Editoriale

Sallusti condannato, ora Dreyfuss si sveli e si assuma la responsabilità di quanto scritto

Incredibile epilogo della vicenda di diffamazione del direttore del Giornale. Ci esimiamo dal commento nel merito per paura

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

’ accaduto quello che, onestamente, non avrei mai pensato potesse accadere. Alessandro Sallusti direttore del Giornale è stato condannato anche in Cassazione e adesso dovrà scontare la pena di 14 mesi di detenzione per diffamazione a mezzo di un articolo pubblicato sul giornale che dirigeva nel 2007, Libero, e firmato con lo pseudonimo Dreyfuss.

In punta di diritto l’argomentazione che Sallusti non è colpevole, non avendo scritto lui l’articolo, ma qualcuno che si è nascosto dietro un eteronimo, non regge, infatti tutti sanno che il direttore di un giornale è “l’autore dell’opera collettiva d’ingegno”, quindi di conseguenza se l’ identità dell’ autore appartenente alla collettività giornalistica non è individuabile, il direttore si prende la responsabilità di quanto scritto.

Detto questo ci aspetteremmo che, a questo punto, il vero Dreyfuss svelasse la propria identità e si assumesse la responsabilità delle parole incriminate.

Ci aspetteremmo che non si continuasse a nascondere dietro le spalle di un direttore che ha affrontato con saldezza e coraggio le accuse e la condanna dichiarando di voler andare in carcere senza chiedere l’applicazione di una pena sostitutiva, come previsto dalla legge per condanne inferiori a tre anni.

Anche questa orgogliosa, chapeau, presa di posizione del direttore dovrebbe indurre Dreyfuss a svelarsi e a non far patire ad altri le conseguenze delle sue parole.

Ciò detto, veniamo al merito, e ai primi commenti, in entrambi i casi confessiamo il totale sconcerto.

Il merito. La sentenza certifica che in Italia chi esprima il proprio pensiero, per quanto aberrante possa essere va in galera, quindi c’è di fatto un reato di pensiero quando essa venga verbalizzato e diffuso, punibile come un delitto di sangue.

Poiché le cose stanno così ora mi taccio e non proseguo perché, cari lettori, ve lo dico onestamente HO PAURA.

Io non sono Sallusti e non voglio andare in galera, non voglio subire tre gradi di giudizio penale se qualcuno ritiene che le mie parole lo diffamano. Non voglio finire con stupratori e malviventi per aver giudicato duramente qualcuno di cui non condivido l’operato.

Non voglio essere più condannabile di un assassino che viene messo fuori perché avendo ammazzato la madre e essendo accertato che il delitto è stato compiuto per odio verso la madre stessa non c’è il rischio che ripeta l’atto criminoso perché di mamme ce n’è una sola (avvenne a Genova qualche anno fa).

No, io non me la sento di battermi contro una giustizia ingiusta perché sono destinata a soccombere seppure con la solidarietà di tutta la stampa.

Se il Diritto è arbitrio io sono perdente in partenza, quindi HO PAURA; se la discrezionalità del giudice è legge, io HO PAURA.

Dovrebbero riflettere su questo, e veniamo al secondo punto, i commenti, tutti coloro, e sono troppi per essere accettabile, hanno scritto sul sito del Giornale il proprio pensiero sulla condanna a Sallusti. Fra tante parole di solidarietà, troppe, un numero spaventosamente grande, è di soddisfazione.

Il leit motif ricorrente invoca la giusta applicazione della pena senza privilegiare la casta dei giornalisti.

Il principio sarebbe giusto se, in questo caso, quello che è considerato un privilegio è la libera espressione del proprio pensiero che condannato come diffamatorio viene punito penalmente e non civilmente come sarebbe giusto e equo.

Ma giustizia e equità ormai lo sappiamo non appartengono a questo paese.

Ciò detto abbia Dreyfuss il coraggio di dichiararsi e di non far scontare la pena ad un innocente, almeno nel merito.

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    3 commenti per questo articolo

  • Inserito da FRANCESCO BUFFA DESIGNER il 27/09/2012 19:12:57

    S E N T E N Z A G I U S T A ! – Che la libertà di pensiero, di opinione e di stampa siano un bene inestimabile che va protetto con ogni mezzo, lo sappiamo ormai tutti! Ma cosa ha a che vedere con la libertà di stampa l’espressione «Qui ora esagero. Ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice». Se qualcuno pensa di potersi permettere impunemente di pubblicare questo, evidentemente ha qualche rotella fuori posto, ho pensa di essere superprotetto. Ma, se è vero che la legge è uguale per tutti, inutile montare tragedie inesistenti, in questo caso, si tratta di un reato che nulla ha a che fare con la libertà di stampa, non ci pigliamo in giro! nessun accanimento dunque, tanto è vero, che l’esecuzione della pena detentiva è stata comunque sospesa dalla stessa Procura della Repubblica di Milano, in quanto l’imputato “risulta non avere cumuli di pena ne’ recidive”. Dunque, se l’imputato in questione vuole immolarsi, fare parlare di se non solo per mera vanità, fare il martire o tentare di passare alla storia come la vittima di un regime che non tollera la libertà di stampa faccia pure! Non facciamo gli ipocriti, informiamoci bene sui fatti! La responsabilità di un “giornale”, equivale al possesso di un’arma micidiale, e come tale, tutti sappiamo che se un’arma è usata in modo improprio o irresponsabile, può distruggere la vita di un essere umano, la rispettabilità di una istituzione importante come la magistratura, di un professionista, di un politico, di un partito, può calpestare la libertà di espressione di chiunque insomma . . . e, tanto una persona è debole, tanto questa arma può essere più pericolosa . . . . e si potrebbe continuare all’infinito . . . . nessuna giustificazione dunque per forse pensa che lavorare per un editore forte economicamente, può “esagerare”, anzi questa potrebbe essere soltanto una aggravante! Chiunque pensi che disporre di un giornale e della relativa responsabilità, significa possedere la licenza di colpire in modo indiscriminato e arrogante, o di porre in essere impunemente la conosciutissima e sperimenta macchina del fango, con l’alibi della libertà di stampa, offende semplicemente la nostra ottima costituzione, le leggi vigenti in materia di libertà di espressione e l’intelligenza dei lettori, chi lo pensa dunque e lo mette in atto è soltanto un vero delinquente! Gravissimo poi se questo delinquente si traveste da intellettuale approfittando di menti fragili, disinformate, di intelligenze umili o della complicità e dell’opportunismo di una ricca platea di farabutti. Purtroppo, chi possiede un giornale, sovente, non lo fa per amore dell’informazione. . . e/o per la libertà di espressione, o per un mero businnes e, i “giornali di famiglia”, ad esempio, in Italia sono un esempio consolidato in materia. Se malauguratamente – l’astuto martirio, facile a capirsi, di questo imputato che evidentemente si ritiene un diverso, tanto diverso che l’applicazione della legge, per lui è stato un grave affronto, tanto furbo da mettere in allarme con i suoi strumenti l’intera stampa nazionale . . . . politici di qualsiasi colore e persino il ministro competente e lo stesso Presidente della repubblica – dovesse raggiungere l’obiettivo, potrebbe avere come risultato grave l’allucinante formulazione di una turpe “legge ad personam” e, allora l’antico gioco dei giornali di famiglia è fatto! Non dimentichiamo, ha proposito la medievale esperienza delle vicine “leggi ad personam”, una vergogna indimenticabile travestita da libertà, forse di libertà di fare i propri interessi, una vergogna storica che ha impunemente consentito a un premier di usare per anni le seguenti espressioni –“giudici associazione per delinquere” e/o “giudici Talebani” e/o “giudici disturbati mentali” –“dittatura dei giudici” – e non dimentichiamo che nessuno ha mosso un dito Presidente della repubblica compreso . . . . e la sceneggiata continua, attenzione dunque, se qualcuno vuole martirizzarsi lo faccia pure, salviamo comunque le leggi sane che sono patrimonio di tutti! – non è, speriamo, più tempo di sceneggiate di furbetti che fanno le vittime scegliendo addirittura il carcere a pene alternative, faccia pure se vuole! speriamo che possa scendere presto un sipario su tanto schifo!.

  • Inserito da ghorio il 27/09/2012 15:43:36

    E' arrivata oggi l'ammissione di colpa di Renato Farina. MOlto tardi per il vero e non si comprende come un giornalista di battaglie come Farina negli ultimi anni abbia toppato su vari fronti, basta ricordare l'agente"Betulla": tra l'altro il suo stato di parlamentare l'avrebbe messa al riparo da eventuali condanne. Non solo: avrebbe potuto presentare un disegno di legge per modicare la legge assurda che rigaurda il direttore del giornale"per omesso controllo". Tra l'altro avrebbe potuto rettificare il corsivo di una notizia non vera: il giornalista di razza si documenta e prende atto di eventuali cantonate chiedendo anche scusa pubblicamente. Sono i misteri di un certo giornalismo ed è triste che militi nel centrodestra. Giovanni Attinà

  • Inserito da Ghita il 27/09/2012 01:00:31

    Senta, mi permetta una domanda, ma lei è giornalista? E, in quanto tale, non dovrebbe quantomeno informarsi dei fatti? Questo editoriale è pura mistificazione. Le mancano dei concetti fondamentali, quali la conoscenza dei fatti in questione (a quanto pare non ha letto l'articolo del 2007 in cui si espongono fatti falsi, non opinioni, senza peraltro alcuna smentita postuma), la conoscenza della sentenza (la condanna non è per reato d'opinione, ci mancherebbe altro, ma per pubblicazione di notizia palesemente falsa, che mi spiace per lei ma è ben altro), il concetto di discrezionalità ed arbitrarietà in ambito giuridico(mai sentito parlare di tassatività? E' un concetto cardine nel diritto penale) e, infine, il reato di diffamazione (ha almeno letto l'articolo 595 del c.p? Scoprirà alcune interessanti cose e capirà che la pena è perfettamente in linea con il dettato della norma). Se realmente voleva porre il dito contro la sentenze poteva sviluppare il concetto di responsabilità oggettiva e da lì, eventualmente, muovere una critica sulla pena a suo parere troppo pesante. Inoltre lei parla del giudizio di Cassazione come fosse un giudizio di merito capace di modificare una sentenza emessa in appello, quando la quasi generalità sa bene che la Cassazione si occupa solo di questioni di legittimità e "cassa" una sentenza solo se presenta vizi di questo tipo. Questo pezzo è carta straccia. L'unica cosa di cui dovrebbe aver paura è di articoli malfatti come questo.

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