Al cinema con Michele

«Hunger», la morte terribile di Bobby Sands combattente dell'IRA

Un film durissimo che non risparmia niente allo spettatore costringendolo a riflettere su carceri e carcerieri

di Michele  Cucuzza

«Hunger», la morte terribile di Bobby Sands combattente dell'IRA

Lascia veramente scossi Hunger, il film crudo, violento, sul mortale sciopero della fame dei detenuti dell’IRA,  Bobby Sands in primis, spentosi per inedia, dopo 66 giorni senza cibo né acqua, il 5 maggio 1981, a 27 anni.

Il regista, l’inglese  Steve Mc Queen (nulla a che vedere con l’omonimo attore morto anni fa), che è anche uno scultore (e  ha esposto le sue opere alla biennale di Venezia ), ci aveva già turbato con un altro film, Shame, realizzato nel 2011, che aveva per protagonista lo stesso attore di ‘Hunger’, Michael Fassbender. Lì, in una storia di dipendenza dal sesso, il volto sfigurato dell’attore principale diventa, nell’apice di un orgasmo a tre, simile a quello di Cristo sulla croce. Un’immagine che ritroveremo più volte nel film girato tra corridoi freddi, stretti, in celle microscopiche, umide e luride, ‘Hunger’ appunto, che è precedente rispetto a ‘Shame’, del 2008, ed era stato premiato, a suo tempo, a Cannes, come migliore opera prima: tuttavia, in Italia, è uscito soltanto in questi giorni.

I detenuti nei bracci speciali del carcere di Maze, in Irlanda del Nord, sono terroristi dell’IRA, alcuni di loro hanno ucciso e usato esplosivi, anche se Bobby Sands deve scontare 14 anni esclusivamente per possesso di armi da fuoco. Lui e i suoi compagni vogliono essere riconosciuti come detenuti politici, com’era capitato ai militanti della RAF in Germania e come pretendevano, in quegli stessi anni, le Brigate Rosse in Italia.

La Thatcher, la lady di ferro di quegli anni, si oppone in tutti i modi: altro che riconoscimento di ‘soldati’ di un qualche esercito avversario, il trattamento per i detenuti è durissimo, manganelli, pugni, violenze di ogni genere, senza tregua. Ecco, allora, la protesta delle coperte, il rifiuto cioè da parte dei detenuti di indossare le uniformi del penitenziario, accettando di allacciarsi alla vita soltanto una coperta, appoggiata sul corpo nudo.

Presto, si arriva a una nuova protesta, quella dello ‘sporco’, qualcosa di incredibile: per non essere picchiati dai secondini mentre lasciano le celle per andare in bagno, i detenuti spalmano i loro  escrementi sui muri delle pareti degli asfittici ambienti dove sono rinchiusi 24 ore al giorno e fanno scorrere l’urina sotto le porte di ferro, a formare una rivoltante pozzanghera lungo il corridoio. Il degrado si fa se possibile ancora più sconcertante: i pestaggi  più duri, le perquisizioni corporali più violente e irriguardose, anche nelle zone più intime del corpo – alla ricerca di eventuali documenti e bigliettini.

 Una scena del film Hunger

E’ per questo che Sands e altri 8 suoi compagni decidono di attuare due successivi scioperi della fame. Il primo non ottiene i cambiamenti annunciati dalla Direzione del carcere, il secondo sarà quello definitivo. Bobby Sands e gli altri detenuti dell’IRA si lasceranno morire in successione, uno di seguito all’altro. Mc Queen non giudica, non mette a confronto questa tragica esperienza con quello che sarà certamente successo in altre altre parti del mondo, in tempi diversi, dai gulag sovietici ai campi di sterminio, da Abu Ghraib all’Afghanistan.

Riesce a rappresentare la tragedia – altra espressione scultorea rispetto a quella di Venezia -  attraverso i  corpi seminudi o del tutto privi di abiti dei giovani prigionieri, i volti  scavati, le carni emaciate: il corpo come unica arma per reagire alla violenza assoluta, fino all’autodistruzione e alla rinuncia totale di se stessi. I soli momenti di tregua  sono rappresentati dagli incontri con i familiari, con i figli piccoli, durante i quali si riesce persino a scambiare, di nascosto, qualche pezzetto di carta, come di nascosto i detenuti arrotolano e fumano le pagine della Bibbia, le uniche a loro concesse.

L’agonia di Bobby Sands è qualcosa di tristemente indimenticabile: deliri, ricordi, incubi in un corpo piagato ridotto alla fragilità più assoluta, che paradossalmente ci ricorda il martirio di Cristo (ecco l’analogia con Shame), 66 giorni durante i quali  il giovane, che ha già scritto un diario clandestino delle sue prigioni, viene inutilmente eletto parlamentare , mentre all’esterno  i suoi compagni dell’IRA continuano a sparare e a uccidere.

La sua morte è come una liberazione anche per noi che proviamo per lui e per gli altri giovani che hanno scelto di morire così, per dei terroristi, secondo le nostre leggi e la nostra sensibilità, il sentimento umano di pietà, quello che ci comunica  Steve Mc Queen.

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    5 commenti per questo articolo

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    Cucuzza,uno pseudo giornalista del regime,che attraverso un simile,chiamiamolo articolo,prova a distorcre la verità,sopratutto per informare male le nuove generazioni.VERGOGNA!Un imbecille,mediocre pennivendolo...W BOBBY SANDS,W L'IRLANDA,spero presto libera,quella del nord,dall'oppressore britannico

  • Inserito da Matteo il 17/04/2013 17:09:43

    I terroristi sono stati gli inglesi che hanno instaurato un regime di terrore per secoli in Irlanda. Go Provos!!!!

  • Inserito da Sara il 09/04/2013 00:29:33

    Volevo aggiungere che entrambi gli scioperi dei prigionieri politici repubblicani (sia il primo del 1980 che il secondo del 1981) furono scioperi della fame al contrario di quanto afferma l'autore dell'articolo parlando di "morte per inedia senza cibo né acqua". Caro autore, anche se Bobby Sands fosse stato il ragazzo più in salute di tutta l'isola d'Irlanda non sarebbe vissuto più di 10 giorni senza acqua, figuriamoci poi quanto poteva durare un ragazzo che da anni viveva sotto tortura in una tomba umida e infetta, non certamente 66 giorni.

  • Inserito da Sara il 09/04/2013 00:08:20

    Vorrei ricordare all'autore dell'articolo che i compagni di Bobby che "continuavano a sparare e uccidere" e ancora definiti "dei terroristi per le nostre leggi e la nostra sensibilità", erano dei partigiani che lottavano per la libertà del loro paese, e la loro lotta di resistenza contro un regime schiacciante e sanguinario è la lotta dell'oppresso che reagisce all'oppressore, e nessuno ha il diritto di infangare lo spirito libertario definendolo "terrorismo". Il terrore è stato invece quello messo in atto dall'impero britannico con il suo regime di sangue che ha fatto dell'Irlanda del Nord uno stato di apartheid a tutti gli effetti. Gli eserciti clandestini irlandesi si sono riempiti di giovani che hanno assistito impotenti agli attacchi della polizia inglese alle loro famiglie, ad eventi come il Bloody Sunday, alle scorribande dei macellai lealisti per le strade di west Belfast, e questo spirito potente e umano che porta l'uomo a reagire alle brutalità e che ha portato tanti giovani irlandesi a dare la vita per il loro paese non si chiama terrorismo, si chiama Resistenza.

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