Maggio Musicale Fiorentino

TRITTICO: buon successo a Firenze dei tre atti unici di Puccini

Il pubblico ha apprezzato la riproposizione dei tre titoli in un'unica serata. Le recite sono terminate sabato 23 novembre.

di Domenico Del Nero

TRITTICO: buon successo a Firenze dei tre atti unici di Puccini

Tre pannelli per un unico quadro d’insieme. Non c’è dubbio che il trittico pucciniano, quando le tre opere che lo compongono sono rappresentate nella stessa serata, faccia un effetto ben diverso da quanto vengono esse messe in scena singolarmente. Sarà anche tenue il filo conduttore, sia tematico che musicale, anche se poi volendo di connettivi se ne possono trovare più di quanto non si pensi. Ma quello che davvero unisce questi tre atti “unici” (in tutti i sensi) è una sorta di sottile inquietudine difficile a definirsi, che si avverte palpabile: un crescendo di tensione in Tabarro e Suor Angelica, che si scarica (o meglio si attenua) nella farsa dello Schicchi che comunque non ha nulla di gioioso e dove più che il comico domina in fondo il grottesco, in piena armonia con l’ispirazione dantesca, del resto. [1]

“Mi sono deciso per una scenografia apparentemente semplice, unica per le tre opere.”  Così il regista Denis Krief (che si è occupato anche di scene, costumi e luci) parla della sua realizzazione scenica, associata ad una dimensione atemporale, o meglio vagamente novecentesca che cancella però, o quantomeno impoverisce, le differenti “tinte” del pannello.

La scenografia è infatti costituita da tre pannelli di legno inclinabili e slanciati verso l’alto, con varie aperture che costituiscono porte o finestre.  Nella parete di fondo del Tabarro campeggia una grande immagine di Parigi vista dalla Senna, stile cartolina protonovecentesca; La chiatta su cui si svolge l’azione è costituita da un piano rialzato.  Molto più spoglia la scena di Suor Angelica, che dà vagamente un’idea claustrale; un po’ improbabile il carrettino delle piante trascinato dalla protagonista per dare un’idea dell’hortus officinalis.  Gianni Schicchi ripropone l’impianto a tre pareti con quarta in forma di cartolina – veduta di Firenze, questa volta però in forma da camera da letto con libri e oggetti vari, compreso un busto di Dante.

Funziona? Abbastanza per il Tabarro, che comunque è ambientato nei primi anni del Novecento; meno per  Suor Angelica, malgrado la bravura delle interpreti e del coro che riempiono pienamente i vuoti scenici; poco o nulla nello Schicchi, dove il busto di Dante non compensa certo la perdita di quel milieu medievale che è caratteristica base dell’opera. “ Come spesso faccio, non cerco in nessun modo di fissare un’epoca con i costumi: sarà cura della musica o del dramma di suggerirla qualora fosse necessaria. Lascio al costume la sua funzione sociale, così che caratterizzi, passando da un titolo all’altro, il milieu o la categoria sociale alla quale appartiene il personaggio e in cui si svolge l’azione. Il lavoro del cantante sul suo personaggio mi sembra il più bello dei costumi!”. Così ancora il regista; ma per quanto il lavoro dei cantanti sia stato sicuramente pregevole, stona non poco sentir gente in giacca e cravatta che ragiona di fiorini o di taglio della mano. Inoltre, se nel Tabarro e in Suor Angelica i movimenti scenici era complessivamente ben calibrati ed efficaci (anche se il finale è un po’ deludente, mancando la scena del miracolo a cui Puccini e Forzano tenevano tanto)  nello Schicchi alcune volte il pur spiritoso e godibile gruppo  dei parenti ha un pochino ecceduto, mentre Lauretta e Rinuccio (che certo non hanno un grande ruolo) sono rimasti un po’ troppo sullo sfondo.

Nulla di particolarmente negativo e comunque come diceva sempre Krief con i fondi oggi a disposizione non si può far miracoli, ma questo può spiegare la freddezza ed anche qualche contestazione (comunque eccessiva) nei confronti del regista alla prima.

Decisamente positivo invece il parere sul maestro Valerio Galli, molto apprezzato anche dal pubblico, alla guida di un’orchestra compatta e in piena forma: nel Tabarro il maestro mette in risalto tutta la carica “decadente” sin dal bellissimo preludio e per tutta la scena sul lungosenna, facendo emergere la ricchezza strumentale di un’opera che di “verista”, a parte il soggetto, ha veramente poco; nella suor Angelica l’orchestra sa accendersi di tinte tenui e delicate, ma anche mistiche e drammatiche, soprattutto nel finale, mentre lo Schicchi è stato molto “falstaffiano”, con un’orchestra che sottolinea ed esprime pienamente tutti  i risvolti della vicenda.  Ottima anche la prestazione del coro femminile (e dei bambini) nella Suor Angelica, perfettamente preparato dal maestro  Lorenzo Fratini.

Buono complessivamente anche l’insieme dei cantanti; nel Tabarro, il tenore Angelo Villari si muove perfettamente a suo agio nel ruolo di Luigi, grazie alla sua vocalità solida e sicura negli acuti e al suo bel timbro scuro da tenore drammatico; Maria Josè Siri (soprano) si muove a suo agio nel ruolo di Giorgetta, meno forse in quello di suor Angelica; comunque sia lo strumento vocale è pregevole, soprattutto nel registro centrale e in quello acuto. Franco Vassallo è un Michele non memorabile, ma comunque dignitoso. Fra gli interpreti minori delle prime due opere da segnalare il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, una algida Zia Principessa dotata di ottimo fraseggio in Suor Angelica  e una tenera Frugola nel Tabarro.

Per lo Schicchi, Bruno de Simone presenta un ottimo protagonista sia sul piano scenico che su quello vocale, con una voce dotata di un discreto volume e di una ottima dizione. Apprezzabile anche il gruppo dei parenti, mentre il Rinuccio di Dave Monaco si rivela un po’esile, come la Lauretta di Francesca Longari, dotata però di un timbro apprezzabile.  Serata di buon successo e calorosi applausi (la recensione si riferisce alla recita di mercoledì 20 novembre)

 

 



[1]Per la presentazione delle tre opere e dello spettacolo cfr http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=9202&categoria=1&sezione=8&rubrica=8     

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