Calunnie e doppiopetto blu

Finalmente libero dai domiciliari

Il padre di Peter e la storia dei chiodi sulla palizzata (Cap.39)

di  

Finalmente libero dai domiciliari

Peter Cummings, si presentò al cospetto del Giudice Norman Higgings in forma smagliante, con il volto abbronzato da un sole artificiale ottenuto dalla sua lampada facciale da tempo inutilizzata.

I capelli ben posizionati sulla fronte e il suo sguardo, simulatamente rilassato, gli donavano un’ aria tranquilla che da tempo non era più lontanamente percepibile.

Il doppiopetto principe di Galles, blue e grigio, sovrastante dei pantaloni in flanella grigio-chiaro, la camicia celeste a piccole righe a scomparsa e la cravatta blue con le iniziali, assieme alle immancabili scarpe di cocco, stavolta color testa di moro, lo designavano ancora una volta come il galeotto, ai domiciliari, più elegante del mondo.

Il giudice, dopo breve e serrato dialogo, accettò la richiesta dell’avvocato Bourke: Cummings, finalmente poteva uscire di casa,  con obbligo di firma, però,  presso la stazione di polizia di Hoboken, ogni giorno entro le 7:30 p.m.

A Peter sembrò di realizzare il più grande sogno della sua vita, quello di riassaporare la perduta e ingiusta libertà, una condizione per cui un individuo può scegliere di pensare, comunicare ed agire senza repressioni di qualsiasi tipo, usando il proposito di immaginare e porre in atto una determinato comportamento, praticamente tutto ciò che era stato proibito fino a quel giorno di agosto da un gruppo di persone che amavano ancora atteggiarsi ad aguzzini.

Al ritorno a casa fu accolto da una vera e propria ovazione; familiari e amici lo avevano atteso da ore e la sua apparizione li fece esplodere in urla e schiamazzi di gioia.

Quell’atmosfera così pregna di amore e amicizia non impedì a Cummings, nonostante non lo desse a vedere, di piombare in una profonda prostrazione, quasi si sentisse indebolito, vacuamente privo di anima.

In un baleno ripercorse quegli ultimi, terrificanti mesi, e davanti gli passarono in fila indiana i volti dei nemici e gli ambienti ove tanto aveva sofferto.

Se fosse stato possibile Peter, avrebbe urlato dal dolore, non fisico per altro, un dolore interno che solo lui provava in quel momento e che nessuno poteva minimamente immaginare; sarebbe stato come parlare ad un cieco dei colori dell’arcobaleno.

La sofferenza che lo dilaniava era nei meandri del suo cuore disilluso, e dentro di sé provava una grande paura di questo strazio interiore, che si manifestava come qualcosa di diverso dal mesmo dolore fisico. 

Aveva paura della paura della sofferenza.

Per lui, il timore della morte non era realmente la preoccupazione di morire, ma la paura della situazione in cui la sua anima si veniva a trovare sconvolta dal presentimento dell’angoscioso supplizio.

Finalmente la festa per il suo ritorno si concluse e Cummings, lentamente, raggiunse la sua camera spossato dallo sforzo per quella simulazione di felicità.

Cercò di giustificare tale comportamento dicendo, fra sé e sé,  “tanto io sono così, gli altri non devono essere vittime dei miei atteggiamenti e stati d’animo”.  

Con la mente ritornò al periodo del liceo e a un ragazzo con un brutto, risoluto carattere. 

Suo padre, molti anni addietro, gli diede un sacchetto di chiodi e gli chiese di conficcarne uno nella palizzata del giardino ogni volta che perdeva la pazienza o si arrabbiava con qualcuno. 

Il primo giorno piantò ben 39 chiodi. 

Durante le settimane che seguirono, il giovane, focalizzò l’attenzione verso la propria suscettibilità e, giorno dopo giorno, notò che grazie a un maggiore auto-controllo aveva diminuito di conficcare chiodi nella recinzione. 

Finalmente arrivò anche il giorno nel quale non piantò nessun chiodo; aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare bullette nel legno.

Andò, immantinente dal padre per spiegargli l’accaduto.

Il genitore, senza batter ciglio, gli disse che era giunta l’ora di togliere un chiodo per ogni giorno in cui non avrebbe perso la pazienza. Il sole e la notte si avvicendarono e finalmente il ragazzo poté dire al padre che aveva tolto tutti i chiodi dalla palizzata. 

L’adulto accompagnò il figlio al cancello e ribadì: "Figlio mio, ti sei comportato molto bene, ma guarda tutti quei buchi che sono rimasti nella staccionata. Non sarà mai più la stessa di prima. Quando litighi con qualcuno e gli proferisci offese e ingiurie gli lasci una ferita come questi fori.

Puoi dare una coltellata a uno e poi ritirare immediatamente l’arma, ma la ferità resterà comunque.

Non importa quante volte ti scuserai, la lesione rimarrà in eterno. Un dolore provocato dalla parola farà danni tanto quanto, o forse di più, un danno fisico. 

Ricordalo, sempre”.

L’anima di Peter era, da tempo, disseminata da profondi buchi neri: le calunnie infamanti dei Roughoaks, e di certune persone altolocate della giustizia americana. 

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    7 commenti per questo articolo

  • Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 10:44:36

    Xs235New@163.com

  • Inserito da nonnaalbina il 13/06/2012 13:40:36

    che sentimento, che delicatezza, un novello poeta rinascimentale

  • Inserito da simonecosta il 13/06/2012 12:51:45

    Racconto agghiacciante per la sofferenza che traspare da ogni riga letta. Una narrazione al limite della perfezione stilistica. Massimo, sei veramente un grande scrittore.Semplice, lineare, anticonformista e preciso. Complimenti vivissimi

  • Inserito da simonecosta il 13/06/2012 12:48:15

    Racconto agghiacciante per la sofferenza che traspare da ogni riga letta. Una narrazione al limite della perfezione stilistica. Massimo, sei veramente un grande scrittore.Semplice, lineare, anticonformista e preciso. Complimenti vivissimi

  • Inserito da apassera il 13/06/2012 12:43:53

    stò piangendo per la commozione e la tenerezza infinita che sento, sono tante le cose che vorrei dirti su questo capitolo stupendo che voglio leggere e rileggere mille volte , lo sento tuo ma pare che sia anche mio.

  • Inserito da Loredana il 13/06/2012 12:40:40

    Dopo la distruzione, si deve ricostruire...e il processo è lungo, faticoso e ogni tanto irritante. Macerie da portar via, polvere dappertutto, stanchezza, ripetitività del processo. Ma poi un giorno il luogo torna pulito e pronto per ospitare un'altra costruzione, più solida di prima. Mi è piaciuto tantissimo il metodo del sacchetto di chiodi...se dovessi usarlo anch'io, risolleverei le sorti di parecchi negozi di ferramenta. A parte gli scherzi e le battute, è un metodo educativo davvero profondo e ampio: non solo si impara a non piantare più i chiodi e a controllare gli impulsi rabbiosi, ma a prevenire i guasti che parole o azioni impulsive provocano in modo permanente. Tuttavia, anche il buco lasciato da un chiodo può essere riempito e curato in modo che non faccia più male: con dedizione, attenzioni, fiducia e tanta pazienza.

  • Inserito da Sacha il 13/06/2012 12:34:05

    Incantevole e raffinatissimo racconto. Ora mi godo gli altri capitoli.

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