Editoriale

Monte dei Paschi verso la desenesizzazione? O verso la depoliticizzazione?

Mentre lo scandalo infuria e la catastrofe incombe, la domanda aleggia inevasa su Piazza del Campo

Stefano Tesi

di Stefano Tesi

Giornalista professionista, viaggiatore intelligente, amante della sua terra senese della quale difende sapori gusti e tradizioni. animatore del blog Alta fedeltà http://www.alta-fedelta.info/

rida di dolore.

A volte ingenue, a volte perfide. Come la disponibilità ad assecondare “un Palio straordinario per Maometto” a condizione che, in caso di malaparata, qualche fondo arabo si faccia avanti per salvare la banca della città. Cioè, nel sentimento dei senesi, la città stessa.
Quello che va in scena in questi giorni e che sta travolgendo, con continui colpi di scena, il Monte dei Paschi di Siena, con annessi e connessi, è insomma ben di più di uno psicodramma di provincia e ben di più di un pur grave scandalo finanziario.
Perché, se saputi interpretare nel loro significato più profondo, gli anacoluti, le sintassi zoppicanti e i discorsi fuori dal seminato usciti dalla bocca dei piccolissimi azionisti all’assemblea dell’altro giorno, gli stessi che si continuano ad ascoltare ai crocicchi e nei bar, restano la chiave migliore per comprendere lostato d’animo di una città che ancora non sembra aver colto completamente la portata degli eventi che sta vivendo. E anche per cogliere la vera natura del liquido amniotico in cui per secoli la più antica banca del mondo, nonché terzo gruppo bancario italiano, ha galleggiato: l’illusione di un’orgogliosa “senesità globale” trasformatasi lentamente però, per sinecura o miopia, in una soffocante gabbia politica.
L’aria che oggi si respira è quella del tradimento. Della pugnalata alle spalle della patria.
Un tradimento tanto doloroso da far scivolare in secondo piano perfino la gravità del danno economico, che in pochi anni ha permesso di dissipare, attraverso una serie di operazioni ambigue e sconcertanti, un patrimonio enorme, solido e variegato, accumulato in molte generazioni di oculata saggezza e di probità d’altri tempi.
Per la prima volta, dopo secoli, forse i senesi stanno toccando con mano lo spettro della reale perdita della “senesità” del Monte.
Uno spettro che il presidente Profumo e l’ad Viola hanno di recente di sventolato più volte: prima tagliando i fondi alle contrade (un taglio irrilevante in termini quantitativi, ma simbolicamente pesantissimo), poi confermando l’abbandono a fine stagione della sponsorizzazione al Siena Calcio e di quella della Mens SanaBasket nel 2014. E dopo ancora sottolineando che, di qui in avanti, Mps resterà sì “senese“, ma in quanto banca “con sede” a Siena. E non in quanto banca “posseduta” dalla città, attraverso le sue istituzioni. Come dire che Montepaschi fisicamente non si muove da qui, ma dal punto di vista del controllo le cose andranno diversamente.
Tutto il contrario dell’idea di possesso quasi carnale, identitario, che hanno i senesi verso le loro cose. Forse anacronistico nel mondo dell’economia globale. Ma funzionalissimo invece come leva di pressioneemotiva sui cittadini.
E come foglia di fico dietro alla quale nascondere la longa manus della politica.
Perchè qui sta la scaturigine, il peccato originale della vicenda: nel momento in cui la “senesità” del Monte è garantita per statuto dal fatto che il pacchetto di maggioranza è posseduto da una fondazione bancaria e che la maggioranza del cda di questa è nominata (13/16) dal comune (8) e dalla provincia (5), a loro volta gestiti dal medesimo partito, ciò significa che la banca è dei senesi solo in apparenza, mentre in realtà è del partito. Peggio ancora se di un partito egemone e abituato ad essere tale. Un partito (o una corrente del medesimo) che, in un delirio di onnipotenza, pensa di poter fare ciò che vuole e di alimentare all’infinito ilconsenso attraverso i vantaggi consociativi, diretti e indiretti che, suo tramite, banca e fondazione possonoelargire, con sapiente strabismo, ad amici e nemici, con il beneplacito della grande ombra massonica che tutti o quasi riunisce.
Un’anomalia solare di cui, tranne i diretti interessati, adesso si accorgono tutti. Ma su cui pochissimi, a tempo debito, hanno trovato da eccepire.
Ora che la via è tracciata dai fatti, Profumo e Viola si proclamano “indipendenti“. Le cassaforti si aprono. Le bocche prima cucite si spalancano. Chi era forte si trova solo. Ma intanto l’ex sindaco pd (già ds, già pds, già pci), disarcionato in autunno dalla sua stessa maggiornaza per oscuri contrasti sul bilancio, si ricandida alla guida del comune (cioè del padrone della Fondazione), dopo aver vinto le primarie corse da solo, nel nome della “discontinuità” col passato. Lui che è stato l’artefice e il decisore ultimo di tutte le nomine e le deliberazioni che, negli ultimi vent’anni, hanno riguardato comune, provincia, fondazione, banca e istituzioni locali varie.
Mentre tutto questo incredibilmente succede, il Monte dei Paschi si allontana da Siena. Forse per sempre.
 

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