Maggio Musicale Fiorentino

Bohème: buona edizione del capolavoro di Puccini al teatro del Maggio

L'opera va in scena nel bell'allestimento di Bruno Ravella, per la direzione del maestro Francesco Ivan Ciampa

di Domenico Del Nero

Bohème: buona edizione del capolavoro di Puccini al teatro del Maggio

È una Bohème di tutto rispetto quella che sta andando in scena in questi giorni al Maggio Musicale Fiorentino: apprezzata dal pubblico, ha sicuramente molti punti di forza anche se non manca qualche… nota stonata (e almeno nel caso della rappresentazione del 19 dicembre non solo un modo di dire.)

Partendo dunque dalla regia, si tratta della messa in scena di Bruno Ravella, comparsa per la prima volta sul palcoscenico fiorentino nel 2017 e ripresa oggi da João Carvalho Aboim, con scene di Tiziano Santi e costumi di Angela Giulia Toso. [1] Un allestimento più che dignitoso e finalmente senza velleità stravaganti o “avveniristiche”. Scene curate, che descrivono in modo “allusivo” quasi in sintonia con il periodo decadente costituite da “scatole” aperte e leggermente sghembe per la soffitta del primo e del quarto quadro e per il caffè Momus del secondo, mentre per il terzo c’è solo una landa desolata e coperta di neve con la barriera doganale.  I riferimenti non sono al periodo di Luigi Filippo e nemmeno del secondo impero: è una Parigi “gaia e terribile” quella evocata sulla scena con qualche riferimento se mai alla Belle Époque, soprattutto grazie ai costumi, belli e vivaci. Il gioco di luci di D. M. Wood (ripreso da Vincenzo Apicella) interviene a creare contrasti suggestivi, come nel primo e nel quarto atto, con il buio che viene a isolare i due amanti nel primo e poi fosco presagio nel quarto, mentre le luci scintillanti del quartiere latino contribuiscono alla grande vivacità della scena, animata da sapienti trovate come quella di Musetta che canta il suo valzer su una altalena. Qualcuno ha rimproverato a questo allestimento una scarsa originalità, ma sinceramente non se ne è assolutamente sentita la mancanza.  Ben curati anche i movimenti in scena, sia dei cantanti (in particolare del quartetto degli amici) che del coro.

Il maestro Francesco Ivan Ciampa aveva già offerto una buona prova di sé alla guida dell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino nella Bohème di due anni fa e anche questa volta la sua direzione è stata decisamente apprezzabile: vivace e sostenuta, ma nei momenti giusti anche squisitamente lirica (ad esempio, nell’accompagnamento delle arie più importanti) rende giustizia a una partitura elaborata e straordinariamente ricca.  Unica pecca di una direzione nel complesso ottima, che ha valorizzato benissimo sia l’orchestra che un coro come di consueto in splendida forma (voci bianche comprese) malgrado in Bohème non abbia  un grandissimo rilievo, è proprio l’eccesso di sonorità in alcuni passaggi, che arrivavano quasi a coprire del tutto gli interpreti; si è trattato peraltro solo di alcuni momenti che non hanno comunque pregiudicato una buona sintonia generale tra fossa d’orchestra e palcoscenico.

Per quanto riguarda il cast, il personaggio più criticabile è forse il Rodolfo di Francesco Galasso; un fraseggio un po’ piatto e un centro della voce a tratti un po’ opaco hanno reso meno efficace di quanto avrebbe potuto essere una prestazione caratterizzata peraltro da alcuni momenti discreti e da qualche buon acuto che però, per quando apprezzabile, non basta da solo a fare un tenore.

Ben diverso il discorso per Mimì, interpretata nella recita del 17 dicembre da Eva Kim Maggio e in quella del 19 da Jessica Nuccio, che riveste il ruolo in quattro recite su sei. La prima è caratterizzata da uno strumento  vocale sicuramente potente, ma con qualche difetto di impostazione e un fraseggio non sempre adeguato; ma nel complesso la prova è stata buona e apprezzatissima dal pubblico. Jessica Nuccio ha una buona qualità di voce, un timbro corposo e un fraseggio morbido: ha dato vita a una Mimì fragile e delicata (non sul piano vocale però, per fortuna!) apprezzatissima anche lei dal pubblico.  La Musetta di Nikoleta Kapetanidou brilla per simpatia e presenza scenica, oltre che per una vocalità sicura e dotata di un bel timbro .

Molti e meritati applausi anche al Marcello di Alessandro Luongo, dotato di buona presenza scenica, ottimo fraseggio e una voce ben impostata, anche se il timbro non è particolarmente scuro. Più che dignitoso il Colline di Adriano Gramigni che ha cantato una discreta Vecchia Zimarra e lo Schaunard di Min Kik.

Decisamente da non perdere. Prossime repliche sabato 21 dicembre (ore 15.30), venerdì 3 gennaio (ore 20,00) e domenica 5 gennaio (ore 15.30).

 



[1] Per la presentazione dello spettacolo cfr http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=9214&categoria=1&sezione=8&rubrica=8. La recensione si riferisce alle recite del 17 e del 19 dicembre 2019.

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