RACCONTI DI UN'ALTRA STAGIONE

9. L'uomo che non aveva tempo

Breve storia d'un uomo che inciampò in un sasso e così riuscì a fermarsi

di Giulia Bartolini

9. L'uomo che non aveva tempo

In un mondo simile al nostro, in una terra lontana ma vicina, in un’altra stagione,

C’era una volta un uomo che non aveva tempo,

 

non aveva tempo di fare nulla e nello stesso momento aveva tempo di fare tantissime cose diverse, anche troppe.

Riusciva ad andare a lavoro, in palestra, a correre, a cena fuori, a pranzo fuori, a pranzo dalla nonna, a pranzo dalla mamma, invitare la nonna e la mamma a cena e a pranzo; riusciva ad uscire con gli amici, ad andare a vedere almeno una mostra al mese, ad andare a teatro, poi al cinema, poi in biblioteca, poi in un parco a leggere un giornale o a bere una birra; riusciva ad avere degli amici, lontani e vicini, e dei genitori, lontani o vicini; riusciva a leggere libri e a guardare film, a conoscere persone nuove e ad arredare casa; riusciva a bere un bicchiere di troppo, quando gli andava, e anche a cucinare una buona cena; riusciva anche a fare un viaggio ogni tanto, a portare a riparare la macchina, o il motorino o la bicicletta; aveva addirittura il tempo di litigare con qualcuno o di innamorarsi, di sposarsi, di fare figli e di non farli, di morire e di rimanere vivo…insomma, il punto è che quest’uomo aveva così tanto tempo ma così tante cose da fare con cui occuparlo che forse non ne aveva più un briciolo per sé, ma, come abbiamo detto, aveva così tante cose da fare che non s’era mai veramente preoccupato di come risolvere il problema. In un mondo come il suo, in cui tutti camminavano velocemente da mattina a sera senza guardarsi troppo intorno (per non distrarsi, giustamente), non c’erano alternative e, dopotutto, la sua vita gli piaceva: aveva così tante cose da fare che non poteva annoiarsi; anche di annoiarsi, a dirla tutta, non aveva il tempo.

Quando era piccolo la madre spesso gli diceva, nei giorni in cui s’ammalava e non poteva andare a scuola o giocare all’aperto, che è proprio quando ci si annoia che ci si sta riposando.

Ma il nostro uomo non era mai stato d’accordo. “Perché dovrei riposarmi tanto da annoiarmi?”

In un mondo come il suo, che forse era diverso dal mondo di sua madre, non c’era mai stato il tempo di perdere tempo, e anche se conosceva la bellezza della noia non poteva farsene un vero cultore, altrimenti avrebbe perso il treno, il lavoro, il premio desiderato, l’amore agognato…

Insomma, questo pover’uomo non aveva tempo d’avere tempo e ne era anche contento, in fin dei conti, dopotutto, la vita è una sola e forse tocca correre veloci (mica puoi farne un’altra di staffetta quando hai finito la prima).

Un giorno però, successe il fattaccio.

Mentre camminava velocemente in una via in cui tutti camminavano velocemente e spesso senza guardarsi, giustamente (non si capisce perché questa di non guardarsi sempre intorno debba essere necessariamente una cosa sbagliata), improvvisamente inciampò in un sasso e cadde a terra.

Il mondo, il tempo, e lui stesso si fermarono per cause, evidentemente, di forza maggiore. Era inciampato in un sasso imprevisto.

Non che il nostro uomo non fosse mai inciampato in un sasso prima di allora, ma era tanto che non beccava un sasso così grosso, o forse era il momento giusto per inciampare in un sasso.

Fatto sta che quando stava per rialzarsi, cercando di dimenticare subito il fattaccio che oltretutto gli stava facendo perdere un’infinità di tempo, s’accorse, improvvisamente, che l’albero vicino a lui era in fiore, e, da un’attenta analisi dei fiori, gli sembrò proprio d’avere davanti un ciliegio.

Nessuno pensa che la gente di questo mondo, il nostro uomo compreso, non veda nulla al di là del proprio naso, sarebbe d’altronde una gran banalità; ma a volte serve un banalissimo inciampo per avere il tempo.

Improvvisamente, in questo mondo in cui non s’aveva tempo, era arrivata la primavera, che aveva, dopotutto, un tempo tutto suo. E nessun uomo, con la sua camminata veloce, poteva cambiare quel tempo. I ciliegi avevano cominciato a fiorire, e il tempo a dilatarsi.

Il nostro uomo, che era sempre stato soddisfatto della sua vita, per la prima volta, non era sicuro di volersi rialzare da terra. D’altronde si ha tutto il diritto di star seduti a terra se si è inciampati in un sasso; si ha tutto il diritto di fermarsi un momento, se non è colpa nostra.

Il vero problema è che quando ci si ferma un momento si comincia a guardare; quando si guarda si comincia a pensare e quando si comincia a pensare spesso la vita di prima non ci piace più, mentre, magari, quel semplice ramo di ciliegio ci sembra meraviglioso e ci basta.

Il nostro uomo rimase seduto sotto quel benedetto ciliegio tutto il giorno. E s’annoiò. Terribilmente. Ripensò alla sua infanzia, alla sua giovinezza, al suo primo amore, e all’ultimo; pensò ai sassi, e alla loro forma; pensò al suo lavoro e si chiese se veramente andasse tutto bene; all’inizio pensò anche alla lavatrice da cambiare e al fatto che avrebbe dovuto alzarsi (per una questione di stipendio, quanto meno) … ma quel sasso lo faceva sentire legittimato a star seduto un altro minuto. A starsene in silenzio per qualche altro secondo.

Il silenzio divenne lungo. Il giorno si tramutò in notte e la notte in mattino, passarono le settimane e poi gli anni…

Il nostro uomo, che per tutta la vita non s’era mai preso un momento per fermarsi, ora non riusciva più ad uscirne, stanco della vita, e stanco anche della morte…

cominciò così a divenire qualcosa di diverso… a trasformarsi…divenne un qualcosa di fermo, non più un oggetto in movimento.

In un mondo in cui tutti gli esseri umani sono per natura portati alla corsa (o almeno alla camminata veloce, quando più pigri), il nostro uomo, che dopo essere finalmente caduto non riusciva più a rialzarsi, che dopo essersi fermato non riusciva a ripartire, cominciò a dimenticarsi di tutto.

Dimenticò come ci si muove, come ci si alza, come si cammina, come si corre e diventò altro da sé…tantissimi pensieri cominciarono a riempire la sua testa; il suo sguardo fisso sul mondo, cominciò a diventare di pietra, così le sue labbra, le sue dita, le sue braccia e le sue gambe.

Piano piano, quell’uomo così veloce si fermò del tutto. Perso nei fiori di ciliegio e nel suo silenzio.

Ancora oggi si dice che un semplice inciampo abbia tramutato un uomo in pietra, regalandogli quel tempo che non aveva mai avuto.

A tutti coloro che corrono, o camminano veloce, che ci si possa fermare un attimo senza che sia troppo tardi.

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