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di Simonetta Bartolini

RESISTERE ALLA CATTIVA LETTERATURA NON SOLO SI PUO', MA SI DEVE

Questo è un testo a luci rosse. Chi non gradisce non legga. Neanche io gradisco molto, ma la recensione del volume di Resistere non serve a niente di W. Siti, purtroppo lo impone. Non amo neanche gli articoli scritti in prima persona ma mi ci sono dovuto adattare di fronte a tanta immateria. Certo sarebbe stato meglio non recensire. Sarebbe stato meglio non leggere. Dicono che non si possono rifuggire le esperienze. L’esperienza di una martellata in capo non è né consigliabile né doverosa, anzi. Resistere si può. Si può resistere al romanzo contemporaneo nazionale. Certo, il mercato non conta. Anche se i lettori rifuggono, si premiano da soli,  si recensiscono da soli e si pubblicizzano da soli. Dicono che l’editoria, al contrario della stampa, non sia finanziata. Ho i miei dubbi. A tutto ciò resistere si può, ignorandolo. Se, come è capitato a me, vi è caduta la gamba nel fango della melma, fino al ginocchio e non potete può ignorarlo, allora proseguite. 

In genere leggo poco la narrativa nazionale, come non vado a vedere i film di casa nostra. Ultimamente ne ho scaricati due, L’industrialee La missione di pace. Li hanno finanziati per 900mila euro e 120mila euro in Piemonte e Friuli. Hanno incassato centomila e 25mila euro al botteghino. Non c’è molto da aggiungere.  La saggistica nazionale è il prosieguo dello stancante ripetersi e contraddirsi dei soliti, o di nuovi che li scimmiottano, nel conformismo delle parti. Come è stato detto, è la riscrittura paziente e infinita dello stesso articolo, pagato però con danari sempre nuovi.

La narrativa nazionale anche quando non sembra, di primo acchito, è a senso unico e oscilla tra un tetro cupio dissolvi ed un epistolario dolciastro. L’ultima volta che ci provai con un romanzo di Parente, i cui articoli avevo apprezzato, precipitai nel monoscopio di tronisti, di vulve rifatte, di diavoli che vestono Prada e respirano Gabbana in un landscape noiosamente infinito di veline su veline su veline su veline.

La noia ed il conformista, tutto si riduce al tentativo di ripetere quei romanzi moraviani, portarli nella modernità e reiterare le medesime condanne fisiognomiche, psicoattitudinali, caratterial-etniche, in un impasto di maraviglia montiana e marinista, cercata nell’inverosimile e nell’affastellarsi di inutili particolari ed orpelli.

Pitigrilli senza divertimento, ironia ed orrore di se stessi. L’epater les bourgeois è vecchio ormai; non si epate più nessuno. Ed oltre al nudo dei nudi, c’è solo la noia delle radiografie. Tutto intorno, anche la doccia di design, anche i nuovi poveri ed il centro commerciale hanno così tanta vita, così tante cose da mostrare, da raccontare, da sentire ed interpretare. Invece nulla, il nostro romanziere ben calato diritto e franco lo sguardo sul passato, passa e ripassa la solita frittatina nel solito olio, giusto aggiungendo la colza e lo strutto di nuovi sentiti dire,  di nuove testimonianze con ritrattazione gossippare.

Inutile a sé, dannoso agli altri, stupido, in quanto cerca di stupirsi e stupire con la tiritera della solita condanna reiterata che è apodittica, aprioristica, vecchia di due secoli,  senza neanche il tentativo di accorgersi della vita intorno. Povero il romanziere nazionale e poveri noi. Comunque ascoltando una recensione mattutina alla radio (ebbene sì, Radio Radicale che ci costa 10 milioni di euro per un servizio che l’ampio personale di Camera, Senato e Rai dovrebbero svolgere con nonchalance; Radio Radicale che ci costa tanti altri milioni in complicazioni di cose inutili e in complotti rigorosamente antidemocratici, organizzati contro milioni di votanti in nome della dea ragione) mi sono fatto convincere dalla giovane voce entusiasta del conduttore a provare un nuovo testo.

Mal me ne incolse. Ho comprato e letto l’ultimo libro di Siti, di cui in terza di copertina campeggia una bella foto. Tra un passaggio e l’altro ricorda che ha 70 anni ed ancora poco da scrivere. Ne sono grato. Gli auguro una vita, ancora lunghissima, di riposo assoluto. Sembra che per il libro si sia fatto consigliare da Gamberale, da Saviano e dall’immancabile pentito.

La lettura conferma tutto il danno abituale e conseguente. Sempre alla fine l’autore ci avverte che più o meno tutta la vicenda è inventata. Infatti ci sono solo alcuni ladri un po’ Forza Italia, un po’ Udc, alcuni assassini loro vicini, mezzo siciliani e mezzo siciliani emigrati per il mondo. Dopo il Berlusconi ferito, il Berlusconi condannato, il Berlusconi ammazzato, c’è un Berlusconi impagliato e rimandato al potere così come un manichino di cera, come un Breznev ed un Franco qualunque.

E c’è l’orgia, l’orgietta, l’orgiona; il prezziario – una buona modella diafana costa cinquemila. Tutte cose inventantissime. Leggi il libro e guardi il telegiornale; puoi smettere di leggere e proseguire il capitolo nel monoscopio TV. Oppure puoi smettere di guardare e passare al testo, che è tradizionale, no è e-book, non fa upgrade, non si aggiorna; e che importa? La storia è sempiterna e nella pagina stampata puoi seguire la tiritera dell’ultima testimonianza.

All’inizio per ribadire subito la propria classe ed eleganza, l’autore ci ricorda le critiche passate, costruttive ricevute da Mondadori (tanto per restare sul vago): “Hai scritto ancora un libro per froci”, Parte dunque con l’intenzione di fare di un etero il suo nuovo protagonista. Non si interrompe un’emozione, però né si nasconde una pulsione. Caro autore, mi dispiace siamo sempre nella letteratura frocesca. Le donne, che siano vecchie, giovani, belle, cozze, manageriali o borgatare, in queste pagine non fanno schifo, di più: repellono. Non sono più gli orifizi voluti beluinamente dall’istinto primordiale del cavernicolo maschio. Sono peggio.

Sono liquidi, sono mucose, sono pappe gocciolanti, sono sempre e comunque, di sotto o di sopra, a prescindere da educazione, contesto sociale, reddit, skill e professioni sempre e soltanto puttane, con la variazione degli omonimi che chiunque può aggiungere o sostituire. Orrore puro.

L’unica che sembra salvarsi da questa mattanza morale e materiale da Simposio platonico, è femmina, ma non donna. Subisce uno stupro socialmente consensuale, ma non ha neanche avuto il suo ciclo mestruale. L’atto pedofilo dovrebbe fare del suo protagonista un mostro, eppure non può. Egli è mostro mostruosizzato ab initio, dall’infanzia. La mostruosità fisica, mentale e psico-rionale non lo lascia mai, anzi pervade tutto il mondo intorno. I mostri sono mostri. I matti sono mostri. I normali sono mostri. Gli amici sono mostri. I nemici anche. Gli uomini, tutti, razza maledetta, sono mostri.

A quel punto il pedofilo momentaneo è come Shreck, un orco simpatico, meno mostro degli altri. Per il resto la noia pervade, il conformismo pure. Famiglia ed eredi Moravia ringraziano. La solita epopea dell’illegalità; era brutta, sporca e cattiva. Pisciava nel caffè che vendeva sui treni. Ammazzava. Oggi ci sono i colletti bianchi. Forse ieri il capitalismo era anche mafioso, oggi il turbo capitalismo, l’internet finanziario è tutto mafia. La solita storia di tutti i paesi e di tutte le epoche viste con un occhio solo e da sotto un letto e dentro una grotta. Perché l’Italia è l’Italia.

Non può avere una lettura ed un’analisi normali. L’Italia è un sorvegliato speciale. Infine la chicca aspettata. La tv ha Chi l’ha visto; la stampa ha il fatto per avviare indagini e inchieste oppure riesumare quelle di 10, 20, 30, 40 anni fa. Anche il nostro vuole indicare una pista ai giudici. Forse vezzosamente proprio l’illegalità gli dato il compito di indicarla per fuorviare.

Vezzo pariniano, quello del moralista legalizzante, di darsi un non so ché di gaglioffo, così per acquisire charme e darsi un tono da uomo di mondo. Ed assomigliare per un istante ad uno dei protagonisti, d’alto lignaggio, di classe e di know how, ovviamente, toh! toscano, toh! massone e toh! socialista. Il frocio burino ha la sua scala di valori: Gautier, le faux-cul a la vivienne, small ville o gorki boys, il macho Ciano nello spot a Capri ed ovviamente gli etruschi, sconosciuti ed inarrivabili. Il giorno che cambi di nuovo la ruota della storia, il Nostro direbbe: Vedete, l’ho scritto come volevate voi, vi ho denunciato per proteggervi. L’affascinante gioco del secondino carcerato. Focault, Baudrillard, Levì, Scalzone, Macario, Oliva, Eco e Pappagone. Era il primo aprile 1980, usciva Frigidaire. Siamo sempre lì, da 42 anni. Aforismi esteromologhi, tecnicismi, put, poker nuovi ed on line, parole nuove per riscrivere vetusti concetti. Si chiama frigorifero, poi. Fa resistere i cibi al processo di olezzante marcitura. Anche noi possiamo resistere a questa marcescente pustolosa ferita irrimarginabile che è la nostra letteratura nazionale contemporanea.

Giuseppe Mele

  

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