I libri di Totalità

Rassegna mensile di novità librarie

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna mensile di novità librarie

La copertina del libro,

NEL MONDO

Carlo Terracciano, Nel fiume della Storia  (Edizioni all’insegna del Veltro, pagg. 126, Euro 12,00)

Questa  raccolta di articoli apparsi a suo tempo sulle riviste "Orion" e "Eurasia" di uno dei maggiori geopolitici degli ultimi decenni, eurasianista convinto ed erede della tradizione geopolitica del continentalismo europeo, rappresenta la genesi ideologica di quest'ultima scuola. Egli asseriva che l'America è incapace di ragionare in termini geopolitici e in quanto talassocrazia non potrà impedire a lungo l'unità dell'Eurasia, opporsi per molto al processo storico ed alla situazione geostrtegica dei russi.

“Penso che Carlo Terracciano sia uno dei maggiori geopolitici europei degli ultimi decenni. Sono convinto che sarà riconosciuto come uno dei moderni autori classici di questa disciplina. (…) Carlo Terracciano ha ereditato la tradizione geopolitica del continentalismo europeo. Nei suoi scritti (raccolti in una serie di articoli intitolata Nel fiume della Storia), egli traccia la genesi ideologica di questa scuola. (…) Il suo lavoro è forse l’esempio più completo e coerente di questa tradizione. Nelle condizioni dell’occupazione atlantista e dell’egemonia talassocratica è un gesto virile di rivolta spirituale e cognitiva” (Aleksandr Dugin).



POLITICA

Pierfrancesco De Robertis, La casta invisibile delle regioni – Costi, sprechi e privilegi (Rubbettino, pagg. 252, Euro 10,00)

Numerose erano le «caste» finite sotto la lente di ingrandimento, ma mai nessuno aveva raccontato con una analisi approfondita e attenta quella delle regioni. Eppure tutti sappiamo che buona parte degli sprechi di cui tanto si discute si annidano proprio in questi piccoli venti stati che compongono il nostro Paese. Un «giro d’Italia» tra costi, sprechi e privilegi, auto blu, disservizi, società partecipate, enti inutili, viaggi merenda, sedi all’estero, maxi-stipendi e debiti record, pieno di risvolti sconosciuti e dati inediti. Divertenti da un lato e inquietanti da un altro. Al nord, al centro e al sud, nelle regioni «normali » e in quelle speciali. È lì che si annida la vera e voracissima «casta invisibile», che forse dopo questo libro sarà un po’ meno sconosciuta




PENSIERO FORTE

Fausto Gianfranceschi, Aforismi del dissenso  (I libri del Borghese, pagg. 176, Euro 16,00)

Fausto Gianfranceschi, scrittore e giornalista ancorato per sempre ai valori della destra, è scomparso a febbraio 2012. Aspettava la morte come estremo atto di dignità, lui che tante volte si è scagliato contro chi la trattava un tabù, un turpe accidente da negare. E mentre le forze cedevano, le riservava a correggere, con l'amata figlia Michela, le bozze di questo «Aforismi del dissenso», ora uscito ne «I libri del Borghese». Il titolo dice bene dell'autore, raffinato intellettuale, tagliente saggista e polemista. Il motto breve e paradossale l'aveva già spesso praticato, Gianfranceschi. Nel libro postumo rivela ancora di più i fari della propria vita. Tra i quali, oltre alle idee, gli affetti. «Tutto è perduto fuorché l'amore» è il sottotitolo del libro. La dedica suona «A chi amo. A chi mi ama». Ne esce il Gianfranceschi campione dell'«amore paterno» come sottolinea nella prefazione chi è stato suo discepolo nelle idee, Marcello Veneziani. È l'innamorato forever della moglie Rosetta ma anche il cultore della bellezza femminile, uno degli aspetti entusiasmanti del Creato («In certe voci femminili, in certe inflessioni, puoi ancora percepire che una volta la parola era canto». Oppure: «Malgrado gli anni, non rinuncio a tenere accesa la polarità uomo-donna»). E poi c'è l'innamoramento per Roma, che assurge a città per antonomasia di lui orgoglioso civis romanus, devoto di Sacra Romana Chiesa, cantore del Rinascimento, del Barocco, delle ruine. Con vette tanto ragguardevoli quanto sono icastiche: «La morte mi preoccupa. Sarò all'altezza?»; «Vivi o morti, che differenza c'è? I vivi saranno morti, i morti sono stati vivi»; «Ogni morte è un sacrificio che tiene in vita il mondo». E con guizzi di sarcasmo contro le mode che svuotano di senso: «Oggi si fanno i pellegrinaggi per sgranchirsi le gambe»; «La liberazione di Vienna dall'assedio dei turchi fu un evento. Oggi un evento è la recita di questo o quel buffone». Quello che ci lascia è il coraggio di sostenere le proprie idee, anche se perdenti: «L'onore, un oggetto smarrito». La parola di Gianfranceschi ancora lievita.

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POLITICA    

Emanuele Aliprandi, Le ragioni del Karabakh -  Storia di una piccola terra e di un grande popolo  (&Book, pagg. 136, Euro 12,00)

La storia di una piccola terra, un fazzoletto gettato nel turbolento Caucaso, e di un grande popolo che lotta per il diritto all’autodeterminazione. Intorno alle vicende del Nagorno Karabakh ruotano interessi internazionali e si intrecciano fitte trame diplomatiche. Il precedente Kosovo e le rotte del petrolio, la disgregazione dell’Unione Sovietica ed antichi odi. Ma soprattutto la cronaca di cinque anni di sanguinosa guerra combattuta lontano dalle prime pagine dei giornali. Mentre Armenia ed Azerbaigian cercano a fatica la strada della pace, tra proclami e venti di guerra che fanno temere un improvvisa recrudescenza del conflitto, il primo testo in italiano sulla piccola repubblica caucasica dell’Artsakh.


Davide Allegranti, Matteo Renzi – Il rottamatore del PD (Vallecchi, pagg. 216, Euro 15,00) 

È il 15 febbraio 2009, Matteo Renzi vince le primarie a sindaco di Firenze, di cui diventerà primo cittadino pochi mesi più tardi. Il Pd scopre una faccia nuova, se non altro seminuova, un grillo parlante che vuole rottamare i dirigenti del suo partito e si presenta con la volontà di scompaginare gli assetti classici della cooptazione. Piglio decisionista e cultura pop-populista che assume tratti veltroniani («Sono cresciuto con Kennedy e Mandela nel cuore»), il cattolico Renzi si presenta alla pubblica opinione, con cui dialoga anche attraverso internet, come un leader postideologico dalle doti taumaturgiche per il centrosinistra. Dal liceo Dante, dove già voleva rottamare qualche segretario, all’assemblea alla Stazione Leopolda dove ha riunito quasi 7.000 persone, passando per i duelli con il partito, ecco il ritratto di un giovane leader: i tic, il modello comunicativo, la musica che ascolta, la trasversalità che lo rende interessante anche agli occhi di un elettore di centrodestra, così l’«Obama dei lungarni» – come qualcuno l’ha ribattezzato – ha lanciato l’assalto alla diligenza, o meglio alla dirigenza del Partito democratico. 


Alberto Di Majo, Grillo for President  (Editori Internazionali Riuniti, pagg. 320, Euro  16,90)

Alle ultime elezioni amministrative ha conquistato quattro città, tra cui Parma. Ora prepara lo sbarco in Parlamento. Ma chi sono e che cosa vogliono gli attivisti 5 Stelle? Se lo chiede Alberto Di Majo in Grillo for President. Il  giornalista, responsabile del servizio politico de 'Il Tempo', fa un quadro delle convinzioni degli attivisti, del loro rapporto con il ''megafono'' Beppe Grillo, delle ombre che avvolgono il Movimento. In pochi anni il comico genovese, insieme con il guru del web  Gianroberto Casaleggio, e' riuscito a costruire un ''non partito'' (senza sedi, tessere e dirigenti) e a stabilire pochi ma fondamentali principi.

Questo libro cerca di comprendere e di spiegare in modo semplice e chiaro chi sono veramente, che cosa vogliono e propongono, e perché i “grillini” stanno sconvolgendo il Belpaese. Senza ignorare i lati più controversi del MoVimento 5 Stelle, ma ricostruendo e raccontando tutto con obbiettività e serietà, sfatando luoghi comuni e pregiudizi. Poiché il movimento di Beppe Grillo è un grande fenomeno, che merita di essere analizzato e discusso sul serio, per quel che è, per quello che può diventare e per quel che può fare diventare l’Italia.

Nel testo ne discutono anche il sociologo Franco Ferrarotti, l'economista Carlo Pelanda, il blogger-deputato del Pd Mario Adinolfi, i giornalisti tv Massimo Giletti e Gianluigi Paragone, il massmediologo Klaus Davi, il Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia Luigi Pruneti.

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Pierfrancesco De Robertis, La casta invisibile delle regioni – Costi, sprechi e privilegi (Rubbettino, pagg. 252, Euro 10,00)

Numerose erano le «caste» finite sotto la lente di ingrandimento, ma mai nessuno aveva raccontato con una analisi approfondita e attenta quella delle regioni. Eppure tutti sappiamo che buona parte degli sprechi di cui tanto si discute si annidano proprio in questi piccoli venti stati che compongono il nostro Paese. Un «giro d’Italia» tra costi, sprechi e privilegi, auto blu, disservizi, società partecipate, enti inutili, viaggi merenda, sedi all’estero, maxi-stipendi e debiti record, pieno di risvolti sconosciuti e dati inediti. Divertenti da un lato e inquietanti da un altro. Al nord, al centro e al sud, nelle regioni «normali » e in quelle speciali. È lì che si annida la vera e voracissima «casta invisibile», che forse dopo questo libro sarà un po’ meno sconosciuta

                                                                                                           

NEL MONDO

Carlo Terracciano, Nel fiume della Storia  (Edizioni all’insegna del Veltro, pagg. 126, Euro 12,00)

Questa  raccolta di articoli apparsi a suo tempo sulle riviste "Orion" e "Eurasia" di uno dei maggiori geopolitici degli ultimi decenni, eurasianista convinto ed erede della tradizione geopolitica del continentalismo europeo, rappresenta la genesi ideologica di quest'ultima scuola. Egli asseriva che l'America è incapace di ragionare in termini geopolitici e in quanto talassocrazia non potrà impedire a lungo l'unità dell'Eurasia, opporsi per molto al processo storico ed alla situazione geostrtegica dei russi.

“Penso che Carlo Terracciano sia uno dei maggiori geopolitici europei degli ultimi decenni. Sono convinto che sarà riconosciuto come uno dei moderni autori classici di questa disciplina. (…) Carlo Terracciano ha ereditato la tradizione geopolitica del continentalismo europeo. Nei suoi scritti (raccolti in una serie di articoli intitolata Nel fiume della Storia), egli traccia la genesi ideologica di questa scuola. (…) Il suo lavoro è forse l’esempio più completo e coerente di questa tradizione. Nelle condizioni dell’occupazione atlantista e dell’egemonia talassocratica è un gesto virile di rivolta spirituale e cognitiva” (Aleksandr Dugin).

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Massimo Fini, La guerra democratica (Chiarelettere, pagg. 272, Euro 14,90)

Il libro è un pamphlet che raccoglie decine di articoli che Massimo Fini ha scritto su svariati argomenti di politica internazionale e geopolitica. Da quando è caduto il Muro le democrazie occidentali, sotto la guida USA, hanno inanellato otto guerre: nel Golfo (1991), in Somalia (1992), in Bosnia (1995), in Serbia (1999), in Afghanistan (2001), in Iraq (2003), ancora in Somalia per interposta Etiopia (2006) e infine in Libia (2011). E altre ne minacciano: contro la Siria e contro l'Iran. Ora, a parte il primo conflitto del Golfo, avallato dall'ONU, visto che Saddam Hussein (nel 1985, "amico dell'Occidente" in funzione antiKhomeini; successivamente "satana fondamentalista") aveva invaso uno Stato sovrano, e cioè il Kuwait, tutte le altre sono guerre d'aggressione. Dunque non c'è pezza di appoggio giustificativa variamente denominata- "operazione di polizia internazionale", "peacekeeping", "missione umanitaria"- che valga a legittimare invasioni e massacri. A "legittimarli" sono, come sempre, la volontà di potenza, la molla imperialistica, gli interessi economici e geopolitici da difendere e consolidare. La "guerra democratica" è brutta, sporca e cattiva al pari dei conflitti scatenati dai totalitarismi. Ma ci sono delle aggravanti: innanzitutto, "perché essenzialmente tecnologica, sistemica, digitale, condotta con macchine e robot, evita accuratamente il combattimento, che della guerra è l'essenza, perdendo così, oltre a ogni epica, ogni dignità, ogni legittimità, ogni etica e persino ogni estetica"; e poi perché "bombarda, invade, occupa, uccide con la pretesa di farlo per il superiore Bene delle sue vittime. Una sorta di Santa Inquisizione Planetaria. E questo è intollerabile".

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Emanuele Aliprandi, Le ragioni del Karabakh -  Storia di una piccola terra e di un grande popolo  (&Book, pagg. 136, Euro 12,00)

La storia di una piccola terra, un fazzoletto gettato nel turbolento Caucaso, e di un grande popolo che lotta per il diritto all’autodeterminazione. Intorno alle vicende del Nagorno Karabakh ruotano interessi internazionali e si intrecciano fitte trame diplomatiche. Il precedente Kosovo e le rotte del petrolio, la disgregazione dell’Unione Sovietica ed antichi odi. Ma soprattutto la cronaca di cinque anni di sanguinosa guerra combattuta lontano dalle prime pagine dei giornali. Mentre Armenia ed Azerbaigian cercano a fatica la strada della pace, tra proclami e venti di guerra che fanno temere un improvvisa recrudescenza del conflitto, il primo testo in italiano sulla piccola repubblica caucasica dell’Artsakh.

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Nasr Seyyed Hossein, La crisi spirituale dell'uomo moderno (Medusa, pagg.160, Euro 17,50)

Se il rapporto tra uomo e natura, in tutte le sue forme, si presenta oggi come sopraffazione e dominio, la responsabilità grava sul mondo occidentale e sulla cultura che, come ne ha determinato la leadership, ne minaccia ora la sopravvivenza: tra i capostipiti filosofici Francesco Bacone, teorico del primato del pensiero scientifico; e Cartesio, che ponendo il "cogito" al centro della metodologia, ha reso onnipotente la soggettività umana. A partire da questi presupposti filosofici, muove l'autore di questo saggio per sviluppare una critica della civiltà occidentale moderna, che oggi rischia drammaticamente la propria autodistruzione: l'inquinamento, l'invenzione di armi chimiche e batteriologiche sempre più potenti, l'imporsi di forme estreme di manipolazione genetica delle risorse alimentari, sono gli effetti dell'abuso che l'uomo occidentale ha fatto e continua a fare delle proprie capacità e un segnale che impone un cambio di direzione rapido e radicale. Nasr, di religione musulmana ma anche studioso della tradizione cristiana, indica la via per ritrovare la sacralità della natura e "comprendere pienamente il significato simbolico delle forme, dei colori e dell'aspetto delle cose che ci circondano". In sostituzione di una "filosofia della natura" che l'attuale visione scientifica del mondo fisico ha cancellato, occorre ritrovare una "teologia della natura" che eviti le derive mistiche e razionaliste e riscopra le basi della gnosi.

ECONOMIA E LAVORO

Dario Antiseri e Giacomo Panizza, Il dono e lo scambio (Rubbettino, pagg. 96, Euro 10,00)

È possibile fondare una società solo su relazioni di solidarietà, fraternità e dono potendo fare a meno dell'economia e delle relazioni di scambio economico che contraddistinguono fin dall'antichità le società umane? E, viceversa, è possibile immaginare un mondo regolato esclusivamente dalla legge del mercato, dall'interesse dei singoli e dalle relazioni di scambio economico? A partire da queste domande nasce un dialogo tra un filosofo cattolico come Dario Antiseri, erede della grande tradizione del cattolicesimo liberale, e don Giacomo Panizza, sacerdote di frontiera in prima linea nella lotta al bisogno, all’emarginazione e alla criminalità sull'importanza del dono e dello scambio, ma anche sulla ragione critica, l'etica, la proprietà, la solidarietà, la pace, la povertà e il benessere.

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Giuliano Cazzola, Figli miei precari immaginari (Guerini e Associati, pagg. 204, Euro 17,50

Di certo l’Italia ha il tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti di Europa, ma anche il più alto tasso di posti vacanti. E allora il lavoro c’è o non c’è? E i giovani non saranno per caso innamorati di un lavoro intellettuale che non esiste più e non accettano di sporcarsi le mani nella tradizione manifatturiera italiana? Giuliano Cazzola,  parlamentare del Pdl e relatore del decreto sul lavoro, affronta i nodi di quella che definisce una riforma mancata del mondo del lavoro.
“Mia madre è un’operaia e mi ha detto che non consentirà mai che io faccia una vita come la sua”. È in questa frase di una giovane precaria di Anzola Emilia che si racchiude il senso di Figli miei precari immaginari di Cazzola. Una politica educativa che in un paese manifatturiero ha puntato sulla formazione a professioni intellettuali, famiglie che spingono i figli a non accettare lavori che si ritengono al di sotto delle aspettative, mentre i posti di lavoro vengono occupati dagli stranieri. Una diagnosi lucida e politicamente scorretta quella di Cazzola, che cerca di superare la mistica del precariato, il pensiero unico: i giovani sono precari. La verità rivelata che non ammette opinioni contrarie o repliche.
In un paese in cui il tasso di attività per i laureati dai 25 ai 29 anni è sceso negli ultimi otto anni dall’81% al 68%, contro l’89,1% della media UE, e in cui nel lavoro manuale è in atto un vero e proprio “effetto sostitutivo” di lavoratori stranieri (sempre più necessari) rispetto a quelli italiani, è necessario un cambiamento radicale. E allora che fare?
“Occorre impegnarsi in una battaglia culturale - sostiene Cazzola-  anche all’interno delle famiglie che favoriscono con il loro comportamento la naturale propensione dei giovani a non impegnarsi nel lavoro fino a quando non si apre, per loro, la prospettiva professionale a cui ambiscono. Occorre convincersi che tutti i lavori sono decenti e che, aver acquisito un know how scolastico e culturale, è comunque un vantaggio anche per svolgere mansioni di carattere manuale."

AGLI ATTI

Aa.Vv. Per una Repubblica presidenziale della partecipazione e delle competenze, Introduzione di G. Rasi (Ed. CESI,pagg.152, Euro 15,00)

L’opera è il II volume della Collana Documenti, edita dal Centro Nazionale di Studi Politici CESI, che riporta integralmente gli Atti del Convegno tenuto sullo stesso argomento al CNEL Roma, il 15 dicembre 2011, ed è preceduto da una Introduzione del prof. Gaetano Rasi, Presidente del centro studi, che attualizza ulteriormente la materia trattata in relazione agli avvenimenti degli ultimi sei mesi.                                                                                                                                                                                                                                                Il volume si articola in quattro sessioni: una prima relativa ai problemi economici (l’attacco all’euro da parte della speculazione proveniente dall’area del dollaro); una seconda riguardante il ricambio della classe politica in un nuovo quadro costituzionale (l’individuazione di una nuova base elettorale per una diversa rappresentanza democratica fondata sulla competenza e sulla esperienza); una terza riguarda l’analisi sociologica e comunicazionale nell’attuale fase di evoluzione (le nuove istituzioni per un diverso modello sociale e la responsabilità del mass media nei cambiamenti in corso) ed infine, una quarta relativa all’inquadramento dei problemi della politica europea e alla chiave interpretativa e metodologica per affrontare i cambiamenti in corso nel Vicino Oriente e sulle rive africane del Mediterraneo                                                                                                                                                                   Di notevole interesse sono le relazioni di G.Rasi, E.Franza, A.Bottone, A.Scaramuzzino, F.Tamassia, L.Ferrari, E.Alberti, M.Marino, C.Vivaldi Forti, L.Zichella, C.Tedeschi, I.Cruciani, C.Manganelli, R.Scarpa, E.Burlini, M.Marconi. Vanno segnalati inoltre gli interventi dei  parlamentari: on. Manlio Contento (La crisi dei partiti come crisi delle competenze), sen. Domenico Benedetti Valentini (Per una nuova fisionomia del Parlamento); on. Carlo Ciccioli (Solidarietà e funzionalità in un nuovo Sistema Sanitario Nazionale)

Il volume può essere richiesto per e-mail (cesi.studieiniziative@gmail.com)

L’ALTRA STORIA

Piero Vassallo, Il fascismo e la tradizione italiana (Edizioni Solfanelli, pagg. 152, Euro 12,00)

Il muro di Berlino ha sepolto i comunisti, il mito dell'unità italiana intorno ai sacri e indeclinabili valori della resistenza al fascismo ha consegnato ai postcomunisti il potere di legittimare o delegittimare il qualunque esponente della cultura e della politica nazionale.
L'uscita della tradizione italiana dai lavativi ingranaggi della censura comunista non è dunque possibile senza accettazione della verità storica sul fascismo e sui cattolici consenzienti.
La demonizzazione del fascismo proietta un'ombra infamante su tutte le espressioni del pensiero italiano che non sono riconducibili al compromesso con i rottami dell'ideologia comunista o alla condivisione dei suoi desolanti esiti francofortesi.
L'inflessibile rigore degli antifascisti giustifica ultimamente l'oblio della dottrina insegnata dai pontefici preconciliari ovvero l'esilio di tutti i pensieri cattolici (la dottrina sociale del Beato Giuseppe Toniolo, ad esempio) che non sono inclusi nella costituzione, concepita come indiscutibile surrogato del Vangelo.
Il presente saggio è inteso a riabilitare le ragioni dei prelati e degli intellettuali cattolici che avviarono un costruttivo dialogo con il fascismo. La loro aprioristica condanna è il vettore della deportazione cattolica nel margine abitato dalla scolastica bolognese e intitolato alla subalternità ad ogni costo.

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Ernst Junger, Sulla questione degli ostaggi – Parigi 1941-1942 (Guanda, pagg. 190, Euro 14,00)

Nell'agosto del 1941, a seguito di alcuni attentati contro gli occupanti tedeschi, tutti i francesi loro prigionieri vengono dichiarati ostaggi: in caso di ulteriori attacchi, saranno fucilati. È l'inizio di un'inaudita spirale di violenza che culmina nell'ottobre dello stesso anno in vere e proprie esecuzioni di massa, suscitando indignazione nell'opinione pubblica francese e crescenti riserve anche tra i responsabili del comando militare tedesco a Parigi, in conflitto con Berlino. Incaricato dal comando di documentare fatti e responsabilità a futura memoria, il capitano Ernst Jünger stila un resoconto degli eventi asciutto e puntuale. Al documento accosta però la traduzione delle ultime lettere degli ostaggi condannati a morte dopo l'attentato di Nantes del 20 ottobre 1941, strazianti eppure composte e coraggiose. Tanto basta per sublimare la cronaca trasformandola in un omaggio commosso alla dignità delle vittime, per rivelare, dietro il soldato, l'uomo e lo scrittore.

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Jean Madiran,” L’accordo di Metz”  tra Cremlino e Vaticano (I libri de il Borghese, pagg. 110, Euro 12,00)

Se la mancata condanna del comunismo da parte del Concilio è abbastanza nota, meno conosciuto è il cosiddetto “accordo di Metz”, siglato nella cittadina francese nell’agosto del 1962, quattro mesi prima dell’apertura del Vaticano II, tra il cardinale Tisserant, rappresentante del Vaticano, e l’arcivescovo ortodosso di Yaroslav, monsignor Nicodemo, futuro Esarca dell’Europa Occidentale e probabilmente un agente del Kgb. Tale accordo segreto prevedeva che, in cambio del libero accesso al Concilio dei rappresentanti della Chiesa ortodossa russa, il Vaticano si impegnasse a non condannare il comunismo, smentendo di fatto il magistero precedente. Di questo accordo lo scrittore cattolico francese Jean Madiran traccia la storia nel volumetto L’accordo di Metz. Tra Cremlino e Vaticano,  con introduzione e postfazione di Roberto de Mattei e trad. it. di Milena Riolo.

Evitata la condanna esplicita, il Cremlino cantò vittoria: i giornali comunisti accennarono all’accordo, considerandolo un palese riconoscimento della evidente superiorità del sistema socialista mondiale. Le successive ambigue prese di posizione della Chiesa (in particolare durante il pontificato di Paolo VI, definito da Madiran «il Papa dell’accordo di Metz») nei confronti dei regimi socialisti, i cavillosi distinguo tra filosofia marxista e prassi sovietica permetteranno la confusione e, di conseguenza, la nascita della teologia della liberazione, che cercherà addirittura di coniugare il Vangelo con il Capitale.

L’accordo di Metz trasformò quindi il Concilio Vaticano II in un’occasione mancata per essere vicino a chi soffriva nel blocco comunista. Anzi, a leggere le dichiarazioni conciliari e post-conciliari, sembrava che l’unico difetto del marxismo fosse l’ateismo e per il resto ci fosse piena conciliabilità, se non comunanza di intenti; per anni si criticò il sistema sovietico utilizzando il termine astratto “marxismo”, ma non quello relativo alla sua applicazione concreta, “comunismo”.

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Michelangelo Ingrassia, La sinistra nazionalsocialista – Una mancata alternativa a Hitler (Cantagalli, pagg. 136, Euro 12,00)

Come in Italia, anche in Germania la Grande guerra alimentò forti tensioni, frantumò gli schemi politici del passato, produsse nuove contrapposizioni. Si è ormai stratificata nella storiografia l'idea che Hitler e il nazionalsocialismo siano stati il risultato di particolari circostanze: la Prima guerra mondiale, le ritorsioni di Versailles, la gracile democrazia nata dalle ceneri dell'Impero guglielmino. In realtà nella Germania del primo dopoguerra si agitarono forze culturali e politiche contrapposte alla repubblica di Weimar e alternative a Hitler, come la Rivoluzione conservatrice, il nazionalbolscevismo, il prussianesimo. Furono correnti di pensiero che tutte, in qualche modo, trassero linfa dalla grande tradizione del socialismo tedesco, nazionale e antimarxista. Cadute le barriere di destra e di sinistra, la linea di confine corse fra la multiforme sinistra nazionale e il nazionalsocialismo. Hitler fu l'esito finale di una storia che avrebbe potuto seguire anche altre direttrici; un dramma nel dramma della Germania nel Novecento. Questo libro disegna una mappa che guida lungo le vie seguite da uomini d'azione e uomini d'arme, filosofi e cattedratici, la cui avventura, talvolta velleitaria, risultò perdente nel confronto con il realismo politico del machiavellico Hitler.

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Fulvio Izzo, Maria Sofia Regina dei briganti – Dall’assedio di Gaeta a Umberto I  (Edizioni Controcorrente, pagg. 480, Euro 30,00)

L’immagine di Maria Sofia di Borbone consegnata dalla storia al mito è quella di una giovane Regina che rincuora i combattenti e i feriti sugli spalti di Gaeta mentre infuriano i bombardamenti degli invasori piemontesi. Nessuno incarna l’ansia di riscossa contro l’ingiustizia e l’arroganza dei prepotenti meglio di questa intrepida giovane, che oppone alla violenza e alle subdole manovre dell’aggressore l’impeto ribelle dei suoi diciannove anni. Il suo spirito combattivo, che induce Gabriele D’Annunzio a coniare per lei l’appellativo di “aquiletta bavara”, non viene meno negli anni successivi alla caduta del Regno delle Due Sicilie. Pur di minare la stabilità del nuovo stato sabaudo e di ritornare sul trono di Napoli, dall’esilio e per un lunghissimo arco di tempo, Maria Sofia traccia e realizza alleanze con anarchici, sinistra radicale e comunque con qualsiasi forza politica nemica del suo nemico. Si crea così un intreccio di utopia socialista e legittimismo popolare, di rivoluzione e reazione che trapassano strumentalmente l’una nell’altra e che reciprocamente si sostengono. L’acquisizione di nuovi e decisivi documenti d’archivio (le carte di Giovanni Maria d’Alessandro, duca di Pescolanciano) permettono di definire la giusta prospettiva e consentono una messa a punto, con nettezza di contorni, soprattutto sugli avvenimenti di fine Ottocento e sulla morte di Umberto I di Savoia, che videro protagonista il mondo borbonico. Questo lavoro ha l’intento primario di chiarire storicamente e con rigore i sentieri intricati ma percorribili che videro agire con insolite sinergie borbonici, anarchici e sinistra radicale, ma non nasconde la volontà di ricordare l’immagine avvincente e coinvolgente di una Regina alla quale un destino severo ha imposto dolorosamente la crescita tra tempeste, rotture irreparabili, esili.

LA STORIA DELLE DESTRE

Federico Roobe, L’impossibile incontro - Gli Stati Uniti e la destra italiana negli anni Cinquanta (Franco Angeli, pagg. 304, Euro 36,00).

Qual è stato l'atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti di neofascisti e monarchici dopo le elezioni del 1948? Come hanno interagito gli americani con la destra "impolitica", ossia quel fronte ampio ed eterogeneo, con forti venature di antipolitica, che andava da Montanelli agli imprenditori nostalgici del fascismo?
Sono alcune delle domande alla base di questo volume, che ricostruisce la politica degli Usa nei confronti della destra italiana negli anni Cinquanta. Un decennio di aspre lotte politiche nel corso del quale si consolida la democrazia e inizia la stagione del centrismo, passando dalle ferite del conflitto mondiale al miracolo economico. Grazie a documenti inediti reperiti in diversi archivi statunitensi è stato possibile fare luce su alcuni aspetti controversi: la presunta connivenza degli Usa, e in particolare della Cia, con la destra per arginare il Pci; l'incoerenza, e talvolta la miopia, dei vari centri decisionali americani; il peso del ventennio fascista nella società italiana del dopoguerra; il radicamento del sentimento monarchico; i limiti del progetto di "grande destra"; il sostegno dei missini al governo Tambroni del 1960. Ne risulta un quadro originale e per certi versi sorprendente sull'impatto della Guerra fredda nel nostro Paese. E non manca qualche mito sfatato.

SCIENZA

Maurizio Blondet, L’uccellosauro ed altri animali – La disfatta evoluzionista (Effedieffe, pagg. 256, Euro 15,00)

Viene ripresentato , perché esaurito da tempo, L’uccellosauro ed altri animali, arricchito di 105 pagine di nuovi contributi di Maurizio Blondet sul tema evoluzionismo, che portano così la nuova edizione a 245 pagine rispetto alle precedenti 140. Il libro si avvale della prefazione del Professor Giuseppe Sermonti.
Blondet non oppone all’evoluzionismo il creazionismo, ma oppone ad una dottrina pseudoscientifica argomentazioni scientifiche precise quali l’intelligent design e la complessità irriducibile.
Di un rivoluzionario dibattito scientifico in corso, che è anche una vittoria della libertà sul progressismo, l’opinione pubblica italiana continua a essere tenuta all’oscuro. Nella loro battaglia contro il darwinismo, cattedratici hanno scoperto, incoraggiato e messo in contatto fra loro un’intera generazione di giovani scienziati che prima non osavano parlare. Si contano a decine paleontologi e matematici, genetisti e biologi molecolari, ormai apertamente critici del mito evoluzionista, che osano deridere il concetto di selezione naturale: nei loro argomenti mettono alle corde i baroni dell’evoluzionismo e le loro scoperte e polemiche sono accolte nelle riviste scientifiche americane.
L’ assoluta mancanza di reazione a tutto quello che ci succede, se non la beota condivisione, è, inoltre, esito della quasi completa scristianizzazione del nostro popolo, che invece in passato ha sempre reagito, contrariamente a visioni denigratorie – e false – sulle nostre caratteristiche antropologiche, anche con forza, ad ogni torto o prevaricazione che venivano tentati ai suoi danni.

TEMPI MODERNI

Franco Ferrarotti, Un popolo di frenetici informatissimi idioti (Edizioni Solfanelli, pagg. 104, Euro 9,00)

Il termine “idioti” del titolo non è un insulto gratuito. È da intendersi nel senso etimologico di “circoscritti”, “localizzati”, “irretiti”, “prigionieri nel web”.
È sempre più tardi di quanto si crede.
Ora anche i periodici a grande tiratura (si veda “Newsweek” del 13 luglio 2012) i fini dicitori del giornalismo salottiero e i compunti maggiordomi del potere quale che sia, i vati dell’ovvio e gli specialisti dell’aria fritta se ne vanno accorgendo.
Un’intera generazione — come da almeno trent’anni vado documentando — appare nello stesso tempo informatissima di tutto, comunica tutto a tutti in tempo reale, ma non capisce quasi nulla e non ha niente di significativo da comunicare. È una generazione al macero, appesa agli schermi opachi di TV, Internet, Facebook, Youtube, eccetera, destinata all’obesità catatonica e alla lordosi sedentaria. La stessa molteplicità e eterogenea abbondanza delle informazioni la deforma, la fagocita, le impedisce di stabilire una propria tavola di priorità.
Internet, priva della critica delle fonti, è la grande pattumiera planetaria e paratattica, in cui giovani e giovanissimi, adolescenti, ma anche giovani adulti, vanno quotidianamente affondando.
Questo è un grido di allarme che non si fa illusioni. Non sarà ascoltato. Quest’epoca avrà il malessere del benessere che si merita.

***

Marco Iacona,  Album di un secolo – Icone di un Novecento postideologico  (Rubbettino, pagg. 246, Euro 14,00)

Il  racconto di un Novecento postideologico, di un secolo senza nemici né alleati, imprevedibile, aperto come un film di Woody Allen. Un secolo nel quale bellezza, arte, indagine e solidarietà non hanno colori politici. Non un Novecento ordinato sugli eventi o sui punti di vista di parte, ma su alcuni profili esemplari. Le piccole-grandi biografie dei nuovi maestri e delle icone di un secolo né a destra né a sinistra. Trasgressivo, ma a suo modo. Un Novecento insolito, come il secolo cantato da Giorgio Gaber, nel quale si ride per le assurde divisioni fra destra e sinistra; un secolo che apre definitivamente all'indistinto, all'informale, che accosta la cultura alta (l'indagine sociologica, l'arte figurativa o il trattato filosofico) a quella bassa e che raccoglie le fenomenologie del moderno senza alcun pregiudizio. Ecco dunque un’ agile carrellata di personaggi apparentemente lontanissimi fra loro, dove non solo Nietzsche e Marx si danno la mano, parafrasando una famosa  canzone di Antonello Venditti, ma lo fanno anche Jünger e Bukowski, Sciascia e  Woody Allen, Simone Weil e Peggy Guggenheim. E i favolosi Anni Sessanta dei  Beatles s’intrecciano con l’Italia di fine boom economico di Lucio Battisti.

CLASSICI

Ezra Pound, Carta da visita (Bietti, pagg. 103, Euro 14,00)

Carta da visita è un impasto di aforismi graffianti, battute sarcastiche, tirate polemiche in una lingua che riecheggia Dante e Cavalcanti. Che si tratti della critica letteraria, del destino della poesia, dei labirinti della filosofia o della stessa astrazione scientifica, il filo rosso è l'ossessione di Pound per l'economia. I grandi finanzieri abitualmente praticano “il trucco di far aumentare il valore dell'unità monetaria manovrandolo per mezzo del monopolio d'una sostanza qualunque, e quindi facendo pagare dai debitori l'equivalente di due volte la merce e i beni avuti al tempo d'un prestito”. E’ difficile non sentire vicina l'invettiva di Pound. Le bolle finanziarie a livello globale non sono che l'altra faccia dell'oppressione fiscale, della violenza repressiva e del saccheggio dell'ambiente. Sono l'amore per la natura, l'arte e la scienza a scatenare l'indignazione di Pound il libertario. Come scrive Luca Gallesi, curatore dell’opera: “Sicuramente, in quegli anni, quando molti intellettuali impegnati si baloccavano con il mito della lotta di classe, Pound doveva risultare quantomeno eccentrico, con il suo insistere nella guerra contro la speculazione finanziaria, ricordando che “una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai”. Oggi, invece, il suo avvertimento contro “la banca che trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla”, come recita il Canto 46  , risulta ben più efficace del rimedio allora auspicato da mol­ti, e cioè la ‘dittatura del proletariato’”.

ROMANZI

Alvaro Gradella, L’Aquila e la spada – La storia scritta dai Vincitori, la Leggenda…dagli Sconfitti (Edizioni il Cerchio, pagg. 408, Euro 18,50)

Magno Clemente Massimo, Comes Brittanniarum, ultimo Governatore delle Britannie, fu uno degli "usurpatori" più temuti della storia del tardo Impero. Mentre la storiografia romana ufficiale dell'epoca cercò in tutti i modo di cancellarne le imprese, al contrario la tradizione orale dei Celti di Britannia lo elesse al ruolo di indimenticato protagonista di più di una leggenda. Di lui, di Maesen Wledig, i bardi avrebbero cantato nei secoli le gesta. Non a caso, egli è il solo non-nativo che animi uno dei dodici racconti contenuti nell'antico " Mabinogion": l'unica traccia  scritta della tradizione mitica britanno-celta. In questo libro, la Storia scritta e la Leggenda tramandata si intrecciano a creare un mondo epico e fatato in cui il realismo pragmatico e disincantato dei Romani si fonde con lo spiritualismo magico e sognatore dei Celti di Britannia, mostrando come Roma abbia lasciato in eredità alla Britannia qualcosa delle sue antichissime gloria e nobiltà. Qualcosa da cui sarebbe nata, quasi un secolo dopo, la leggenda più grande e amata di tutte, quella del Rex quondam Rex futurusque, il Re in Eterno: Artù.Il romanzo dal titolo "L'Aquila e la Spada" ed il suo seguito - già in fase di scrittura - traggono origine dal racconto " La terza Aquila" anch'esso scritto da Alvaro Gradella e pubblicato nella raccolta " E' sempre tempo di eroi" (1988), edita da "Il Cerchio-Iniziative Editoriali" L'Autore ne ha sviluppato anche una sceneggiatura cinematografica che ha ottenuto un riconoscimento dalla Commisione Ministeriale competente. Il personaggio principale, il generale romano magno Clemente Massimo, è una figura realmente esistita, così come la maggior parte dei contemporanei che leggiamo fargli da contorno: gli imperatori Giulio Valente e Flavio Graziano, il generale Teodosio il Giovane, il vescovo Ambrogio (futuro santo e patrono), l'arcidruido Taliesin, e così via. Nella narrazion, quindi, lo vedremo muoversi ed agire in un contesto del tutto congruo al proprio tempo (la fine del IV secolo d.C.) e nel rispetto di quanto gli storici ci riportano di lui, nonchè della situazione politica, militare e dinastica negli Imperi Romani d'Occidente e d'Oriente. Magno Massimo non sfuggi ad una spietata damnatio memoriae, ma "L'Aquila e la Spada" restituisce voce e gloria - come mai prima - a questo straordinario protagonista di Roma e della Britannia.

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Robert Hugh Benson, Necromanti   (Fede & cultura pagg. 288, Euro 14,00)

Quando la morte ci separa all’improvviso dalla persona amata l’amore si trasforma in disperazione e la tentazione di cercare un contatto con l’aldilà può essere forte. Così Laurie, figlio brillante e un po’ viziato di una famiglia bene, da poco convertito al cattolicesimo, comincia ad avvicinarsi allo spiritismo per il desiderio di rivedere la sua Amy. In uno scenario di inizio Novecento il geniale Autore de Il Padrone del mondo delinea una trama semplice e ricca di suspence, che sottende temi ancora attuali: l’indifferenza religiosa e la poca preparazione di molti credenti lasciano prosperare una religione “fai da te”forme di magia, spiritismo e truffe ai danni dei più deboli. I Necromanti serve come ammonimento non solo per l’occultismo, ma anche per le molte abitudini che affliggono la società post-cristiana, come il relativismo e le pratiche New Age.

FANTASY

Pierfranco Prosperi, Bersaglio Mario Monti (Edizioni Reverie, pagg. 197, Euro 15,00)

Novembre 2012. Si avvia alla fine un anno cruciale per le sorti politiche ed economiche d’Italia e d’Europa. Dopo le incertezze iniziali, l’anomalo governo di Mario Monti ha inanellato un successo dopo l’altro. Sia in campo nazionale, dove per la prima volta la spesa pubblica ha iniziato a contrarsi e lo spread è sceso a livelli mai sognati, sia all’estero, dove l’autorevole intervento di «Supermario» ha risolto crisi che apparivano inestricabili. Nico Raimondi è un dropout. Un uomo che ha scelto volontariamente di vivere ai margini di una società in cui non crede, che lo ha profondamente ferito. Non è tendenzialmente un violento, ma da tempo rifiuta il principio di autorità. L’incontro con uno sconosciuto, un uomo dall’aria aristocratica e dal grande carisma in un esclusivo ristorante di Milano cambia per sempre la sua vita. Gli viene proposto di partecipare a un grande progetto di rifondazione della società. L’obiettivo? Tornare a far valere la libera volontà dell’individuo. E la mossa migliore è cominciare a colpire il ventre molle dell’Occidente: l’Italia. Scardinato il nostro sistema politico, sarà facile generare un effetto domino che farà crollare gli altri capisaldi. Oltre a Nico, vengono reclutati altri, per vari motivi insoddisfatti e scontenti, in ogni settore della società. Qualcosa di imprevisto e imprevedibile sta per accadere, a Roma le autorità entrano in allarme.




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