Lo spettro Pluvio

Aiuto! Ci rubano il Natale!

Uno spirito malvagio disprezzava, in ogni istante della sua vita incorporea, il buon Babbo Natale

di Il Raccontafavole

Aiuto! Ci rubano il Natale!

Babbo Natale

In un paese dell’Appennino Tosco-Emiliano mancava molto poco al giorno di Natale, e la gente del posto decorava felicemente  gli abeti aggiungendo ad ognuno di essi la lettera per Babbo Natale, consapevole che lo stesso le avrebbe raccolte tutte, talvolta anche due dalla stessa persona.

Come ogni anno, il buon vecchio, si era premurato di fare l’elenco dei buoni e dei cattivi. Ai primi, i doni richiesti nei messaggi e ai secondi, un pezzo di carbone.

I folletti, intanto, assieme agli elfi costruttori, lavoravano duramente nella fabbrica dei giocattoli di Santa Claus, costruendo balocchi molto particolari per i bimbi più fantasiosi. Ci stavamo avviando a un Natale perfetto, se non fosse stato per un piccolo inconveniente.

   Lo Spettro Pluvio

Pluvio odiava i regali; non ne aveva mai fatti a nessuno e mai aveva voluto riceverne. Era l’unico del paese che non sopportava i bambini e soprattutto le decorazioni natalizie.

Pluvio esecrava il 25 dicembre. Pluvio altri non era che uno spettro! Sì, avete letto bene, un fantasma, un’ombra, uno spirito o come meglio preferite chiamarlo.

Quest’anima malvagia disprezzava, in ogni istante della sua vita incorporea, il buon Babbo Natale e tutte le persone felici di quel paese; era pronto a porre fine, una volta per tutte, a questa ricorrenza per lui così ripugnante.

Voleva infiltrarsi nelle case del villaggio in modo da provocare un caos tale che sarebbe durato ovunque e per sempre.

Ma c’era qualcosa che poteva fermare l’azione di questo malevolo spirito: una magica scatola di legno di noce e oro che aveva richiesto un ragazzo in dono per la festa. Naturalmente la cosa era segreta, essendo stata pensata e poi scritta dal giovane solo sulla lettera inviata a Babbo Natale.

 

Il 24 dicembre, Pluvio e i suoi demoniaci accoliti, tre Orchi del buio, entrarono in azione. Si misero, nascosti dalle tenebre, in attesa fuori dalla porta di Babbo Natale.

Un Orco del buio

All’interno dell’abitazione era giunto il momento di partire e gli Elfi -dopo aver consegnato a Papai Noel le mappe con le giuste direzioni- avvertirono il loro Capo che le renne erano già predisposte al volo. Il brav’uomo vestito di rosso e dalla lunga barba bianca, salutò tutti e uscì dalla casa, incamminandosi allegramente verso la slitta, ma arrivato alla stalla di partenza notò che qualcosa non andava: mancavano tutte le sue renne.

Elfo costruttore


Preoccupato aveva iniziato a gridare i loro nomi : Donnola dove sei! Saltarello non sarà mica uno dei tuoi scherzi?! Cometa, ma che scherzo è mai questo!? Donato, Cupido, per favore venite fuori! Freccia, Ballerina, Fulmine! Nessuna di loro apparve.

Le aveva imprigionate Pluvio assieme agli Orchi del buio.

Babbo Natale, disperato, stava tornando alla slitta quando fu assalito da tre orrendi figuri che lo colsero di sorpresa. Si fece largo lo spettro, con il suo terrificante e disgustoso sorriso e con un balzo fu sopra Père Noël, che disperatamente tentò di fuggire, ma senza esito: gli orchi lo avevano immobilizzato e messo dentro un grande sacco verde. A quel punto Pluvio e seguaci attaccarono le renne che però si rifiutarono di obbedire agli ordini dello spirito.

Allora, il cattivissimo spettro, intimò loro di piegarsi al suo volere altrimenti avrebbe ucciso il buon vecchio. Gli animali, a quel punto, non ebbero più scelta.

A mezzanotte in punto la triste slitta partì, con a bordo quell’accozzaglia di sciagurati personaggi.

Raggiunsero in un baleno la prima casa della lista di Babbo Natale. Era l’abitazione di una bimba molto buona, di nome Caterina, che aveva sei anni. Pluvio scese dal camino e una volta dentro, travestito da Papà Noel, tirò fuori dal sacco un dono maldestramente incartato che non presagiva niente di buono.

Subito appresso, fu la volta della famiglia successiva. Era la casa di Tonino, un bravo bimbetto di cinque anni e mezzo.

L’anima malvagia, poggiò sotto il camino un regalo malamente avvolto, all’interno di esso sembrava muoversi qualcosa che emanava un cattivo odore di marcio.

E così ebbe a continuare con tutte le abitazioni, finché non arrivò all’ultima. Entrando, mise la sua ossuta e scheletrica mano nel sacco, e notò che non aveva oramai più regali orribili, terrificanti e maleodoranti.

Per quella volta, quindi, avrebbe fatto un’eccezione, dando al ragazzo quello che aveva chiesto. Tornò su per il camino e aprì il sacco contenente i veri regali chiesti a Babbo Natale, tirando fuori una scatola di legno di noce e oro. Quel gesto gli sembrò ripugnante, quando vide il regalo luccicare, questa volta, sotto l’albero. Preso da tanto disprezzo, lo spettro non si accorse che Arturo, il ragazzo che aveva commissionato la scatola, aveva assistito, dietro ad un basso muro, a tutta la scena del perverso spirito.

L’adolescente altri non era che un già noto e bravissimo scrittore di brevi storie dell’incubo che stava ultimando il suo racconto che, guarda caso, narrava di uno spirito scheletrico e di una scatola magica.

La scatola magica

Arturo aveva chiesto la scatola per una ragione: aveva sognato che, come nel suo racconto, qualcuno volesse rubare il Natale ai bambini. Nel sogno lui era fra coloro che trovavano una brutta sorpresa sotto il camino.

Arturo con i suoi 15 anni era furbo, appassionato lettore di storie dell’incubo ma anche coscienzioso utente dei programmi scientifici della televisione, oltre che dotato di una fervida fantasia. Un giorno passando davanti alla bottega di un rigattiere aveva intravisto una scatola di legno di noce e oro che recava la scritta acchiappa-spettri. Così gli era venuto in mente di chiederla in dono a Babbo Natale. Chissà che non sarebbe tornata utile davvero!

Pluvio, soddisfatto di avere terminato la sua opera malvagia, ritornò alla slitta pensando a quando i bambini si sarebbero svegliati, al momento dell’apertura dei doni e alle conseguenti urla, al caos, al terrore per le diaboliche sorprese.

Arturo, nel frattempo, prese il regalo e, cercando di non fare rumore, salì per il camino. Appoggiò un piede ad una parete, replicando con l’altro sul lato opposto, cosicché riuscì ad arrivare fino al tetto senza problemi. Giuntovi, si trovò sotto le scarpe uno spesso manto di neve, aprì la scatola di noce e oro pronto ad imprigionare lo spettro, e sperando ardentemente dentro di sé che avrebbe funzionato!

Ma Pluvio non c’era!

–Dove sarà?– pensò il ragazzo. Guardò in lontananza e si accorse che lo spirito maligno con la slitta e le renne se ne era ormai andato. Allora fece per tornare verso il suo camino quando, distrattamente, inciampò in un enorme campanello d’oro con un fiocco rosso, tutto ricoperto dalla neve.

D’istinto iniziò a tintinnarlo e dal niente una specie di scalpiccìo ruppe il bianco silenzio della notte. Guardò a destra e a sinistra, ma non c’era anima viva. Questo rumore, non ancora ben identificato, sembrava però sentirlo sempre più forte, quasi in avvicinamento. Alzò lo sguardo alla rotonda luna, più luminosa che mai, e notò una lunga scia nera che si stava muovendo verso di lui.

Cominciò così a capire che quel grande sonaglio era una delle campanelle delle renne che attirate dal suono familiare stavano tornando indietro. Quando gli animali finalmente fecero ritorno sul tetto-terrazzo, Arturo aprì la scatola magica e grazie ad essa catturò lo spettro Pluvio che, a causa della brusca sterzata della slitta, si era sentito lo stomaco spettrale arrivare all’altrettanto spettrale bocca, con un’ umanissima nausea che lo aveva messo ko, e ancora non si rendeva conto di quello che stava accadendo.

Tutto, a quel punto, sembrava essere tornato a posto, meno una cosa: i doni malefici che il mostro aveva lasciato nelle abitazioni.

Arturo doveva tornare nelle case e distruggerli. Si diresse, perciò, verso la slitta con le renne e cominciò a ripetere le parole magiche che lui conosceva per farle muovere e librarsi in cielo; ma non ci riuscì, le bestie rimasero immobili.

Dopo un po’, notò una grande borsa verde che sembrava muoversi. L’aprì e, da dentro, ne uscì il povero Babbo Natale, malconcio e ammaccato. Il giovane cercò di rincuorarlo, e soprattutto era curioso di sapere se tutto si era svolto come nel racconto che stava scrivendo o se si trattasse di una coincidenza.

Babbo Natale intontito dal viaggio dentro il sacco non capiva cosa gli stesse chiedendo quel ragazzino e neppure perché fosse lì a quell’ora, sul tetto, invece di dormire come i suoi coetanei. Piano piano cominciò a comprendere che Arturo – che nel frattempo stava parlando senza sosta raccontando quel che sapeva e chiedendo spiegazione – lo aveva salvato. Anzi meglio, Arturo aveva salvato il Natale con tutte le sue tradizioni.

Così fece salire il giovane sulla slitta, accanto a sé, e insieme tornarono in tutte le case dei bambini per portar loro i veri doni.

E Arturo ebbe quella notte il dono più bello che un ragazzino potesse sognare, essere anche lui il Natale.

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    4 commenti per questo articolo

  • Inserito da fionalarini il 07/12/2011 10:50:26

    Ma che bravo,Mr Raccontafavole.

  • Inserito da carlameggio il 05/12/2011 11:46:49

    Ma che bravi! Ma ce ne saranno di nuove?

  • Inserito da virginia71 il 05/12/2011 10:06:42

    Caro Raccontafavole, lei è veramente in gamba. Ogni quanto pubblicate questi bellissimi racconti?

  • Inserito da PIERO-44 il 03/12/2011 14:59:30

    Siete il nostro orgoglio. Altro che Monti!

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