Squisitezze a poco prezzo

Una variante euganea della polenta di castagne

Tante le possibilità di accostamenti con questo cibo povero ma gustosissimo dal sapore antico

di Piccolo da Chioggia

Una variante euganea della polenta di castagne

Il morbido impasto della polenta di castagne

Ultimamente l’idea di leggere romanzi e storie mi dà il senso penoso di vuoto e comunanza con tutte le povere anime in pena che verso sera arrivano alla libreria F. (non voglio dar troppi indizi) di Padova. Vedi i libri sfogliati e comprendi come difficilmente dalla lettura si possa avere un balenìo per idee nuove.

Prima di tornar in stazione e salire sui vagoncini del treno che mi riporta nella stamberga m’infratto lo stesso per abitudine in quella libreria centrale. Sfoglio libri di cucina e cerco di mandare a memoria qualche ricetta semplice da provare appena arrivo. Ora almeno limito la lettura alla sua controprova immediata e pratica. Questa volta è un ricettario regionale che scorro con le pagine. Ma non trovo quel che cerco.

Decido di mettermi di buona volontà a perfezionare una ricetta che la Sara Intingola aveva dato qui su Totalità su mia disperata richiesta: la polenta di castagne. Tempo addietro. Ora sono un maestro e do qui la mia versione: verso la farina piemontese a cucchiai, 5 o 6 per una dose da affamato solitario, nel bricco e con una presa di sale la amalgamo nell’acqua purissima del rubinetto. È acqua dei colli Euganei, molto petrarchesca, e scorre nominando Laura. Verso, perché temo sempre di restar colla fame e che mi manchino i grassi, un bel cucchiaio d’olio e.v.d’oliva, quando va bene e al mio supermercato ciozzoto vi è l’offerta buona, o, in caso contrario, di ottimo olio di mais garantito non ogm.

Mescolo col cucchiaio badando a non lasciar grumi. È una bella arte e ci si meraviglia della crema che sorte fuori: liquida ma non troppo acquosa, fine  e di bel colore bruno chiaro. Metto il bricco sul fuoco e rimesto fino a che, in cinque o sei minuti il composto inizia ad addensarsi. Verso se necessario dell’acqua, poca in realtà, da un bicchiere per allungare la pastella e renderla facilmente rivoltabile ai miei robusti colpi di cucchiaio. Ciò fino a che non si vede che il composto si è asciutto ed è consistente come quello d’un budino rustico. Spengo il fuoco e qui è il coup de maître che mi ha insegnato un Pistoiese: spicco un quadratino di burro dal panetto solito e lo affondo nel budino ancora nel suo bricco. Questo inizia a fondere e disperde un grato profumo di panna e latte intorno: si mescola fino a che il burro sparisce nella massa bruna del budino. Verso nel piatto.  Attendere che la vivanda sia fresca o fredda va bene tanto quanto consumarla ancora calda. Con il burro essa basta a sé medesima come dessert o intermezzo pomeridiano.

Ma si accompagna molto bene a cacio di varie sorti compresa la modestissima ed economica mozzarella che nel supermercato di cui sopra è di origine tirolese e non ogm. In questo caso condire la mozzarella con olio e aceto e sale come fanno i tedeschi e insaporirla con un cucchiaino di pesto alla genovese costituisce l’appetitosa variazione che diviene un pasto effettivo. Con il cavolo questa polenta di castagne il cui nome sulla montagna pistoiese e modenese è “farinata” è altrettanto perfetta. Idem con gli altri ortaggi dal sapore consistente come radici amare, erbe di campo etc.

Malgrado il prezzo elevato della farina è una preparazione economica perché estremamente nutritiva. La farina si attesta sui 3 euro e mezzo ma serve a quattro lauti pasti che non lasciano ambiguità sul senso del sentirsi sazî. Casomai eccitano la golosità. Che nel mio caso diviene esplosiva. Sono divenuto il massimo consumatore di questa farina sotto l’orologio del Dondi...

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