Editoriale

Riuscirà Letta a formare un governo e superare l'insostenibile frazionamento del Pd?

Nonostante l'abilità di mediatore è pur sempre un esponente di un partito del tutti contro tutti e il Pdl non metterà a rischio il consenso guadagnato

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

span style="text-align: justify;background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Questo governo non nascerà a tutti i costi, nascerà se ci saranno le condizioni”. Eccolo Enrico Letta, il prescelto, mettere subito le mani avanti, ed ecco anche che c’è da registrare un cambiamento nei tempi record che erano stati previsti per la formazione del governo. Il presidente incaricato ha fatto capire di avere bisogno di più giorni per smussare questioni politiche e scegliere i nomi dei componenti dell'esecutivo. Ha iniziato con un tono diverso rispetto alla perentorietà con cui invece il Presidente della Repubblica - espressa subito dopo - ritiene si debba procedere. “Pieno appoggio a Letta. Il suo successo è indispensabile”, ha ribadito Napolitano davanti alle telecamere. Alternative alle scelte del Capo dello Stato non ci sono, se non le elezioni anticipate. Facendo intendere che non è per nulla intenzionato a fare ulteriori tentativi in casi di fallimento.

Letta, nel pronunciare quella frase, che - a dire il vero - fa parte del suo prudente stile politico, deve aver pensato ai problemi in casa Pd: ai quattordici astenuti e ai sette voti contrari registrati nella Direzione sulla prospettiva di appoggiare un governo politico, seppure guidato da un esponente piddino. Letta, inoltre, era stato indicato “reggente” del Pd, avendo Pier Luigi Bersani confermato le sue dimissioni da segretario (ora si dovrebbe formare un gruppo di gestione collettiva). Temere di fare la fine di Franco Marini, se dovesse crescere il malcontento nelle fila del Pd fino a generare nuovi franchi tiratori contro il governo in fieri, è più che lecito.

Tant’è che Pippo Civati dal suo blog - quasi in contemporanea all'incarico da premier ad Enrico Letta - ha commentato : “mi dispiace, ma continuo a non essere d'accordo". Soprattutto perché il governo, di ora in ora, si irrobustisce, e il governo di scopo sta diventando un governo di scopone (scientifico). Un governo politicissimo, basato sulla collaborazione Pd-Pdl, senza scadenza, non a caso presieduto dall'ultimo dirigente del Pd che non si è dimesso (perché eletto dall'assemblea, ma non solo). Le cose, dal mio punto di vista, stanno peggiorando”. Non sono d’accordo con Civati sull’irrobustimento del governo, ma ritengo interessante la sua posizione, niente affatto isolata nel Partito democratico.

A confermare una non banale tensione in questa fase che prepara la formazione dell'esecutivo ci ha pensato, sul fronte opposto, Angelino Alfano, segretario del Pdl e probabile candidato al ruolo di vicepremier. In un comunicato, l'ex Guardasigilli ha precisato che il Pdl chiede un governo dal forte profilo politico. Non si capisce, infatti, per quale motivo il Pdl dovrebbe entrare in un esecutivo claudicante e che, soprattutto, non dia la certezza che realizzi, in breve tempo, alcune delle misure che più stanno a cuore al proprio elettorato. Il rischio di dissipare un credito recuperato con grande destrezza, rimane altissimo. “Queste intemerate del Pdl sull'Imu non sono una cosa seria” ha tuonato Tabacci. E allora c’è davvero da chiedersi se per il partito di Berlusconi valga la pena partecipare ad una riedizione del governo Monti.

Enrico Letta è stato scelto per le sue doti di abile mediatore, di pontiere tra le forze politiche, ma il fatto che sia un esponente del Pd, lo depotenzia fortemente, perché, comunque sia, dovrà tener conto delle decisioni prese in via del Nazzareno. E’ stato preferito a Giuliano Amato, senz’altro perché meno logorato sul piano politico (e quindi con meno veti - Lega e soprattutto pezzi importanti del Pd - sulla sua testa), ma a mio avviso avrà meno chance di resistenza e di equilibrio di quante non ne avrebbe avute il dottor Sottile. I due, comunque, si somigliano assai (mi spingerei a dire che sono quasi la medesima figura) e Napolitano ha pur sempre apprezzato la moderazione dell’esponente del Pd, il quale, in varie occasioni (anche durante la crisi del governo Berlusconi), ha assunto il ruolo di messaggero tra Quirinale e partito, ma anche di facilitatore per la nascita del governo Monti.

Qui, a mio avviso, un altro non insignificante punto di forza (momentanea) e di debolezza (a breve) sul suo operato. Se il nuovo governo non assicurerà fin dalla sua formazione, una forte discontinuità dall’esecutivo dei tecnici, andremo male, molto male. Avrà davvero pochi mesi di vita. Mentre c’è un Paese pieno di rabbia, brutta e fomentata da pessimi soggetti. E non sono i grillini a far paura. Ma soprattutto - quello che di più conta - ci sono sempre più ampie fasce sociali ridotte alla disperazione.  

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