Le pieghe della storia

La questione ebraica in Italia durante il fascismo

L'antisemitismo razziale non ha mai appartenuto alla cultura del nostro paese

di Ivan Buttignon

La questione ebraica in Italia durante il fascismo

In Italia, i rapporti tra gli ebrei e il fascismo sono parte di una lunga e più articolata storia. Quella dell’unificazione nazionale.

Sono rapporti che scorrono sulle guerre risorgimentali e non solo quelle, via via fino al “Regime di Mussolini”.

Certo, non è che tutti gli ebrei filorisorgimentali e patrioti (e quanti ce ne sono!) si schierino compatti con il Regime. No. Ma che larga parte dei soldati israeliti della Quarta guerra d’Indipendenza (come al tempo è impropriamente chiamata la partecipazione dell’Italia alla Grande Guerra) si immergano nel liquore inebriante della dittatura fascista è una evidente realtà.

Rispettiamo la cronologia e partiamo proprio dal Risorgimento, momento in cui, come ben spiega Volli, “la causa degli Ebrei è più che mai legata a quella dei patrioti italiani: se un governo reazionario crolla, le leggi antiebraiche vengono abrogate”[1].

Gli ebrei partecipano entusiasticamente alle società segrete e alle rivoluzioni dei primi anni Venti e Trenta. In tutta la Penisola e nonostante la maggiore severità riservata ai patrioti di fede mosaica dai tribunali reazionari[2]. La figura di Mazzini fa breccia nei cuori di molti israeliti che contribuiscono così alla diffusione del suo pensiero, in clandestinità come in esilio[3].

Abbracciando le armi nelle file piemontesi, gli ebrei italiani infrangono il mito secondo cui il corpo ufficiali rappresenta una casta reazionaria e fortemente aristocratica. In altre realtà nazionali, invece, gli ebrei sono esclusi (per esempio in Germania e in Russia) o tollerati con qualche riserva (è il caso della Gran Bretagna e della Francia)[4].

Mentre i soldati ebrei coscritti sono proporzionati alla popolazione (1 su 1000), i volontari superano di gran lunga questo rapporto[5].

Molti anni dopo sarà Ezio Garibaldi, nipote dell’Eroe dei Due Mondi, in aperta polemica con il direttore della rivista “La difesa della razza” Telesio Interlandi a confermare le cifre degli ebrei garibaldini del 1860. E siamo in piena campagna razziale[6].

L’apporto ebraico durante le guerre coloniali è altrettanto importante. Nella guerra italo-turca gli ebrei incassano la bellezza di “due cavalierati dell’Ordine militare di Savoia, 6 medaglie d’argento, 17 medaglie di bronzo e moltissimi encomi solenni”[7]. Nella Grande Guerra gli ebrei si dimostrano eroici e “nazionali”. È la prova del fuoco che li inizia allo status di Italiani, riconoscimento peraltro più che meritato. La forza d’urto ebrea conta 5.500 unità circa e almeno 250 morti. Le decorazioni al valor militare sono numerose: 5 medaglie d’oro (una delle quali dedicata a Roberto Sarfatti, figlio della biografa del Duce), 207 d’argento, 238 di bronzo e 28 encomi solenni[8]. A Trieste, la verve irredentista ebraica fa la parte del leone[9].

E a proposito di irredentisti ebrei, nell’impresa dannunziana se ne contano ben 79. Uno di questi è l’allora maggiore Giovanni Messe, tra i fondatori dell’Associazione tra gli Arditi d’Italia[10]. Il Vate li elogia pubblicamente e condanna senza mezzi termini l’antisemitismo.

I rapporti tra gli ebrei italiani e il fascismo iniziano a delinearsi il 23 marzo del ’19, momento solenne della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento e data di nascita del fascismo italiano. Tra i 119 fondatori dell’organizzazione mussoliniana a piazza San Sepolcro di ebrei ce ne sono 5 (e ricordiamo la proporzione demografica di 1 ebreo ogni 1.000 abitanti). E’ Cesare Goldmann, presidente dell’Associazione degli interessi commerciali e industriali nonché ebreo, a fornire la sala per l’occasione[11].

Al suo primo discorso alla Camera, Mussolini ricorda “il sacrificio di sangue dato dagli ebrei italiani [...] largo e generoso”[12], e subito dopo dalle colonne del “Popolo d’Italia” spiega che “...in Italia non si fa assolutamente nessuna differenza fra ebrei e non ebrei, in tutti i campi, dalla religione, alla politica, alle armi, all’economia... La nuova Sionne, gli ebrei italiani, hanno qui, in questa nostra adorabile terra, che del resto, molti di essi, hanno difeso, eroicamente, col sangue”[13].

Tra i martiri della causa e della rivoluzione fascista ecco tre ebrei, tutti morti tra il ’19 e il ’22 durante gli scontri con i socialisti: Duilio Sinigaglia, Gino Bolaffi, Bruno Mondolfo.

Per insistere con le cifre, 230 sono i camerati di fede mosaica che ottengono il brevetto della “Marcia su Roma”. 746 sono gli iscritti al Pnf o al Partito Nazionalista al momento della loro fusione nel marzo del ’23[14].

All’ebreo tedesco Emil Ludwig che lo intervista nel ’32, il Duce spiega che “nessun italiano può essere antisemita per ragioni razziali o spirituali”[15]. E ancora “L’antisemitismo non esiste in Italia [...] Gli ebrei italiani si sono sempre comportati bene come cittadini, e come soldati si sono combattuti coraggiosamente. Essi occupano posti elevati... nell’esercito... Tutta una serie sono generali; comandante della Sardegna è il generale Modena, un altro è nell’artiglieria”[16].

Con l’avvento al potere del Fuehrer in Germania, gli ebrei tedeschi fluiscono a frotte in Italia[17]. La scelta si sposa con i sentimenti antitedeschi di retaggio risorgimentale e di sapore mitico della Grande Guerra, decisamente maggioritari e persistenti in Italia[18].

Va però precisato che un antisemitismo in Italia c’è ed è un antisemitismo “storico”, che però ha origine religiosa, non razziale, legato com’è all’antica accusa di deicidio mossa agli ebrei dalla Chiesa[19]. Ma proprio la Chiesa prenderà posizione contro le persecuzioni antisemite di fatta germanica. Lo fa con l’enciclica Mit brennender Sorge, con cocente dolore, del ’37, che scuoterà la coscienza della Cristianità. Pio 11 pronuncia il 3 settembre del ’38 la fatidica frase “Spiritualmente, noi siamo semiti”. Atto grave, tanto che “L’Osservatore Romano” censura in tutta fretta l’ardimentosa formula[20].

Comunque sia, il Duce cambia idea sui semiti, e lo fa a 360 gradi. Da filo-israeliano e addirittura filo-sionista diventa schiettamente antisemita, per quanto non nel senso biologico del termine. I reali motivi di questo cambio di guardia sono forse adombrati da qualche piega storica. O meglio storiografica.



[1]G. Volli, Breve storia degli Ebrei d’Italia, Histadderuth Ha-Morim, Milano, 1961, p. 66.

[2]S. Foà, Gli ebrei del Risorgimento italiano, B. Carucci Editore, Assisi-Roma, 1978, p. 30.

[3]E. Capuzzo, Esuli ebrei nel Risorgimento in “Rassegna storica del Risorgimento”, anno XCIII, fascicolo II, aprile - giugno 2006, pp. 163-172.

[4]M. Michaelis, Gli ufficiali superiori ebrei nell’esercito italiano dal Risorgimento alla marcia su Roma, in “La Rassegna Mensile Israel”, XXX (1964), n. 4, p. 155.

[5]D.V. Segre, L’emancipazione degli ebrei in Italia, in M. Toscano, Integrazione e identità (a cura di), Franco Angeli, Milano, 1998, p. 104.

[6]M. Michaelis, Gli ufficiali superiori ebrei nell’esercito italiano dal Risorgimento alla marcia su Roma, cit., p. 156.

[7]Ibidem, p. 156, n. 6.

[8]P. Briganti, Il contributo militare degli ebrei italiani alla Grande Guerra (1915-1918), in “Clio, Rivista trimestrale di studi storici”, anno XLI (2005), n. 4, p. 677.

[9]E. Momigliano, Storia tragica e grottesca del razzismo italiano, Mondadori, Milano, 1946, p. 31.

[10]G. Cecini, I soldati ebrei di Mussolini. I militari israeliti nel periodo fascista, Mursia, Milano, 2008, p. 26.

[11]A. Tamaro, Venti anni di storia 1922-1943, Tiber, Roma, 1953, vol. III, p. 304.

[12]M. Michaelis, Gli ufficiali superiori ebrei nell’esercito italiano dal Risorgimento alla marcia su Roma, cit., p. 164.

[13]R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino, 2005, p. 71.

[14]Ibidem, p. 73.

[15]E. Ludwig, Colloqui con Mussolini, Mondadori, Milano, 2000, prefazione di I. Montanelli, p. XXXVII.

[16]Ibidem, p. 155.

[17]K. Foiglt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, La Nuova Italia, Firenze, 1966.

[18]G. Cecini, I soldati ebrei di Mussolini. I militari israeliti nel periodo fascista, Mursia, Milano, 2008, p. 36.

[19]I. Montanelli, M. Cervi, Italia dell’Asse 1936 - 10 giugno 1940, Premessa di Sergio Romano, Rizzoli, Milano, 2011, p. 179.

[20]Ibidem, p. 207.

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