Anniversario della morte

La lezione inascoltata di Pasolini

Avrebbe 89 anni non ci perdonerebbe le colpe e gli errori verso i quali ci aveva messo in guardia

di Simonetta  Bartolini

La lezione inascoltata di Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Difficile immaginare Pier Paolo Pasolini a 89 anni, quanti ne avrebbe oggi se il due novembre del ’75 non avesse trovato la morte sul litorale di Ostia.

Difficile immaginare i suoi capelli bianchi, la figura offesa dal tempo. Pasolini forse era uno di quegli uomini che non dovevano invecchiare perchè lui era l’icona di se stesso, e tale doveva restare immutata nel tempo.

Certo, ci hanno sempre ammonito che immaginare la storia con il “se...” è un esercizio sterile, eppure nel caso di Pasolini viene fatto di chiederci cosa avrebbe scritto in ipotetiche Lettere luterane del 2011.

Sarebbe facile attribuirgli il ruolo di un laicissimo Savonarola contemporaneo che fustiga i detestabili costumi che la cronaca evidenzia quotidianamente. Come sarebbe facile immaginarne la solidarietà con i giovani “indignati” che marciano contro i palazzi del potere e i simboli della finanza.

Sarebbe facile, ma forse non corretto. Il “Corsaro” Pasolini, finché visse e scrisse, dimostrò di andare oltre i luoghi comuni riconducibili alla parte politica alla quale egli era vicino. Inutile richiamare un’ennesima volta l’invettiva in versi contro i giovani che a Valle Giulia si scontravano con i veri figli del popolo, quei poliziotti mal pagati e peggio considerati, obbligati anche dalla povertà a scegliere la divisa.

Vale la pena invece di ricordare le sue battaglie solitarie e profetiche contro la trasformazione del popolo in borghesia dei consumi, con relativa perdita di identità e dunque di valori, in una folle corsa verso l’autodistruzione che apparentemente riguardava solo il suo carattere profondo e autentico, compensato dalla conquista di un benessere materiale le cui esigenze si sono moltiplicate esponenzialmente col passare degli anni.

In questo senso Pasolini si schierò contro aborto e divorzio, non in nome di una politica antilibertaria, ma in nome di un’etica anticonsumistica, perché anche concepire e rinunciare a un bambino in seguito ad un atto sessuale reiterato e vissuto come consumo è una resa al capitalismo selvaggio, idem per il divorzio.

Insomma Pasolini esortava a valutare le scelte politiche oltre il qui e l’ora di una dimensione miope e di un frainteso e soprattutto rischioso dogma del libertarismo.

E allora siamo sicuri che oggi Pasolini fiancheggerebbe i giovani legittimamente indignati, ma anche profondamente complici di quella finanza egemone e mortificante che adesso contestano?

Parliamo della complicità, tanto sull’indignazione siamo tutti d’accordo.

Chiedono un futuro, legittimo e giusto: ma cosa intendono per futuro? Futuro garantito a prescindere da tutto, anche dall’impegno, vogliono avere quel che hanno avuto i loro genitori e nonni che però sono oggetto della loro contestazione in quanto idrovore delle risorse economiche del paese.

Affermano diritti che non hanno maturato se non per il solo fatto di esistere, di essere al mondo, e perché dovrebbero avere questi diritti senza essersi prima guadagnati il titolo per beneficiarne come tutti prima di loro?

Abbiamo insegnato ai nostri giovani, incuranti della lezione pasoliniana, che prima si esercita un diritto, poi, nel caso proprio ci si senta predisposti, si pratica un dovere.

Gli abbiamo insegnato che l’apparenza conta più della sostanza: che si è qualcuno se il tuo nome e il tuo volto appaiono in una trasmissione televisiva o in una foto su un giornale di gossip anche a prezzo della dignità, dell’onore, del buon gusto ecc. E sei nessuno se silenziosamente, senza clamore e pubblicità, contribuisci con i tuoi studi faticosi e lontani dalle luci della ribalta mediatica,  alle ricerche per la cura del cancro.

Così per essere qualcuno scendono in piazza. Non hanno idee, ma ne fanno virtuale vessillo.

Si dichiarano dolorosamente soli, privi di guide, di figure di riferimento, ma non sono disposti a fare la fatica di cercarne.

Quelli che amano la letteratura si annoiano all’idea di studiare i classici, quelli che vorrebbero fare i giornalisti non leggono i giornali, sono noiosi dicono, e magari hanno pure ragione, ma allora perchè vogliono fare quel mestiere? Pensano forse di avere le forze per riformarlo?

La noia, tutto è noioso se non è immediatamente legato a un’applicazione e relativa realizzazione pratica dello sforzo compiuto.

Ai nostri giovani noi non abbiamo saputo insegnare che la pratica è figlia della teoria, che la capacità è figlia dell’esperienza e l’esperienza si accumula nel tempo, esercitando l’umiltà e la pazienza, la fatica e il lavoro.

Pasolini avrebbe 89 anni e anche dall’alto di tanti anni a noi madri e padri non perdonerebbe le colpe e gli errori verso i quali ci aveva messo in guardia, ma non risparmierebbe una dura reprimenda ad una gioventù che non sa dove andare e non fa niente per orientarsi.

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