Editoriale

Non mi interessa Itaca, preferisco la ricerca del vello d'oro

Condivido quasi tutto di quel che hanno detto e proposto Veneziani e Besana, ma oggi dobbiamo opporci al fallimento del progetto globale

Alex Voglino

di Alex Voglino

Saggista, organizzatore culturale, attualmente è direttore di Biblioteche di Roma

on interesse ho letto il resoconto – pubblicato oggi sul redivivo “Giornale d’Italia a cui faccio tutti i miei migliori auguri - dell’incontro romano di sabato 6 ottobre, nuova tappa del progetto di “ritorno ad Itaca” (cioè il riemergere in modo organizzato e visibile di una Destra degna di questo nome, svincolata e anzi estranea al partitone berlusconiano affondato dal piccolo Badoglio di Mirabello), lanciato poco tempo fa ad Assisi da Marcello Veneziani ed altri.

A scanso di equivoci, vorrei premettere che non ho nulla contro il progetto: soprattutto non ho nulla – anzi ho comprensione e tenerezza – per le ragioni ideali che ne stanno alla base. Vi riconosco il rigore e la dirittura morale di Renato Besana, una delle persone per cui ho più rispetto intellettuale al mondo, oltre che un amico.

E tuttavia vorrei dire con altrettanto chiarezza che il ritorno ad Itaca mi pare un viaggio “impolitico”: una crociera carica di nostalgia, ma adatta agli ultimi fotogrammi di un film, in attesa che appaia – ineluttabile – la parola “fine”.

Sinceramente ho Itaca nel cuore, ma siccome non mi sento Cincinnato, sono eventualmente interessato solo a varcare le Colonne d’Ercole, per rubare il Vello d’Oro come un argonauta. Non mi interessa tornare a casa. Fuor di metafora, mi interessa solo guardare avanti, non ripensare alle amate spiagge della gioventù che è stata.

Ecco perché – parafrasando Goebbels – quando sento parlare di “Destra” metto mano alla pistola (metaforica, signor magistrato, metaforica!).

Non voglio fare il maestrino, ruolo che detesto, ma sommessamente ricordo che l’uso stesso della parola “destra” per rappresentare un orientamento politico è cosa tutta interna alla temperie rivoluzionaria francese e alla vittoria dell’Illuminismo sui principi e i valori su cui si reggeva fino a quel momento l’Europa. Esordisce con la convocazione degli Stati Generali del 1789 per effetto della scelta dei conservatori di Malouet di sedere alla destra del Presidente dell’Assemblea in contrapposizione ai radicali di Mirabeau e si ripete poi attraverso l’Assemblea Nazionale, quella Legislativa e la Convenzione, radicandosi come costume di un mondo parlamentare, laico, capitalistico.

Il concetto di “Destra” nasce con la Modernità.

Si chiamava “Destra Storica” – non dimentichiamolo - quella di Cavour, che pose le premesse dell’eterno declino del nostro Mezzogiorno con una guerra di aggressione contro il Regno dei Borboni le cui caratteristiche oggi lo porterebbero sul banco degli imputati del Tribunale dell’Aia.

In questo senso sono “di destra”, in un indigeribile guazzabuglio, il partito Tory inglese e Bava Beccaris, Lincoln e Teddy Roosvelt, Napoleone III e Margaret Thatcher e potrei tirare in lungo questo elenco fino a saccheggiare tutta Wikypedia.

Ora, io so che quando Veneziani e Besana parlano di Itaca non pensano a questo, ma allora chiedo a loro e mi domando, non è venuta l’ora di dire con chiarezza che la sfida dell’oggi e subito è quella di dire con determinazione e chiarezza che quello che è fallito è il progetto globale  - politico ed economico -dell’Occidente, così come è uscito dal diciannovesimo secolo e proseguito poi fino al ventunesimo? Che è fallito il progetto capitalistico, a cominciare dalla scellerata decisione un secolo e mezzo fa di spogliare gli Stati del potere di battere moneta, trasferendo questa facoltà a una associazione di privati, si chiami Banca Centrale o Federal Reserve? Che le premesse della crisi del 2008 erano già state tutte scritte e studiate durante quella del ’29, dopo la quale i vizi del capitalismo nel medio periodo si sono riproposti moltiplicati per mille? Con la sola differenza che oggi non può fare una terza guerra mondiale per risolvere i problemi di banchieri e cartelli industriali e allora da tre anni si derubano i popoli dei diritti e del benessere faticosamente conquistato in questo dopoguerra? Che a scuola bisognerebbe studiare prima di tutto Wright Mills e le sue “Elite del Potere”, così Monti non sarebbe una sfinge per il popolo italiano, che starebbe già affilando i forconi? Che le sole proposte originali e stimolanti di “rottura” del sistema negli ultimi 120 anni sono contenute in alcune “eresie” del fascismo, oltre che nei misconosciuti libri del mai abbastanza compianto professor Auriti? Che bisogna riscoprire Sulis e Pellizzi e non De Amicis? Che gli anti-illuministi avevano ragione e gli Illuministi torto, checché ne scriva Sternhell?

Ecco, ribadisco, di Itaca conservo con affetto le cartoline, ma sono disponibile solo per navigazioni in mare aperto.




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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da antonino57 il 11/10/2012 23:47:48

    Sia coloro che si sentono in viaggio verso Itaca sia coloro che veleggiano alla ricerca del vello d'oro hanno purtroppo in comune lo stesso atteggiamento: scrutano l'orizzonte preferendo immaginare che lo meta sia laggiù. Invece è qua. Siamo già a Itaca. Tocca cacciare i proci però. Servono determinazione, astuzia, concretezza che a Ulisse, e forse pure Giasone non mancavano, e c'è poco da scrutare l'orizzonte.

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