La pozione magica

Silenus e Pegea, ovverosia la storia d'amore, odio e mistero fra un satiro e una ninfa -I Parte-

di Il Raccontafavole

Silenus e Pegea, ovverosia la storia d'amore, odio e mistero fra un satiro e una ninfa  -I Parte-

In un bosco incantato, tanti e tanti anni fa, abitava un satiro di giovin aspetto il cui nome era Silenus.

Egli divideva il suo giaciglio con un lupo di paglia, chiamato Fructus, che le innumerevoli fantasticherie dei bambini avevano reso di carne ed ossa.

I due, non trascorreva giorno, che non fossero visti insieme o, a coltivare il grande vigneto o, a pescare nei tanti laghetti che le sterminate piogge autunnali avevano creato.

Un giorno, da solo, durante un giro di perlustrazione nei viali della vigna, Silenus sentì cantare soavemente in prossimità di un ruscello una bellissima ninfa.

Dapprima, acquattato dietro i rigogliosi cespugli boschivi intento a scrutare senza essere visto, dopo distratto viandante che fingeva stupore alla vista della dolce creatura, ebbe a fermarsi innanzi al suo cospetto e salutarla:

-       Salve, bellissima ninfa del ruscello, qual mai sarà il tuo nome?

-       Pegea è il mio nome, imbarazzato satiro, Pegea… E sai una cosa, ebbi a vederti nascosto come volpe in attesa della preda, intento a spiarmi mentre gorgheggiavo la mai melodia  

A quel punto Silenus colpito nell’orgoglio replicò che “sì sei una bella naiade, ma come te ne esistono tante e anche la tua voce alla fin fine non è poi così speciale”.

La ninfa, non se la prese affatto nell’ascoltare quelle parole e, anzi, spiegò al satiro le parole tristi di quella canzone non prima però di aver conosciuto il nome dello sconosciuto:

-       Caro Silenus, il confine del territorio in cui vivo è delimitato dallo scorrere di un grande fiume ove spesso prima mi bagnavo assieme alle altre ninfee.

Ma, da due settimane, le sue acque sono divenute putride come le sabbie mobili al centro del bosco, e se alzi un attimo la testa al cielo, cercando per un istante di non fissarmi, noterai che il cielo è scuro come la notte senza stelle.

Promettimi che investigherai su tale funesto cambiamento.

Silenus, ormai perdutamente innamorato di Pegea, non fece finire la frase alla bellissima ninfa che già era a cederle oltre al suo cuore anche il suo totale aiuto.

Il satiro rincuorato anche dall’interesse mostrato verso di lui da Pegea, garantendogli l’amore totale in caso di risoluzione della vicenda, s’incamminò di buona lena verso le sponde di quel fiume tenebroso e fetido coperto da un cielo vieppiù scuro come il fondale di un pozzo di notte.

Intanto, raggiunto da Fructus, decise di continuare da solo la sua ricerca, ordinando al cane di stare vicino a Pegea e di difenderla in caso di necessità.

Dopo qualche ora di cammino Silenus, sentì un “psssss;psssss” proveniente dal ramo di un albero secolare: era una gazza di nome Melupina, che rivolgendosi al satiro ebbe a dirgli:

-       Io ho la bellezza di 103anni e mi sento come un giovane, e il mio cervello ancora si ricorda di tutto, ma proprio tutto

Il fauno incuriosito spiegò perché si trovasse lì nei pressi del fiume e, non sprecando tempo inutile, chiese alla gazza se per caso avesse saputo niente dell’imputridimento delle acque e della continua oscurità del cielo.

“ Se ne so qualcosa? -Rispose l’uccello-

Ne so più io dell’oracolo dei boschi. Tutto è iniziato circa due settimane orsono, quando sotto quella pianta di mele giunsero due appassionati amanti umani, che dopo tre giorni di profondo amore ebbero a decidere di lasciarsi, anzi fu lei che prece tal decisione, spezzando il cuore dell’uomo.

Quest’ultimo, di nome Ofonoconte, disperato e travolto dal dolore si recò dalla strega dei boschi Gallizia, una bellissima donna dall’età sconosciuta, alla quale raccontò la sua disavventura.

La fattucchiera, allora, mise nelle mani dell’uomo una pozione magica e gli ordinò di berla ogni 200mt, senza interrompere il rituale.

Ofonoconte, deglutì l’amarissimo infuso e uscì di gamba lesta, sorseggiando ogni 200mt quel beveraggio e ogni volta che lo faceva si dimenticava sempre di più del suo grande amore per Dorafontana la sua amata. Giunto quasi a ridosso della donna, Ofonoconte, sembrò essersi completamente dimenticato il suo grande amore per lei e, sicuro di sé, giunto al suo cospetto la invitò ad ascoltare ciò che aveva da dirle.

Prese fiato, ma d’un tratto da dietro un rovo uscì un bellissimo giovane che cinse a se Dorafontana e la baciò appassionatamente.

Ofonoconte, disperato sulla riva del fiume, perse tutta quella sicurezza derivata dal filtro, e cominciò ad avere forti dolori allo stomaco, così possenti che lo costrinsero a vomitare una poltiglia scura e maleodorante che andò a finire nelle acque, mentre guardando verso il cielo lo maledì più volte, e maledì la luce che esso emanava e che metteva in risalto i due amanti nudi che facevano l’amore…

Praticamente. quella pozione, altro non fece che fargli vomitare il suo grande amore per Dorafontana, trasformando il tutto in qualcosa di putrido e scuro, tenebroso e malefico...

Ecco, da quel giorno in questa zona domina il buio del cielo e il corvino putrefatto del fiume.”

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