Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il “grande seduttore” non ha mancato il colpo nemmeno con il pubblico del Maggio Musicale Fiorentino: applausi e successo, nel complesso meritato, per lo spettacolo che tiene banco questa settimana al vecchio ma sempre valido Teatro Comunale, in attesa che il sipario si levi definitivamente sul nuovo Teatro dell’Opera. Politeama veramente pieno e persino con un po’ d’eleganza almeno nel pubblico di palchi e platea: si torna a vedere qualche abito lungo e persino alcuni smoking. Prodigi della seduzione o ritorno di un minimo di eleganza e buon gusto?
Però in questo pur bello spettacolo qualche pecca c’è stata: non tale da pregiudicarne l’esito e la qualità, ma che comunque non sarebbe onesto tacere. A partire proprio dal protagonista: Alessandro Luongo era al suo debutto in ruolo che sicuramente è difficile e complesso, sia vocalmente che scenicamente. Nulla da eccepire sul secondo aspetto: Luongo è stato un eccellente attore, dando vita a un personaggio credibile e a tratti persino travolgente. Ma si dà il caso che nell’opera si debba anche cantare: cosa che Luongo ha sicuramente fatto anche con discreto impegno, ma con risultati non sempre convincenti: una voce poco “corposa” e carente soprattutto nel timbro, che dovrebbe essere più squillante e chiaro di quello del basso, essendo Don Giovanni un basso –baritono.
Nessuna riserva, invece, per il resto del cast: il baritono Roberto de Candia, nel ruolo di Leporello all’inizio forse un po’statico da un punto di vista scenico, ma inappuntabile sul piano vocale, ha poi dato il meglio da sé anche nella recitazione, soprattutto nel secondo atto. Paolo Fanale (tenore ) è stato un Don Ottavio, ruolo non molto “simpatico” (qualcuno lo ha ironicamente definito un “fidanzato modello”) caratterizzato da una voce chiara e limpida, capace di abili virtuosismi; e applausi senza riserve anche ai tre ruoli femminili : l’asfissiante Elvira di Citkin Hulcup, la petulante Zerlina di Marina Comparato e soprattutto la funerea Donna Anna del soprano Yolanda Auyanet , caratterizzata da una voce morbida ma potente, nonostante una annunciata indisposizione.
Per quanto concerne la direzione, Zubin Mehta non era certo al suo primo appuntamento con Mozart né con quest’opera in particolare,che già diresse nel Maggio del 2005. Se nel complesso il maestro anche in questa occasione ha dimostrato la consueta padronanza della partitura, c’è tuttavia da dire che la sua lettura ha lasciato talvolta un poco perplessi: soprattutto l’ouverture, dove poco si è avvertito lo stacco tra l’andante con moto iniziale e l‘allegro della seconda parte, che rappresentano poi le due anime principali dell’opera. Col procedere della musica però l’abilità del maestro non ha tardato a rivelarsi e Mehta ha saputo mettere in luce tutte le tonalità di questa straordinaria partitura, dal tono drammatico e quasi “demoniaco” che caratterizza alcuni momenti (specie il finale), a quello lirico e delicato, a quello giocoso e talvolta parodico; peccato solo che in alcuni passaggi il maestro abbia un po’ smorzato le tinte, cosa che può andare benissimo con alcuni autori del repertorio ottocentesco, ma meno con Mozart. Nel complesso comunque una prestazione all’altezza di Mehta.
Qualche rilievo anche sulla regia: intanto, un curioso e un po’ stridente contrasto tra una scena “settecentesca” e costumi in prevalenza ottocenteschi. Inoltre, il regista Lorenzo Mariani ha accentuato forse un po’ troppo il carattere “banditesco” del protagonista, arrivando a sostituire il tradizionale duello di spada con Il Commendatore con una rissa quasi da taverna che Don Giovanni alla fine risolve con una coltellata più da guappo che da hidalgo. Nel complesso comunque la vicenda scorre bene e risulta particolarmente gradevole nelle scene corali, come nel matrimonio tra Masetto e Zerlina. Efficace anche il finale “infernale”, senza trovate … diaboliche ma con il giusto tocco sulfureo.
Nel complesso dunque un altro buon colpo messo a segno dal teatro, che certo soprattutto in questo difficile momento ne ha particolarmente bisogno. E venerdì 8 febbraio un altro eccezionale appuntamento: i Carmina Burana di Carl Orff diretti da Mehta con la regia della Fura dels Baus, la compagnia Catalana di cui si è ammirata nei giorni scorsi la regia di Walkiria. Ore 20,30 nell’inconsueto scenario del Mandela Forum; pare però che i biglietti siano esauriti o quasi e purtroppo non sono previste repliche.
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