10 agosto 1915

Carmelo Borg Pisani l'irrendentista della "parte sbagliata"

Maltese, combattè da italiano per sottrarre l'isola agli inglesi che lo fucilarono

di Marco Cimmino

Carmelo Borg Pisani l'irrendentista della

Carmelo Borg Pisani

Cosa significhi appartenere ad una Nazione, ad un popolo, inteso nell’accezione più nobile e profonda, è cosa che, forse, ai nostri giorni di disappartenenza e di sradicamento, è difficile da comprendere appieno: è un po’ come per i sapori autentici dei cibi, che, al nostro gusto abituato all’insipidezza e all’appiattimento, apparirebbero troppo marcati e sapidi.

Nei secoli, fino a qualche decennio fa, essere parte di un ethnos, condividere con altri un comune sentire, era fondamento rassicurante ed obbligante insieme, della vita civile. E dovrebbe esserlo ancora, intendiamoci; solo che, accecati e trascinati da questo cosmo in perenne rivoluzione, non abbiamo la forza d’interrompere la carambola, di fermarci e di chiederci in che terra affondino le nostre radici.

Eppure, nella nostra storia recente, di Italiani e di Europei, non mancano esempi straordinari di attaccamento a queste radici. Come definire, ad esempio, il commovente attaccamento all’Italia delle meravigliose popolazioni giuliane e dalmate? Esse, nel secolo scorso, affrontarono prove terribili, pur di rimanere italiane, giungendo, dopo la seconda guerra mondiale, a perdere la propria piccola Patria, in nome di una Patria più grande; la quale, va detto, li ricambiò con un’indifferenza che ancora oggi ci copre di vergogna.

Comunemente, l’aspirazione al ricongiungimento geografico con quella che si percepisce come la propria vera Nazione  viene chiamata “irredentismo”: il termine è di uso comune, e cominciò a circolare nella seconda metà del secolo XIX, per indicare l’aspirazione delle popolazioni italiane, che vivevano entro i confini dell’impero absburgico (e dette, perciò, irredente), al ricongiungimento con l’Italia.

L’irredentismo fu una delle voci più forti dell’interventismo, nell’interludio tra l’assassinio di Serajevo e la nostra entrata in guerra, il 24 maggio del 1915: durante la Grande Guerra, numerosi esuli giuliani e trentini combatterono, con gravissimo rischio in caso di cattura da parte del nemico, nelle fila italiane; e molti di loro caddero per l’Italia.

Celeberrimi, tanto che il citare i loro nomi è sufficiente, furono Nazario Sauro, Damiano Chiesa, Fabio Filzi e, soprattutto, Cesare Battisti. Il caso di questi quattro eroi, amplificato dai giornali di allora e dai poeti, D’Annunzio in testa, fu una formidabile arma di propaganda nel nostro esercito: i martiri irredentisti furono adottati dai patrii sussidiari e dai manuali di storia, ed entrarono, con pieno diritto, nell’immaginario collettivo degli Italiani del primo dopoguerra.

Ben diverso è il caso di un altro eroe dell’irredentismo italiano, al pari di Battisti e degli altri meritevole di commende e di commossa citazione nella nostra storia, ma affatto dimenticato: Carmelo Borg Pisani.

Varie sono le cause dell’oblio di Borg Pisani: prima di tutto, l’epoca del suo sacrificio, che coincise con un periodo storico liquidato dalla nostra storiografia come un periodo sbagliato, in una guerra, quella 1940-1943, sbagliata e, soprattutto, combattuta da Borg Pisani dalla parte sbagliata.

Se gli eroi della Grande Guerra poterono essere eroi a tutto tondo, eroi e basta, quelli del Regio Esercito prima dell’8 settembre furono, per i nostri libri di storia, sempre degli eroi sub judice, degli eroi con precise limitazioni: quasi che non avessero combattuto sotto la stessa bandiera e per lo stesso re per cui avevano combattuto Battisti e Sauro.

E che questa convinzione sia dura a morire è stato dimostrato dall’infelice uscita del Ministro della Difesa Martino, che, al sacrario di quota 33, ad El Alamein, commemorando, nel sessantesimo, gli eroi caduti nella grande battaglia dell’ottobre-novembre 1942, è riuscito ancora a parlare di “parte sbagliata”, dimostrando, oltre ad una scarsa conoscenza della storia patria, anche una preoccupante assenza di savoir faire.

Ma torniamo a Borg Pisani: un’altra ragione ostativa al giusto riconoscimento del suo eroismo e del suo straordinario attaccamento all’Italia va ricercata nelle sue origini e nel Paese che occupava colonialmente la sua Patria, che non fu l’impero absburgico, bensì la democratica e civile Inghilterra.

Sì, perché Borg Pisani è uno dei più nobili rappresentanti di quell’irredentismo, assolutamente dimenticato, che animò molti abitanti dell’isola di Malta, quando quest’isola, contigua e, direi quasi, consorte dell’Italia, divenne, di fatto e niente affatto volentieri, una colonia britannica.

Gli Inglesi, si sa, sono campioni di diplomazia e di fair play, quando i loro interessi non sono in gioco; ma, quando li si tocca nel vivo, essi dimenticano le buone regole, e scalciano come muli imbizziti.

Malta serviva loro come base strategica nel Mediterraneo centrale, e se la presero, senza neppure chiedere permesso: che il nemico fosse Napoleone o Mussolini, poco cambiò nella politica imperialistica inglese.

Molti Maltesi vissero con fastidio ed insofferenza questo giogo: alcuni di loro, poi, guardarono con speranza all’Italia e al fascismo. Tra le due guerre, viveva e studiava in Italia una bella colonia di giovanotti maltesi, tra cui Borg Pisani: costoro aderirono al fascismo, militando nelle organizzazioni universitarie e premilitari fasciste, non facendo mai mistero delle proprie aspirazioni irredentiste.

Bisogna dire che la dominazione inglese non fu mai vista di buon occhio dai Maltesi, che sentivano assai maggiore affinità con gli Italiani che con gli altezzosi ed inamidati gentlemen in braghette bianche, scesi dalle navi di Sua Maestà.

Quando scoppiò la guerra, Borg Pisani ritenne suo dovere di Maltese e di irredento l’arruolarsi nell’esercito italiano, cosa che gli riuscì, nonostante la sua grave miopia: divenuto ufficiale della Milizia, rifiutò incarichi sedentari, partecipando alle attività operative nei Balcani, con grande zelo ed entusiasmo.

Mentre fervevano i preparativi per lo sbarco a Malta, nel 1942, Borg Pisani si offrì volontario per una difficile missione esplorativa sull’isola, ma cadde prigioniero e venne riconosciuto da un suo compagno di scuola, che lo denunciò alle autorità britanniche: le analogie con la sorte degli irredentisti trentini e giuliano-dalmati della Grande Guerra sono, come si noterà, fortissime.

Purtroppo, fu analogo anche l’epilogo della storia militare e terrena di Borg Pisani, che venne giustiziato nel cortile del carcere di Korradina, come Battisti e come Sauro, con il nome d’Italia nel cuore.

Borg Pisani morì con estrema dignità, senza chiedere grazia, senza fare altisonanti proclami: morì come sanno morire i soldati d’Italia, i migliori, suscitando l’ammirazione ed il rispetto dei suoi carcerieri.

Il suo valore fu premiato con una medaglia d’oro al valor militare. Ma l’Italia è una Patria irriconoscente, specialmente verso i suoi figli più fedeli e più valorosi: caduto il fascismo, si vollero dimenticare sia il male che il bene di un periodo visto con imbarazzo, e la storia di Carmelo Borg Pisani fu sepolta accanto al suo cadavere, e giacque nell’oblio per decenni.

Paradossalmente, furono i Maltesi ad interessarsi prima di questo loro eroe, che divideva il suo amore tra Malta e l’Italia, pensandole come un tutt’uno: poi, qualche valoroso italiano fece propria questa battaglia di civiltà, e cominciò a premere presso le nostre autorità perché si adoperassero affinchè le spoglie dell’eroe riposassero in Italia, accanto a quelli che egli aveva scelto per propri compagni nella gesta gloriosa.

Si giunse ad un’interpellanza parlamentare, che chiedeva il trasferimento delle ossa della medaglia d’oro in un sacrario militare italiano.

Nel nostro Paese, si sa, certe cose vanno alla velocità delle tartarughe; emersero ostacoli burocratici: il Borg Pisani era, è vero, arruolato sotto la nostra bandiera, ma rimaneva cittadino maltese, il che ne avrebbe impedito la tumulazione in Italia. Anche a questo ostacolo, però, parve potersi ovviare, nuovamente grazie alla buona disposizione delle autorità maltesi.

Oggi la situazione appare immobile, in attesa di un ultimo e, speriamo, definitivo sforzo della nostra diplomazia. Noi crediamo che la sepoltura di Carmelo Borg Pisani in Italia rappresenterebbe un atto di profondo significato morale: non tanto per ragioni irredentiste, che sarebbero insensate, oltre che antistoriche; bensì per una doverosa riparazione del nostro Paese verso chi, avendolo tanto amato da dare la vita per lui, venne ricambiato con il più vergognoso degli oblii.

Nessun revanscismo, dunque, in questa istanza: un atto, invece, che in Carmelo Borg Pisani, riconosca un torto commesso ed un grido d’amore. Il torto di una Patria ingrata ed il grido d’amore di tutti coloro che per lei si sacrificarono, cui deve andare la nostra riconoscenza.

Altrimenti, le parole del nostro inno, che oggi è tanto di moda cantare, resterebbero una vuota esercitazione canora: “…la fiamma ed il nome d’Italia nel cor!”. Bisogna portarlo con orgoglio, questo nome: e bisogna mantenerla accesa, quella fiamma. Come fecero Battisti e Sauro. Come fece Carmelo Borg Pisani.

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