Editoriale

Non diffamiamo i "lanzichenecchi", i cafoni nostrani sono molto peggio.

Finita la società della buone maniere resta solo l'arroganza dell'egoismo. Non resta che applicare la legge del contrappasso

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

oglio spezzare una lancia a favore dei “Lanzichenecchi”, no, non quelli di Alain Elkan, ma quelli veri che – guardandosi intorno in questa estate cafona, maleducata, rissosa, volgare– sembrano essere vittime di una cattiva pubblicità. Chi erano i lanzichenecchi? Erano soldati mercenari con licenza di depredare e praticare violenza su tutti coloro che avevano la sfortuna di cadere sotto la forza delle loro armi.

Pessima e temibile pratica che però aveva una sua “logica”: siamo forti, armati, siamo un esercito invasore e facciamo quello che vogliamo. Logica perversa, certo, crudele e riprovevole, non c’è dubbio, ma era una logica di guerra in tempi dove vigeva la legge del più forte. Tempi che a lungo abbiamo chiamato bui, incivili ecc. ecc.

Alain Elkan in un pezzo giusto nel merito, ma sbagliato nel metodo (snob, supponente, autoriferito) ha appellato “lanzichenecchi” alcuni giovani maleducati, rozzi, indifferenti alle regole della civile convivenza. Qualche giorno dopo Marcello Veneziani ha scritto un pezzo simile nel merito ma più centrato nel metodo, dichiarando la propria dolorosa solitudine di uomo di altri tempi che constata la dolorosa estraneità ad un mondo di giovani cellulare-dipendenti (i selficienti usato buon titolo da Dagospia), privi di ogni remora dettata dal decoro e dall’educazione- non parliamo dell’eleganza che ormai è morta da tempo.

Elkan, con il suo pezzo sbagliato e Veneziani con il suo articolo hanno sostanzialmente ragione. Fotografano una realtà che sta sotto gli occhi di tutti. Appunto ma chi sono i “tutti”? Siamo noi verrebbe da dire, un mondo di adulti, che si avviano verso la vecchiaia avendo in mente un mondo diverso, quello che hanno vissuto all’epoca in cui avevano l’età di quei giovani. Un tempo nel quale abbiamo tutti fatto le stesse o simili sciocchezze: disturbato i vicini, imposto – soprattutto nel tempo delle vacanze– la maleducazione che nasce dal fare branco e sentirsi padroni del mondo.

Ma c’era e c’è una differenza non trascurabile e determinante. Pochi decenni fa i giovani cafoncelli, e maleducati sapevano perfettamente di star trasgredendo le norme della buona educazione e della civile convivenza, sapevano che sarebbe potuto arrivare qualcuno (un controllore sul treno, un genitore, un adulto consapevole delle norme del rispetto dovuto agli altri) a rimproverarli. Cosa che nella maggior parte dei casi accadeva. Era il gioco delle parti: i giovani naturalmente trasgredivano, venivano rimproverati, sottostavano di malgrado, poi piano piano imparavano le regole del gioco, maturavano, acquisivano quella buona norma per cui la propria libertà si deve fermare dove comincia quella di chi ti sta vicino.

Poi le cose sono cambiate. Non si sa perché, o forse si può intuire che al cambiamento antropologico non sia estranea la fiera e indefettibile rinuncia a qualunque valore etico (leggi: rispetto, educazione, et similia) in nome di una arroganza dell’egoismo portato a livelli mai visti prima e che non ha neppure la giustificazione della forza delle armi che potevano vantare i Lanzichecchi predatori.

La responsabilità non è dei giovani, ma dei loro genitori, adulti che menano (mandandolo all’ospedale – è notizia di oggi) il bagnino che ha appena salvato dalle acque il pargoletto, e che giustamente gli fa una bella lavata di capo per non aver rispettato le norme della sicurezza in mare. Adulti che intimidiscono gli insegnanti che osano mettere un brutto voto a scuola al solito pargolo cui nessuno ha insegnato che sarebbe suo dovere studiare e pretendono l’impunità assoluta in nome di chissà che cosa.

Adulti che danno lo splendido esempio ai figli di fregarsene della civile convivenza, perché “ho diritto a divertirmi facendo tutto il rumore che voglio”. E se il tuo vicino vuole leggere in pace un libro, o godere della pace dopo una giornata di lavoro o durante le vacanze, chi se ne frega!

Il mantra dei padri (e delle madri) dei giovani cafoni è “a casa mia faccio quello che voglio”, sono libero di divertirmi, e se il mio vicino non gradisce perché vorrebbe a sua volta “divertirsi” in maniera diversa ma incompatibile con il chiasso, le urla, la musica a tutto volume, chi se ne frega!

È evidente che qualcosa è andato storto nello sviluppo della società: vige la legge del più forte non nell’uso delle armi –che presuppone una certa valentia, preparazione e il rischio che qualcuno più valete di te ti uccida– ma nell’abuso dell’arroganza dell’egoismo.

Purtroppo la forza dell’arroganza dell’egoismo, la volgarità della supponenza, in una parola la maleducazione non si possono sconfiggere né con le parole, né con la ragione, forse qualche controllo delle autorità potrebbe servire, ma ne dubito, i moderni cafoni, spesso villani arricchiti, pagherebbero la multa e continuerebbero ad infestare lo spazio di sopravvivenza degli altri.

Forse l’unica sanzione veramente utile sarebbe applicare un sano contrappasso: se tu con il tuo chiasso non permetti al tuo vicino, per esempio, di leggere un libro sarai condannato a leggere quel libro e non quando vuoi tu ma quando deciderà il tuo vicino applicando le stesse modalità che tu applichi a lui, ovvero nel momento che lui deciderà.

Stessa cosa con la musica, se tu imponi agli altri di sentire la tua musica al volume che preferisci a chi vorrebbe ascoltare altra musica e magari lo fa utilizzando gli auricolari per non disturbare, ma non riesce perché la tua musica sovrasta comunque, bene nessuna multa ma esercizio del diritto di obbligarti ad ascoltare la sua musica (ovviamente con gli auricolari).

Sì lo so, è un sogno di mezza estate. Ma lasciatemi sognare un mondo più rispettoso, meno volgare e arrogante. Infondo, che noia vi do?

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da فاکتور وام il 12/03/2024 12:31:04

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