Solo con il re del freddo

Osvaldo e il burbero, taciturno Sig. Inverno

Il povero vecchio non riusciva a comprendere tutta questa passione per la primavera...

di Il Raccontafavole

Osvaldo e il burbero, taciturno Sig. Inverno

Una mattina, all’aprir della porta, Osvaldo, si trovò di fronte il vecchio signor Inverno.

“Buon giorno” gli disse. “Buon giorno a voi giovinotto”, rispose.

Era arrivato, come ogni anno, per invitarlo a camminare e a parlare. 

Il Sig. Inverno, si presentò come sempre molto alto e magro magro. 

Affilato, quasi appuntito e molto, veramente molto elegante; ma anche parecchio freddoloso e per tal motivo si era sempre coperto, come minimo, con undici cappotti, nove sciarpe, 7 berretti, quattro paia di guanti, 6 paia di calzini e tre paia di stivali. 

Il vecchio era, immancabilmente, taciturno, riservato, quasi circospetto.

E certune persone lo credevano austero e molto aspro.

Si lamentava, è normale, perché nessuno lo amava, tutti al suo arrivo avevano da protestare, brontolavano che faceva troppo freddo, che il sole non riuscivano quasi più a vederlo, che i fiori e le piante morivano di fronte a lui, e anche il calore degli animi si congelava… 

E Osvaldo lo lasciò recriminare perché non aveva nessuno con cui parlare. E lo lasciò a lamentarsi e a sfogarsi. 
E si rese conto che tutto il mondo gli chiedeva la primavera e tutti sospiravano per lei: - Ah, quando arriverà la bella stagione, quando la natura ritroverà la primitiva bellezza!-

Ed il povero vecchio non riusciva a comprendere tutta questa passione per la primavera, non lo comprendeva perché a lui, l'inverno, gli sembrava proprio come la primavera, una stagione qualunque. Intuiva sì che essa fosse dispensatrice di sorrisi e buonumore, ma capiva che giuntivi poi sarebbero iniziati i rimpianti per l’estate, la spiaggia, il mare… Insomma chi pensava così altri non era che una testa senza un grammo di cervello.

Persino l’autunno, il suo più stretto fratello, osservava il sig. Inverno, era apprezzato più di lui. Perché dicevano fosse romantico, sbuffava sprezzante, e altre piccolezze ... nostalgiche. 

 E lo lasciò a protestare perché non aveva nessuno con cui parlare. 

 E mentre continuava a deplorare senza sosta, Osvaldo pensò che forse era il suo unico modo di godere. 

E a poco a poco, passo dopo passo, rientrarono a casa chiacchierando senza sosta. 
Entrati, l’uomo offrì della cioccolata calda al Sig. Inverno, il quale tirò un sospiro di sollievo e si zittì.

Non si tolse né cappotti, né sciarpe, né guanti né niente, perché molto infreddolito. Seduto vicino al grande camino chiese una coperta a Osvaldo e contemplò con aria triste la neve che scendeva all’esterno.

Era un po' scontroso il Sig.. Inverno, un tantino taciturno, forse malinconico, ed abbastanza lagnoso, pensò il giovinotto, ma da quando lo aveva conosciuto era riuscito anche ad apprezzarlo, poiché per Osvaldo era gradevole sedersi in silenzio vicino al fuoco scoppiettante mentre là fuori, il freddo, la pioggia, il vento, la neve, la nebbia ed il ghiaccio arrivavano dietro al vecchio brontolone.

Quando scese la notte il Sig. Inverno Signor decise di andarsene, come ogni volta, in quanto doveva continuare il suo gelido lavoro. 

“Buona serata, tornerete per Natale?”, gli disse Osvaldo. “Buona serata a te giovinotto –rispose- stai tranquillo, non mancherò!”. 

E mentre richiuse la porta dietro di sé, il buon giovine pensò che l’inverno non era poi così male… anzi! 

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