Il sangue sul Monte dei Paschi

Da senene a senese: Non sarò ai funerali di David Rossi. O forse sì

Oggi le esequie dell’ex responsabile della comunicazione di Mps, morto suicida mercoledì scorso. Per il poco che serve, è inopportuno che ci vada. Per altri versi è dovuto. Qui spiego il perchè, senza aggiungere nulla

di Stefano Tesi

Da senene a senese: Non sarò ai funerali di David Rossi. O forse sì

Non ero amico di David Rossi.

Forse non ci eravamo neppure troppo simpatici. E ci guardavamo tendenzialmente in cagnesco, come certi pistoleri che si detestano – perchè si temono, ma ostilmente si ammirano – a vicenda. In una variante un po’ cavalleresca e un po’ grottesca della professione. La nostra.

Un mestieraccio, da qualunque parte stai.

Lui stava da una parte, io dall’altra. Impossibile essere compari.

Su una cosa però non ci piove: sapeva fare il suo lavoro. Sapeva di saperlo fare. E non si risparmiava facendolo. Un lavoro sporco, a volte. Era il suo ruolo. Era lì per quello. Facile accusarlo adesso, ma quando sei sul pezzo combatti la tua battaglia e basta. Una guerra da cui tutti i caduti tornano uguali, avvolti in una bandiera.

Qualcuno ha scritto che era senza scrupoli e che rappresentava il coperchio sulla pentola dell’informazione. E’ probabilmente vero. Lo pagavano per farlo.

E con ciò?

Non me la sento di fare la morale a un morto. A uno per il quale quel lungo volo all’indietro, di schiena, nel buio di un vicolo, rappresenta una sorta di parabola palingenetica, un epilogo-riscatto che ti affranca anche da mille ipotetiche colpe.

Mi aveva fatto qualche torto, David Rossi. Professionale, intendo. Eppure lo salutavo. E lui mi salutava. Sapeva di ballare su un asse pericolante e quell’asse forse si è messa a oscillare troppo, perfino per uno scaltro, determinato, abile come lui.

In una città come Siena, dove tutti sono in vista e nessuno passa inosservato, la sua morte ha avuto un effetto tellurico. L’incrinatura dello specchio, anzi la sua esplosione. Perché lui forse, più di chiunque altro, rappresentava il Monte dei Paschi nella sua più intima senesità. L’ideale di carriera montepaschina, l’ebbrezza di un potere a volte più accarezzato e ostentato che esercitato, ora bilanciato da episodi di cittadinanza profonda e ora squilibrato dal cinismo apolide che certi ruoli impongono.

Ci siamo visti l’ultima volta alla drammatica, surreale assemblea Mps del 25 gennaio. Facile dirlo ora, ma sembrava che qualcosa avesse appena addolcito i suoi modi molto asciutti, talvolta perfino spigolosi. Un non so che, da interpretare come un segno di imbarazzo e di debolezza da parte di chi era abituato a non averne. O almeno a non mostrarne, chissà. Suggestioni del senno di poi.

Se e perché alle 20.30 di mercoledì 6 marzo 2013 David Rossi si sia buttato dalla finestra del suo ufficio di Rocca Salimbeni lo stabilirà la magistratura, sempre ammesso che adesso ci sia qualcosa da stabilire. Nei suoi riguardi, no di sicuro.

Gli amici lo piangono. I nemici distinguono. Io, che non ero né l’uno né l’altro, preferisco tacere. Non mi piacciono le demonizzazioni preventive e le beatificazioni postume. Si è conclusa un’avventura terrena e bisogna solo averne un sobrio rispetto. Un rispetto che non include il presenzialismo di maniera.

Per questo ancora non so se domani sarò ai funerali, che da pietoso officio per parenti e amici rischiano di trasformarsi nell’ennesimo rito sterile di una senesità ipocrita e inguaribile. Almeno su questo, sono sicuro, io e David Rossi saremmo d’accordo.

Su questo e sul fatto che, per una volta, di Monte dei Paschi non si parla

Tratto dal Blog dell'autore  www.alta-fedelta.info

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