nel caso di opere invece concepite per un ben preciso “luogo”. Non potremmo mai trasportare gli affreschi di Palazzo Tè, la stessa Sistina dipinta da Michelangelo o il Perseo del Cellini, non tanto per difficoltà ovvie ma in quanto opere concepite appunto per quei contesti e non altri.

Cosa che ovviamente non avviene per i Bronzi che sono “di Riace” esclusivamente per ragioni burocratiche e legislative.

Il perché di tante polemiche allora? Molto più semplice di quello che sia immaginabile dai vari “complottisti” e “dietrologi” da “Mistero”. Tutto questo è “gestito” da esseri umani, uomini con le loro meschinità, ambizioni, piccolezze e bramosie. Sono piccoli “giochi di potere” tra i direttori di musei, tra le sovrintendenze, tra i curatori dei beni artistici, tra i critici. Piccole guerre che però fanno grandi danni, danni inauditi al nostro patrimonio artistico, alla nostro cultura e anche alle nostre finanze perché bloccano, impediscono, vietano, preferendo chiudere e segregare ciò che – essendo rappresentazione del Bello – dovrebbe invece essere goduto da tutti.

Siamo un piccolo paese in mano a uomini intellettualmente minuscoli. 

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