RACCONTI DI UN'ALTRA STAGIONE

11. La donna che non faceva rumore

Breve storia sul silenzio della sera

di Giulia Bartolini

11. La donna che non faceva rumore

Cala la sera nel silenzio.

Un tempo il silenzio non c’era. I pensieri delle persone erano sonori.

Ognuno aveva i suoi suoni: ogni scatto d’ira, ogni sbalzo d’umore produceva un suono differente che si muoveva nell’aria seguendo un ritmo tutto suo.

Durante il giorno, in mezzo al caos della vita, nessuno se ne accorgeva, ma la sera, dopo il crepuscolo, era lì che si sentivano i pensieri.

Da certi appartamenti veniva il suono del mare, da altri quello d’una tromba, da altri ancora il suono d’un severo contrabbasso che andava, forse, a sottolineare un sogno travagliato, tipico d’una cena ch’era rimasta sullo stomaco; c’erano sinfonie, allegretti, ballate suonate da un pensiero felice che andava per mano ad una bella ragazza; tamburi e percussioni là dove s’accendeva una rissa, tuoni là dove finiva un amore.

Il pensiero che subito passa per la mente è che non ci fosse mai un po’ di pace per le povere orecchie.

In questo mondo sonoro, mai in silenzio, mai in pace, c’era una donna che non faceva rumore, neanche uno, eppure sentiva, provava emozioni: si arrabbiava, litigava, faceva pace, s’inteneriva, amava, ma nulla di tutto questo poteva essere sentito. Era come se il suo corpo fosse una spugna, un buco nero, come se assorbisse tutte le sue emozioni: nessun pensiero riusciva a uscire quel tanto da creare neanche il ricordo d’un suono o d’un rumore.

Molti la invidiavano, è certo più facile vivere senza che gli altri vedano o sentano il tuo dolore; molti non capivano cosa fosse quella sospensione che si creava intorno al suo corpo che non produceva alcuna nota.

Quando camminava da sola, sentiva i suoni dei pensieri degli altri solo per qualche secondo e gli sembrava che le arrivassero all’orecchio per poi scomparire dentro di lei. Udiva il fruscio del vento, il suono del clacson di una macchina, ma i pensieri, quelli sparivano; così, quando si chiudeva in una stanza, non c’era niente che producesse rumore e il silenzio era completo.

Quel suo silenzio, così pacifico, così pieno di pensieri solo suoi e quindi non rumorosi, era ricco di immagini, di ricordi, di possibilità...e se all’inizio della sua vita, quand’era piccola, s’era sentita esclusa dal mondo per la sua mancanza di suoni, ora sentiva d’avere qualcosa che nessun’ altro aveva: la pace. Era una pace tuttavia solitaria.

Piano piano, però, s’accorse che anche le persone che le stavano accanto non facevano rumore quand’erano con lei, o almeno, che il rumore dei loro pensieri veniva assorbito dal suo corpo e rimanevano solo le parole, il cercare di intuire l’altro, un comune non sapere, che spaventava certo, ma incuriosiva anche… E il mondo aveva bisogno di curiosità, di chiedersi perché, di “non sapere” insieme.

Questa donna, che aveva ormai accettato la sua diversità e s’era affezionata al suo silenzio, divenne curiosità del mondo.

Tante persone, che mai avevano smesso di sentire o produrre pensieri rumorosi, desideravano ora, per qualche attimo, vivere quella sospensione. Così andavano da lei, le facevano compagnia per qualche ora, e, in quelle ore, in una stanza vuota, non c’era nessun suono, tranne che quello della natura al di fuori delle finestre.

Questa donna crebbe e poi invecchiò passando la vita a dare ore di silenzio agli altri e finì per non tenerne quasi nessuna per sé.

Un giorno la donna morì.

Il mondo, sconvolto dalla perdita, dal venire meno di quella donna che aveva dato così tanto tempo muto agli altri, per un minuto, non riuscì a fare rumore. I pensieri tacquero.

Il mondo, per la prima volta, osservò un lungo minuto di silenzio.

Dopo quei 60 secondi di dolore, i suoni dei pensieri non tornarono piu'.

Come se quella donna, come una spugna, come un buco nero, si fosse portata via il rumore superfluo, quello che non si sarebbe mai dovuto sentire.

E così ora la sera cala nel silenzio.

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