I libri di totalità

Rassegna di novità librarie dicembre 2019

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna di novità librarie dicembre 2019

Tommaso Scandroglio, Dizionario elementare dei luoghi comuni. Frasi, detti, modi di dire alla luce del pensiero cattolico  (Ida – Istituto di Ipologetica, pagg. 512, Euro 25,00)

In tempi di dittatura del politicamente corretto, per poter parlare senza subire censure o ostracismi bisogna utilizzare quei codici di linguaggio indispensabili per farsi accettare in tutti i consessi. «Quando c’è l’amore c’è tutto» … «veramente, quella era la salute», rispondeva Massimo Troisi in Ricomincio da Tre alla sua fidanzata infedele, che cercava di farsi perdonare la scappatella. Ecco, questo è un luogo comune, un’espressione balsamica e apriscatole, facile da usare, senza scadenza e per nulla urticante come invece una bella verità da spiattellare in faccia. È nato così il Dizionario elementare dei luoghi comuni. Frasi, detti, modi di dire alla luce del pensiero cattolico ed è questa la nuova pubblicazione a cura dell’Istituto di Apologetica che va ad arricchire la già nutrita “pattuglia” dei dizionari del Timone, creati per aiutare il cattolico di oggi a districarsi tra le rovine di una civiltà che ha dimenticato da dove viene e dove va. A esplorare come novello Capitano Nemo tra le viscere linguistiche, morali, filosofiche e sociali dei luoghi comuni, è la penna sagace e profonda (ma questo non è un luogo comune) del filosofo e già firma del Timone Tommaso Scandroglio.

EUROPA

Francesco Boco, La catastrofe dell’Europa. Saggio sul destino storico del Vecchio Continente (Idrovolante, pagg. 187, Euro 20,00) 

La weltanschauung oggi prevalente, dall’impronta mondialista, mira ad appiattire le differenze tra le nazioni, ad abolire i confini, a negare qualsiasi senso di appartenenza e ogni aspetto che possa risultare d’intralcio al progetto ‘egualitarista’. La globalizzazione ha subito una notevole, robusta accelerazione dai primi anni del XX secolo; questa visione progressista ha incontrato pochi Stati o movimenti politici in grado di esserle d’ostacolo. Quando ogni uomo si sarà lasciato alle spalle la propria storia e la propria identità, quando sentirà di non appartenere a nessun luogo particolare o a nessuna specifica cultura, allora si sarà pienamente ‘emancipato’ da sé stesso e dal passato avito. Chiunque potrà godere degli stessi diritti e dei medesimi vantaggi materiali: con questo input è nata l’Europa tecnico-economica guidata da Bruxelles, in obbedienza al messaggio della finanza internazionale e della legge dei mercati finanziari. Piegato ai voleri dei ‘poteri occulti’, il vecchio continente ha così perduto ogni indipendenza e autonomia; la zona circostante il mar Mediterraneo è percorsa da guerre, crisi religiose e dall’instabilità politica, che porta immensi flussi di clandestini sul nostro suolo. Tutto ciò si riflette sull’esistenza dei popoli europei, alterandone il volto e le istituzioni fondamentali, la coesione etno-culturale e la civiltà plurimillenaria.

TEMPI MODERNI

Alain De Benoist , Critica del Liberalismo. La società non è un mercato (Arianna, pagg. 288, Euro 23,50)

Il concetto moderno di sviluppo è caratterizzato dall’inclusione sempre più vasta, nella logica commerciale, di cose o ambiti che in precedenza non vi rientravano. Tutto diventa merce monetizzabile, tutto diventa disponibile sul mercato. Persino i fini non economici sono perseguiti attraverso un’attività economica e la moneta standardizza tutte le attività umane, seguendo il principio del “mai abbastanza”.

È ancora possibile impedire che il nostro pianeta e la nostra società si trasformino in un immenso mercato? Esiste un legame tra la propaganda liberalista e il cosiddetto pensiero unico?

Alain De Benoist dimostra come il liberalismo sia la dottrina filosofica, economica e politica dominante e che, pertanto, deve essere studiata e giudicata con un’analisi critica stringente. Sfruttamento del lavoro, trasformazione del soggetto in oggetto, solitudine di massa, crollo della vita interiore, condizionamento pubblicitario, tirannia della moda, scomparsa dell’intimità, menzogna mediatica, controllo sociale, regno del politicamente corretto. Tutto questo fa parte di un sistema contemporaneo fortemente influenzato dal pensiero liberalista che, come ogni ideologia dominante, è anche l’ideologia della classe dominante.

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Cristina Coccia, L’anemia demografica (Edizioni di Ar, pagg. 76, Euro 10,00)

La questione demografica, analiticamente esposta in questo saggio e proiettata negli sviluppi che potrà avere nel prossimo futuro, è la vera, primaria questione politica attuale. Non ve ne sono di più urgenti, perché essa investe direttamente la nostra sopravvivenza e la continuità nel tempo della forma genetica e culturale che ci contraddistingue. Al primo gennaio 2019 la popolazione italiana ammontava a 60 milioni di individui, dei quali 5 milioni stranieri, rappresentanti l’8,7% del totale. La famiglia, il nucleo riproduttivo che dovrebbe generare nuovi italiani si frantuma, diventa sempre meno definita, e il numero delle famiglie e quello dei loro componenti crollano. La crisi economica ha causato un indebolimento della famiglia, un decremento delle nascite, quindi la diminuzione del numero di individui impiegati nei settori produttivi.

PENSIERO FORTE

Nicolás Gómez Dávila,  Nuevos Escolios (volume I), (Gog, pagg. 150, Euro 15,00)

Pubblicati in originale nel 1986, quasi dieci anni dopo gli Escolios a un texto implícito, i Nuevos escolios, anch’essi composti da due tomi, in grande continuità con gli scritti precedenti toccano un’ampia varietà di temi filosofici e teologici così come questioni di letteratura, arte ed estetica, costituendo un’opera letteraria che privilegia lo stile e il tono.
Al centro della serrata critica gomezdaviliana troviamo ancora la modernità, il progresso, la Chiesa postconciliare, il mondo accademico e le derive gnostiche del pensiero. Sempre presente è l’avversione per la democrazia: «un’ingenuità se non fosse la maschera di una bestemmia». Avversione che, in questi tempi di vuote retoriche e spudorati populismi, rimane attuale: «avere ragione, secondo il democratico, significa gridare con il coro più nutrito». Ma quelle di Gómez Dávila non sono lezioni di vita, né tantomeno valutazioni morali sui comportamenti umani. I suoi aforismi si avvicinano di più al discorso artistico-poetico che non al discorso morale, a una filosofia come “estetica dell’esistenza”. Cercare l’unità del suo pensiero così come tentare di individuare una coerenza sistematica, sono sforzi inutili. L’opera gomezdaviliana, sostiene Franco Volpi, «si presenta come un recinto chiuso: non esiste passo razionale o deduzione logica che serva ad entrare. L’unica maniera di farlo è lanciarsi al suo interno. Comprendere, in questo caso, è davvero una questione di empatia».

TRADIZIONE

Julius Evola, Il problema della donna. Scritti sulla femminilità 1921-1971

(I libri del Borghese, pagg. 222, Euro 17,00)

Il problema della donna, negli scritti evoliani, viene trattato secondo l’angolo visuale della Tradizione, che insegna come la riscoperta della natura profonda del proprio essere sia la via che conduce alla trascendenza. Questa conferma, della propria natura, e vocazione, alla dimensione metafisica, lontana dai moralismi e dalle contraffazioni ideologiche, impone la ricerca dell’essenza del femminile, polo di una dualità costituente l’unità originaria. Nel quadro normativo del rapporto maschio/femmina, fondato sulla complementarità, Evola denunciava il cedimento interiore delle donne moderne, rincorrenti il modello, il ruolo e la funzione tipiche dell’uomo. La serie di articoli qui raccolti descrive con grande precisione lo scenario della società per come si è configurata negli ultimi decenni, con riflessioni che spaziano dal costume al piano ontologico, con considerazioni che prescindono dalla sola individuazione biologica-anatomica, ma che tengono conto della persona nella sua integralità. L’involuzione, avviata soprattutto nel dopoguerra dall’adozione dell’american way of life, appariva chiaramente a Evola, che la incardinava su vari elementi, ad esempio nella lotta femminista. Egli sosteneva che le donne combattessero non per affermare la propria natura femminile ma, senza avvedersene, per tradire sé stesse, snaturandosi e scimmiottando l’uomo, mostrando così un autentico e abissale “complesso d’inferiorità”.

PERSONAGGI

Marcello De Angelis e Nicolò Accame, Giano Accame. La vita, l’idea (Eclettica, pagg. 214, Euro 16,00)

Il volume presenta una raccolta degli interventi di Giano Accame sulla rivista Area, alla quale collaborò fino al giorno della sua morte, una biografia scritta dal figlio Nicolò, e la ripubblicazione di ritratti, commenti e ricordi della sua persona e del suo lavoro di giornalista e scrittore da parte di un gran numero di colleghi e personalità della cultura italiana. Ne emerge la vivida percezione della vitalità che ha caratterizzato l'opera di elaborazione ideologica e ricostruzione dei percorsi politici di questo autore italiano, dai primi anni di militanza politica e intellettuale dell'immediato dopoguerra, alla produzione di testi originali e precursori dei tempi.

FILOSOFIA

Fabio Togni, Giovanni Gentile e l'Umanesimo del lavoro (Studium, pagg. 288, Euro 27,50)

Scritta nell’estate del 1943, ma pubblicata postuma nel 1946, dopo il suo assassinio, Genesi e struttura della società è l’opera-testamento di Giovanni Gentile. Essa porta a compimento, con una linearità e continuità di esiti, il pensiero non soltanto filosofico del principale esponente del neoidealismo italiano. Un posto centrale, in questo compimento, occupa il tema del lavoro, in particolare del senso   del lavoro manuale e intellettuale, letto nella relazione inevitabile con lo Spirito Assoluto. Il volume ordina studi e ricerche dei principali studiosi del tema, ne vuole indagare la natura, l’origine e gli effetti, chiarendo il legame inscindibile tra riflessione filosofica e prospettiva pedagogica. L’umanesimo del lavoro gentiliano è sottoposto ad analisi come categoria che ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dei “corpi intermedi” del secolo scorso e può continuare ad avere un valore metodologico e critico per ricomprendere l’inevitabile valore formativo dell’agire lavorativo anche e soprattutto oggi, quando, su questo fondamentale snodo antropologico, sociale e filosofico,  sembrano prevalere altre logiche e, purtroppo, altre “leggerezze” di pensiero.

STORIA

Emilio Canevari, Guerra ! Lo Stato Maggiore germanico da Federico il Grande a Hitler (Oaks, pagg. 234, Euro 20,00)

Emilio Canevari, generale del Regio Esercito e storiografo militare, colui che per primo tradusse in italiano il Della guerra di von Clausewitz, fu autore di numerosi saggi teorici sui conflitti bellici. Egli affrontò, in questo volume, il tema dello Stato Maggiore tedesco, delle sue vicende, dei suoi protagonisti e della sua influenza sulla storia della nazione germanica, nell’arco temporale che va dal regno di Federico il Grande al Terzo Reich hitleriano. Lo scritto sintetizza l’evoluzione della dottrina militare germanica, soffermandosi sulla formazione dell’élite guerriera prussiana e delle sue istituzioni, attraverso figure fondamentali come von Moltke, Scharnhorst e Schlieffen, che furono i creatori di quella macchina bellica. Nella Prussia federiciana, definita Stato-caserma, un’aristocrazia di militari preparati diede vita a una tradizione di cultura bellica destinata a durare circa due secoli. Molto efficaci sono le pagine che Canevari dedica a von Clausewitz, riprendendo le sue argomentazioni sulle forze morali che presiedono alle guerre e sulla necessità di distruggere le armate nemiche. La narrazione prosegue analizzando l’esercito di Kaiser Guglielmo II, con particolare riguardo per gli eventi della Grande guerra e per von Hindenburg e Ludendorff che, col loro genio strategico e le loro vittorie, consentirono alla Germania di resistere contro forze impari. Infine, l’autore si sofferma sulla ricostruzione nazista della Wehrmacht, considerando i contrasti tra l’esercito e le SA, braccio armato del partito, oltre che sul ruolo e la funzione delle Waffen-SS.

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Anne Applebaum, La grande carestia. La guerra di Stalin all’Ucraina (Mondadori, pagg. 552, Euro 32,00)

Nel 1929 la politica di collettivizzazione agricola forzata promossa da Stalin costrinse milioni di contadini russi a consegnare allo Stato bestiame, attrezzi e ogni scorta alimentare fino all’ultimo chicco di grano. È l’inizio di una catastrofica carestia, la più letale nella storia d’Europa, che causò, tra il 1931 e 1933, oltre 5 milioni di vittime, in gran parte nella Repubblica socialista sovietica di Ucraina, una delle più popolose dell’URSS.

Un vero e proprio «sterminio per fame» (in ucraino, «Holodomor»), frutto della criminale operazione architettata dal governo di Mosca e attuata con particolare ferocia nel «granaio d’Europa»: la proprietà collettiva era infatti uno dei pilastri del marxismo-leninismo professato dal Partito comunista sovietico e la campagna doveva fornire ogni possibile risorsa alla crescita delle città e dell’apparato industriale e militare del Paese.

Dell’erronea valutazione del limite invalicabile oltre il quale il contributo delle campagne si sarebbe capovolto in un’immane strage di vite umane, Anne Applebaum incolpa l’arbitro assoluto di ogni decisione, Stalin, sordo alle suppliche dei dirigenti comunisti ucraini e ai circostanziati rapporti della polizia segreta che lo informavano della situazione sempre più critica della popolazione. E spiega l’accanimento contro il popolo ucraino e la rancorosa rivalsa nei confronti di coloro che, durante la guerra civile degli anni 1918-1920, avevano avanzato pretese d’indipendenza proclamando l’effimera Repubblica nazionale ucraina, fautrice di una rinascita culturale e linguistica autoctona, tornata minacciosamente in auge nei primi anni Trenta in quella terra da sempre contesa.

Di questa tragedia, occultata per decenni in Unione Sovietica e sepolta altrove sotto una cortina di silenzio, Anne Applebaum offre una ricostruzione vivida e impressionante, rigorosamente basata su documenti governativi desecretati e testimonianze inedite dei sopravvissuti. Una crudele verità storica in cui sono visibili sottotraccia le radici dell’odierno conflitto armato che oppone l’Ucraina, in cerca della propria identità di nazione, e la Russia; e dietro cui trapelano, nell’atteggiamento dei «nuovi zar» del Cremlino di allora e di oggi, gli inquietanti sintomi di una comune volontà genocidaria.

                                                                      ***

Pietrangelo Maurizio, Piazza Fontana. Tutto quello che non vi hanno detto (Settimo Sigillo, pagg. 396, Euro 30,00)

Come è morto Giuseppe Pinelli? Perché furono subito bloccate, in particolare dal PCI, le indagini sulla pista anarchica? Perché il settimanale inglese The Observer, che inventò la fortunatissima definizione "strategia della tensione", sapeva in anticipo degli attentati del 12 dicembre 1969? Dopo 50 anni c'è una verità giudiziaria: la strage è nera. Ma non è detto che sia la verità storica. Questo libro, edito in prima edizione nel 2001, va a scontrarsi con due tabù della sinistra. Ovvero lo stragismo anarchico. Abbiamo prodotto ed esportato in tutto il mondo i migliori attentatori in nome dello "schianto sublime della dinamite". A partire dall'eccidio della fiera milanese dimenticato e impunito, il 12 aprile 1928. E a Milano per oltre un secolo ha operato una centrale terroristica.

                                                                      ***

Renzo De Felice, Scritti giornalistici. III, Facciamo storia, non moralismo 1989-1996, a cura di Giuseppe Parlato e Giuliana Podda, prefazione di Gianni Scipione Rossi, (Luni Editrice, pagg. 352, Euro 25,00)

Questo terzo volume raccoglie scritti e interviste che coprono un periodo storico molto intenso sia sul piano internazionale sia sul piano interno, che va dall’apertura del muro di Berlino – 9 novembre 1989 – al crollo della “prima repubblica” e alla contrastata nascita della “seconda”, passando nel 1992 per la firma trattato di Maastricht e la creazione dell’Unione Europea. In questo periodo De Felice ha presieduto la Commissione scientifica della Fondazione Ugo Spirito e ne è stato negli ultimi anni presidente.
Dagli scritti emerge un De Felice che conferma il suo forte impegno civile, la sua critica alla storiografia italiana e la preoccupazione per la inadeguatezza della classe politica.
Il volume, con una prefazione di Gianni Scipione Rossi, si apre con un intervento nel quarantesimo anniversario delle leggi razziali e si chiude con un testo di commento al volume Il passato di un’illusione di François Furet. «Giudicando il secolo – nota De Felice – non possiamo non dirci furettiani».

STORIA DELLE DESTRE

Elisa D’Annibale, Veronica De Sanctis e Beatrice Donati, Il filoarabismo nero. Note su neofascismo italiano e mondo arabo (1945-1973) (Edizioni Nuova Cultura, pagg. 198, Euro 18,00).

Rilevata la scarsità di ricerche dedicate al nodo critico dei rapporti tra neofascismo italiano e mondo arabo nel secondo dopoguerra, i saggi qui raccolti offrono un primo sguardo d’insieme sia sulle posizioni espresse dal Movimento sociale italiano che su alcune delle istanze avanzate nella galassia del dissidentismo missino e delle riviste d’area. Prendendo le mosse dall’evoluzione della politica estera del Msi – dalla fondazione del partito fino ai primi anni Settanta –, ponendone in rilievo il graduale slittamento su posizioni filoisraeliane, si è in seguito proposta una disamina delle tesi filoarabe sostenute dalla corrente spiritualista, animata dalle teorie di Julius Evola. Inizialmente interna al Msi, se ne è ricostruita l’evoluzione fino alla nascita del Centro Studi Ordine Nuovo e alla conseguente fuoriuscita dal Partito. Volgendo lo sguardo alla pubblicistica neofascista, l’indagine approda infine sulle colonne delle riviste «L’Orologio» (1963-1973), espressione della sinistra nazionale, e «Corrispondenza repubblicana» (1966-1969), organo della Federazione nazionale degli ex combattenti della Rsi, analizzandone in maniera minuta gli articoli inerenti al mondo arabo.
 RIVISTERIA

 “Nova Historica”, N. 69, settembre 2019, pagg. 200.

Quando la destra voleva cambiare l’Italia

Il  numero 69 di “Nova Historica” si occupa  in larga parte della “proposta riformatrice della destra italiana”, presidenzialista e partecipativa, ricostruita attraverso le figure di alcuni suoi esponenti storici (Franco Franchi, Gaetano Rasi, Diano Brocchi), con particolare attenzione al progetto politico alternativo che dalle origini fino agli Anni Novanta del ‘900 ha caratterizzato l’impegno missino.  Alla Terza Via, corporativa e presidenzialista, è dedicato l’ampio saggio di Mario Bozzi Sentieri, che ricostruisce il dibattito sullo Stato Nazionale del Lavoro e  sull’Idea partecipativa e corporativa, rimarcata ad ogni congresso e trasformata, di legislatura in legislatura,  in efficaci proposte di legge, fino ad arrivare, negli Anni Settanta,  alla campagna per  la Nuova Repubblica, in grado di coinvolgere settori sempre più ampi della pubblica opinione sul tema delle riforme istituzionali. Scorrono, nella ricostruzione di Bozzi Sentieri, i nomi-simbolo nella battaglia della cosiddetta “alternativa al Sistema” (Ernesto Massi, Gaetano Rasi, Carlo Costamagna, Ugo Spirito, Primo Siena,  Giorgio Almirante, Giorgio Bacchi, Pinuccio Tatarella, Giano Accame) le cui  idee mantengono, pur nello scorrere degli anni, un valore culturale e politico di grande attualità.

Lo sottolinea, nell’editoriale di apertura di “Nova Historica”, il direttore della rivista, Massimo Magliaro, che invita  a riflettere,  con serenità e serietà, sulla proposta riformatrice del Msi, “tenendo presente lo spirito modernizzatore col quale la destra politica italiana la offrì all’attenzione degli studiosi, degli altri partiti e della pubblica opinione (ne parla Franchi nella sua introduzione). Spirito che oggi appare ancor più necessario”.

Sui temi sindacali e sociali, Nazzareno Mollicone continua la  sua storia del Sindacalismo Nazionale e Rivoluzionario, giunta alla terza puntata, approfondendo il periodo fascista fino alla Repubblica Sociale Italiana. Per la rubrica  delle destre europee  si segnala   l’articolo “Gli anni di Ordre Nouveau” di Philippe Pierson, dedicato all’esperienza dell’originale movimento francese, caratterizzato dalla grafica di Jack Marchal, l’inventore del famoso topo nero,  largamente riprodotta. Di grande interesse la ricostruzione di Carlos Carmona Flores  del contestato “golpe” spagnolo (fallito) del 23 febbraio  1981, l’articolo di Roberto Rosseti, dedicato a “Rosario Bentivegna, il gappista di Via Rasella”, e la puntuale lettura della vita e dell’opera di Aleksander Solzhenitsyn a 101 anni dalla nascita di Roberto Pecchioli. Completano il fascicolo di “Nova Historica” le recensioni e la suggestiva rassegna dedicata alla simbologia dei fascismi sconosciuti, a cura di Michele Rallo.

Per informazioni ed acquisti info@pagine.net – tel. 0645468600.

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