Un caso senza pace

GIULIO REGENI: tra verità nascoste e ragione di stato.

Intervista al politologo Marco Giaconi Alonzi: le responsabilità maggiori sono della Gran Bretagna? Del resto da anni l'Italia non ha più una politica estera

di Alessandro  Bedini

GIULIO REGENI:  tra verità nascoste e ragione di stato.

“Vanno, vengono, ogni tanto ritornano..” parole di una celebre canzone di Fabrizio De Andrè che ben si conciliano con i periodici ritorni alla ribalta delle cronache nostrane del drammatico caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano massacrato al Cairo nel febbraio 2016. Il Presidente della Camera Fico ha dichiarato che “l’Egitto ha dato un cazzotto in faccia all’Italia” in occasione dell’”incontro” tra i magistrati italiani e i loro omologhi egiziani.Parole dure cui hanno fatto eco quelle della famiglia Regeni, che ha chiesto di ritirare l’ambasciatore italiano al Cairo. A fronte di tali prese di posizione è necessario stabilire alcuni punti fermi che riguardano il quadro geopolitico internazionale entro cui il caso Regeni è un tassello del complesso puzzle che si va delineando sullo scenario euromediterraneo. Per farlo abbiamo chiesto lumi a uno dei maggiori esperti di politica internazionale, il professor Marco Giaconi Alonzi, già docente di filosofia della scienza all’Università di Zurigo e attualmente in forza presso il prestigioso IASSP (l’Istituto di Alti Studi strategici). Il disincanto weberiano di Giaconi ci permette di porre sotto la lente d’ingrandimento una vicenda che è ben al di là di potersi dire conclusa.Mentre torna alla ribalta  la vicenda del povero ricercatore italiano, il nostro paese continua ad avere rapporti commerciali e dunque politici, di natura militare con l’Egitto. “Proprio così – attacca il professor Giaconi – recentemente il nostro paese ha venduto all’Egitto due Frem Evolute, ossia due fregate, una per la guerra elettronica, l’altra per la guerra antisommergibile. Tutto ciò fa parte di un programma che risale a due anni fa, quando vi fu un contatto diretto tra il consigliere militare del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e il suo omologo egiziano. La cosa doveva restare riservata ma non è stato così”

-         Professore ma allora il famoso divieto di vendere armamenti ai paesi che non rispettano i diritti civili che fine ha fatto?

-         Le rispondo che non esiste nessuna norma in proposito, c’è soltanto una raccomandazione delle commissioni esteri e difesa della Camera che raccomanda appunto di non vendere armi ai paesi che non rispettino i cosiddetti diritti civili. La recente polemica sulle fregate date all’Egitto è figlia dei casi Regeni e Zahi che hanno rincominciato a bollire.

-         Alcuni politici italiani, ai massimi livelli istituzionali, continuano ad insistere che la questione Regeni non può essere solo italiana ma deve essere l’Europa a prendere posizioni ferme.

-          Intanto mi faccia dire che l’ENI ha attualmente la disponibilità del giacimento di gas Zohr che si trova a largo delle coste egiziane, tanto per non parlare di interessi politico-economici prevalenti. Aggiungo inoltre che le due fregate vendute all’Egitto, fanno parte di un piano militare che prevede la vendita di almeno altre sei o sette Frem Evolute, di alcuni Tornado e probabilmente di uno o due satelliti per uso militare, con buona pace dei politici d’antan.

-         Quindi non possiamo rompere i rapporti con l’Egitto perché prevale la ragion di stato?

-         Certamente – assicura Giaconi – la ragion di stato, di natura politica, economica e militare, sarà cinico dirlo, scavalca la vicenda del povero ricercatore italiano. Quanto all’”europeizzazione” del caso in questione, mi lasci dire che i tedeschi hanno venduto quattro sottomarini all’Egitto e la Francia partecipa al progetto delle fregate italiane, senza parlare degli Stati Uniti che riforniscono sistematicamente il sistema militare egiziano.

-         Ma torniamo a Giulio Regeni. Ci saranno pure delle gravi responsabilità e la famiglia oltre che il nostro paese, hanno il diritto di conoscere la verità

-         Proprio per amor di chiarezza le dico subito che la responsabilità maggiore, perlomeno morale, è della Gran Bretagna la quale ha lasciato che una docente dell’Università di Cambridge, egiziana naturalizzata inglese, legata tra l’altro ai fratelli mussulmani, visti come fumo negli occhi in Egitto, mandasse allo sbaraglio il povero Regeni, con una dote di ben quarantamila sterline per le sue ricerche, a “studiare” i sindacati liberi egiziani, che come è a tutti noto sono infiltrati dalla polizia segreta del paese. C’è andato di mezzo il malcapitato ricercatore italiano. La sua tragica morte è senz’altro colpa della polizia segreta egiziana ma anche della superficialità dei britannici. E’ bene essere chiari: noi abbiamo tutto l’interesse a mantenere rapporti con l’Egitto, Regeni o non Regeni, per evitare, tra l’altro,  che la Turchia si appropri della Tripolitania, controllata da Haftar e sostenuta dall’Egitto, dove ci sono importanti pozzi petroliferi che fanno gola a molti. Anche la nostra diplomazia ha tentato di intessere rapporti con Haftar, ma senza successo.

-         Tuttavia i magistrati italiani continuano a indagare e ad avere contatti con i loro colleghi egiziani

-         Quando i magistrati italiani hanno tentato di parlare con la docente di Cambridge di cui ho detto prima, lei si è rifiutata di rispondere e persino di incontrarli. Se ne sono tornati a casa con le pive nel sacco.

-         Questo vuol dire che non c’è collaborazione tra gli inquirenti dei diversi paesi?

-         - Proprio no. Siamo seri! Nessun paese al mondo permette che i propri agenti vengano inquisiti da un paese straniero. La magistratura italiana inquisisce persone in tutto il mondo senza alcun esito positivo. Uno squarcio di verità su Giulio Regeni si avrà solo quando l’Egitto deciderà di processare i responsabili, che probabilmente sono già stati individuati, senza che se ne sappiano i loro nomi e cognomi, ma ricostruendone le circostanze.

-         Professor Giaconi ma se Giulio Regeni fosse stato cittadino americano, tedesco o francese le cose sarebbero andate allo stesso modo?

-         Credo proprio di no. Il peso specifico del nostro paese a livello internazionale è davvero molto basso. Del resto da anni l’Italia non ha più una politica estera.

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