I libri di totalità

Rassegna di novità librarie ottobre 2019

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna di novità librarie ottobre 2019

Simonetta Bartolini, “Yoga”. Sovversivi e rivoluzionari con d'Annunzio a Fiume (Luni, pagg. 384, Euro 25,00)

Nel novembre 1920 Giovanni Comisso e Guido Keller fondano a Fiume «Yoga» una rivista settimanale di cultura e politica, di cui furono pubblicati solo quattro numeri, i cui articoli vengono qui pubblicati, per la prima volta,  in trascrizione integrale. «Yoga» vide la luce il giorno dopo la firma del trattato di Rapallo, che dopo poco più di un mese avrebbe portato alla conclusione dell’avventura fiumana con il “Natale di sangue”. Non si trattò di una rivista della proterva sopravvivenza del fiumanesimo oltre e contro il corso della storia, non fu caratterizzata dalla malinconia di un tramonto alle porte, ma piuttosto fu la reazione vitalistica e rivoluzionaria di due intellettuali che aderirono con convinzione e passione al progetto dannunziano formalizzato nella Carta del Carnaro. Speravano di imprimere alla storia d’Italia un nuovo corso fondato sull’antiparlamentarismo, l’antipartitismo, l’anti-industrialismo (in nome della vocazione agricola e marittima dell’Italia), l’antieuropeismo (risultato dell’egemonia anti-italiana emersa della pace di Parigi) e l’antimperialismo (in polemica con la politica espressa dai paesi della Società delle Nazioni). Da Fiume avrebbe dovuto iniziare una rivoluzione nel segno della poesia, della bellezza, dell’autodeterminazione popolare, della supremazia dello spirito sulla materia.

Di «Yoga» si sa poco o niente, anche a causa della difficile reperibilità dell’intera collezione. In quei quattro numeri vi è un piccolo tesoro di prose d’arte (firmate da Comisso, de Pisis e altri anonimi redattori), di riflessioni sulla complessa situazione fiumana all’indomani della promulgazione della Carta del Carnaro e della firma del trattato di Rapallo, di polemiche politiche e artistiche.

Simonetta Bartolini ricostruisce la storia di «Yoga» e dell’omonimo movimento nato nella “città di vita” nell’estate del 1920, del difficile rapporto di Comisso e Keller con l’amato/odiato d’Annunzio, tracciando un minuzioso percorso interpretativo che – fuori dal cliché filofuturista o addirittura pre-sessantottesco – ricolloca finalmente nella corretta prospettiva storica questo tassello di fiumanesimo degli intellettuali.

EUROPA

Gianfranco Peroncini, Il podestà forestiero. La scelta sovranista (Altaforte, pagg. 456, Euro 35,00) 

Il podestà forestiero affronta il problema dell’euro, della sua creazione e delle possibili vie d’uscita, partendo dal quadro storico del secondo dopoguerra quando, con il Piano Marshall e le prime istituzioni europeiste, il Vecchio continente si legò al destino degli Stati Uniti. L’ampio contesto degli avvenimenti comprende snodi cruciali, come la Nato e l’avvento del centrosinistra in Italia, fino alla fondazione dell’Unione europea. Quest’ultimo progetto veniva presentato come una novità vantaggiosa per tutti gli Stati che vi avessero aderito, spontaneamente e in maniera duratura, mentre veniva trascurato il modo per uscire dall’Unione, come attestato dalle recenti difficoltà della Gran Bretagna in seguito alla Brexit. Altra questione aperta e analizzata dall’autore è quella del rapporto fra la volontà popolare e la forma dei Trattati europei, e tra l’Europa e il resto del mondo. Il libro documenta come l’UE abbia fatto aumentare le diseguaglianze tra una minoranza, sempre più ricca, e i ceti medio-popolari in difficoltà. L’Europa a trazione tedesca, più che la volontà dei popoli, ha assecondato gli interessi delle multinazionali, trasformando gli uomini politici in “camerieri dei banchieri”, come ammoniva Ezra Pound già nel secolo scorso.

MONDO

Mario Volpe, China prosit. Quanto potrebbe costarci caro questi brindisi con la Cina? (Diogene, pagg. 264, Euro 15,00) 

Le analisi degli esperti registrano la crescita economica continua della Cina, fino a quarant’anni fa catalogata fra i paesi del terzo mondo. Lo sviluppo economico-finanziario cinese è stato, però, sempre verificato dalle autorità statuali, portatrici di una politica che favorisse le esportazioni e avesse una bilancia commerciale positiva. Questo “capitalismo controllato”, attento a non “lasciare che una sola moneta ritorni da dove è venuta” secondo le parole di Deng Xiaoping, ha fatto dello Stato cinese una potenza inarrestabile, che si è aperta con la forza la nuova via della seta. Altri effetti dell’espansione del rinnovato Celeste Impero sono le tante aziende occidentale vendute ai cinesi, le fabbriche che delocalizzano la produzione in Cina, i negozi e le botteghe degli italiani chiuse mentre si infittisce la rete della distribuzione commerciale estremo-orientale. L’autore di questo volume, da quarant’anni impegnato in relazioni economiche con la Cina, espone le sue riflessioni sulle istituzioni cinesi e sui loro costumi, frutto dell’esperienza maturata sul campo.

ECONOMIA

Francesco Paolo Capone, Populeconomy. L’economia per le persone e non per le élites finanziarie (La Meta Sociale, pagg. 122, Euro 19,00)

Il  saggio, partendo dal fenomeno della globalizzazione, analizza l’attuale situazione economica ponendo l’accento sulle distorsioni delle politiche fondate sull’austerity e sulle conseguenze negative, in Italia, del Jobs Act. Secondo Capone, l’Europa, cosi’ come è configurata manca di una vera e propria condivisione: la moneta unica e il patto di stabilità, così come li conosciamo oggi, rappresentano un’anomalia perché la politica, che non riesce a svolgere il suo ruolo di indirizzo dei processi economici, finisce per essere subordinata alla finanza. Occorre quindi, secondo l’autore, sostenere il consolidamento di un’Europa politica, di un soggetto cioè che sia innanzitutto sovrano e che abbia una vera e propria partnership con gli stati extra europei. Il sindacato, in tal senso, deve essere pronto a dare un apporto decisivo a questo grande progetto e concorrere alla creazione di un’Europa dei popoli.
È questo l’impegno del futuro, se non si vogliono al centro dell’Unione Europea soltanto i mercati e la finanza. Si tratta soprattutto di un’opportunità da offrire alle nuove generazioni che non riescono a sognare e immaginare il loro futuro senza le ansie di oggi. Per Capone, tutto ciò rappresenta anche una sfida culturale, alla quale non ci si può sottrarre e per la quale ci si deve impegnare in prima persona. Per quanto riguarda il nostro Paese, e’ improcrastinabile puntare su politiche che rilancino gli investimenti in piccole e grandi opere e che guardino alla famiglia come asse portante del nostro modello economico e sociale, per attivare meccanismi di protezione per le nostre fasce produttive e sociali più deboli, sottraendole così  alla selvaggia concorrenza internazionale, e ridare al lavoro il valore e la dignità che gli sono propri. Anche per queste ragioni, Capone vede nell’importanza delle riforme e nel rinnovamento dei corpi intermedi, una delle possibili vie d’uscita, purché fondate sul valore delle persone.

TEMPI MODERNI

Marcel Gauchet, La fine del dominio maschile (Vita e Pensiero, pagg. 76, Euro 10,00)

“L’avvenimento non è di poco conto… stiamo as­sistendo alla fine del dominio maschile”. Così ini­zia questo nuovo libro di Marcel Gauchet, autore sempre attento a cogliere le dinamiche che muo­vono le relazioni all’interno della comunità uma­na. E subito precisa: non si tratta del crollo della supremazia ‘fisiologica’ di un sesso sull’altro, ma della messa in discussione di un sistema di ruoli e identità talmente radicato da sembrare inscrit­to da sempre nell’ordine delle cose e che riguar­da il fondamento stesso dell’essere-in-società. Per millenni il dominio maschile ha incarnato, in stretto legame con la religione, la superiorità dell’ordine culturale (quello che istituisce il sistema delle regole e delle leggi) rispetto all’ordine naturale (quello della vita biologica, potentissimo ma sempre precario), ponendosi così a garanzia della sopravvivenza della società e del permanere della sua identità collettiva al di là del susseguirsi dei suoi membri. Ebbene, sotto la spinta delle varie ‘liberazioni’ della fine del secolo scorso (non solo quella ses­suale, ma anche e più sottilmente quelle riguar­danti l’espressione individuale), tutto questo si­stema di ordinamento sociale gerarchico è crol­lato su se stesso, a partire dalla fondamentale ‘cellula base’ della famiglia, che si ritrova oggi privatizzata, rifugio affettivo a libera disposizio­ne dei suoi componenti. E gli individui, sganciati dall’assegnazione istituzionale dei ruoli sociali – il pubblico (la cultura) ai maschi, il privato (la natura) alle femmine – valgono per sé, con di­ritti identici, al di là del loro sesso, in virtù della loro libertà di singoli. 
Tuttavia, il crollo dei parametri istitutivi della società come l’avevamo conosciuta finora non lascia ancora intravedere l’aspetto della società futura. Siamo in un interregno in cui esiste e co­esiste tutto, dalle incertezze dei maschi riguar­do al proprio simbolico identitario, al sorgere di una nuova autorità femminile basata sull’empa­tia e sulla prossimità materna ma ancora tutta da verificare quanto alla sua modalità istituzio­nale. La fine del dominio maschile ha lasciato un vuoto e una domanda: cosa mettere al suo posto? Una domanda, chiosa Gauchet, che non ci abbandonerà tanto presto.

STORIA

Fabrizio Amore Bianco, Mussolini e il "Nuovo Ordine". I fascisti, l'Asse e lo "spazio vitale" (1939-43) (Luni, pagg. 400, Euro 25,00)

Fin dai primi mesi del Secondo conflitto mondiale – quando Mussolini aveva adottato la linea della «non belligeranza» – molti fascisti interpretarono la guerra come il primo, ineludibile passaggio «rivoluzionario» che avrebbe portato alla definitiva distruzione della civiltà liberale. La decisione del «duce» di portare il Paese in guerra amplificò tali suggestioni, illudendo ambienti del Partito Nazionale Fascista, dei sindacati, delle università e del mondo della cultura in genere che la creazione del Nuovo ordine fascista fosse a portata di mano, una volta conseguita la vittoria.

Il protrarsi del conflitto e i primi insuccessi delle armate italiane non intaccarono le aspettative di tali settori del fascismo, che contribuirono ad alimentare un ipertrofico dibattito sui caratteri della «nuova civiltà» totalitaria che riguardò soprattutto l’ambito politico-economico e che fu oggetto di moltissime analisi sia a livello propagandistico, sia a livello culturale.
Questo volume ricostruisce le premesse, i contenuti e i diversi momenti di tale dibattito, ospitato in buona parte sui periodici di regime, offrendo un quadro dei progetti sul dopoguerra che nel periodo 1939-1943 affollarono l’immaginario fascista.

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Valentino Rubetti, Fascismo al femminile. La donna fra focolare e mobilitazione (Armando, pagg. 159, Euro 15,00)

Secondo il paradigma antifascista-resistenziale, tutto il Ventennio è stato un periodo di profonda involuzione, non solo sul piano politico, ma anche su quello dei costumi. Ne deriva che la letteratura - peraltro scarsa e di esclusiva origine femminista - sulla condizione femminile in tale periodo si sia adagiata sul cliché della donna sottomessa dal patriarcato fascista, alla quale era precluso il lavoro come mezzo di emancipazione, buona solo come riproduttrice di figli da mandare a combattere o da essere immessi sul mercato del lavoro come manodopera a basso prezzo. Il libro analizza in chiave critica questi assunti dimostrando piuttosto il contrario, cioè che è proprio nel periodo fascista che la figura della donna, sia pure tra luci e ombre, tra colpi di freno e di acceleratore, nelle inevitabili contraddizioni di un Paese sulla via della modernizzazione, acquisisce una posizione inedita. In tale processo un ruolo chiave viene giocato dalla mobilitazione politica di massa, che coinvolge milioni di donne, pre-condizione necessaria, anche se non ancora sufficiente, per la nuova collocazione della donna nella società post-bellica. Un capitolo a parte è dedicato alle ausiliarie della RSI e al grande femminicidio di cui furono vittime. Pur non facendo parte di reparti combattenti, esse costituirono, di fatto, la quintessenza della donna fascista e pagarono un prezzo altissimo in termini di sangue a conflitto ormai concluso. 

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Silvano Olmi,  Non solo la “Ciociara”: violenze di guerra sulle donne dalla Sicilia alla Campania, dal Lazio alla Toscana   (Fergen, pagg. 286, Euro 15,00)

Una vicenda scomoda e terribile della seconda guerra mondiale. Attraverso documenti e denunce ripercorre le violenze compiute in Italia nel 1944 soprattutto dalle truppe marocchine inquadrate nel Corpo di Spedizione Francese. Una violenza doppiamente terribile perché questi militari che facevano parte degli Alleati erano considerati dei liberatori e vennero accolti come tali. Per loro, invece, gli italiani erano dei nemici e quindi i loro beni e le donne erano solo "bottino di guerra" su cui sfogare gli istinti più bestiali. Donne di tutte le età, dagli 11 agli 80 anni e in non pochi casi anche uomini e ragazzi (persino bambini). In Toscana hanno subito violenze persino uomini e donne impegnate in formazioni partigiane. Se l'orrore ha raggiunto il culmine in Ciociaria (e in limitrofi comuni della provincia di Latina), il volume si occupa anche di stupri e omicidi registrati sia prima, in Sicilia e in Campania, che dopo, nella provincia di Viterbo e nelle provincie di Siena e di Livorno, sull'Amiata e all'Isola d'Elba. Questo libro si occupa della provincia di Viterbo dove l'autore ha trovato negli archivi quasi cento denunce e presenta documenti inediti.

PERSONAGGI

Maurizio Serra, L’Imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio (Neri Pozza, pagg. 719, Euro 25,00)

Era bianco come la neve, impomatato, immacolato nell’abito e nella persona, con un guardaroba che uguagliava quello del principe di Galles, e una calvizie precoce che ne fece, con l’età, un «piccolo idolo d’ebano dalla testa d’avorio» (Marinetti). Di statura modesta, aveva la fronte alta, volitiva, il naso dritto, ma «lo sguardo e la bocca così deboli, completamente abbandonati alle fatalità e alle passioni». Nell’aspetto, non tradiva alcunché del poeta o dell’artista, ma, stando alle parole di Romain Rolland che lo detestava, «sembrava un addetto d’ambasciata molto snob». Scandali, duelli, separazioni accompagnate da tentativi di suicidio e da soggiorni all’ospedale psichiatrico suggellavano puntualmente i suoi numerosi amori. Lettore onnivoro, era un cesellatore del plagio capace di prendere tanto dai classici quanto dalle tendenze e dagli stili alla moda.
Un avventuriero, dunque? Un fatuo Narciso che le bizzarre circostanze dell’epoca elevarono a «scrittore più celebre al mondo», oggetto di ammirazione di Thomas Mann, D.H. Lawrence, Pound, Hemingway, Brecht e Borges?
Cercando l’uomo al di là del personaggio che lo occulta, Maurizio Serra mostra, in questa imponente biografia, come Gabriele D’Annunzio non sia stato affatto un frivolo esteta che indossava di volta in volta i panni del poeta, del seduttore, dell’uomo d’azione, del condottiero. «È stato, dall’inizio alla fine, un poeta dell’azione, un aedo epico portato alle stelle dal movimento esistenziale, paralizzato dal decadimento, ucciso dall’inerzia», un cultore dell’opera d’arte totale wagneriana il cui coerente, intimo scopo era «riproporre il vate dantesco, guida lirica e sacerdotale della nazione». Non un avventuriero, dunque, ma un principe dell’avventura, «precursore e fratello maggiore dei Lawrence d’Arabia, Saint-Exupéry, Malraux e Romain Gary».

FILOSOFIA

Paolo Rada, La Tradizione dal punto di vista dell’azione. I fondamenti del pensiero di Julius Evola (Irfan, pagg. 266, Euro 22,50) 

In questo saggio, Paolo Rada ha illustrato i principi fondamentali del mondo della Tradizione – la visione ciclica della storia, la funzione dell’iniziazione, la dottrina delle caste, le manifestazioni politiche -, messi in luce nella bibliografia evoliana. Egli evidenzia le basi teoriche e le possibilità operative ancora presenti nella modernità, nei sistemi religiosi che sono a tutt’oggi ancorati agli elementi tradizionali. La Tradizione, in Evola, viene rappresentata dall’angolo visuale di uno kshatriya, che si avvicina al divino mediante l’ascesi dell’azione, secondo l’equazione personale del pensatore romano. L’autore sottolinea che nel mondo contemporaneo l’islam, in modo particolare quello sciita, è il più valido baluardo contro la secolarizzazione e la visione materialistica della vita, rispettando il canone della contemplazione che segue e completa l’azione indiante. Lungo tutto lo snodarsi del testo, Rada svolge un continuo parallelo fra le concezioni di Evola e quelle di Guénon, esaminando le principali divergenze gnoseologiche e le diversità interpretative, della storia e della politica, nei due maggiori esponenti del pensiero tradizionale del XX secolo.

                                                                      ***

Marco Zambon, Nessun Dio è mai sceso quaggiù. La polemica anticristiana dei filosofi antichi (Carocci, pagg. 550, Euro 46,00)

Marco Zambon presenta una sintesi degli argomenti con i quali i filosofi classici si impegnarono, dall’epoca di Marco Aurelio a quella di Giustiniano, nella polemica anticristiana: un aspetto della reazione ‘pagana’ alla diffusione del cristianesimo. La classe dirigente dell’Impero, per contenere l’espansione della nuova religione, reagì alla predicazione evangelica sia con misure repressive che con la propaganda, grazie all’ausilio di sapienti, poeti e retori, che presero posizione contro la dottrina e la condotta di vita dei cristiani. Gli intellettuali ellenico-romani, in particolare gli esponenti della tradizione platonica, si opposero alla pretesa dei cristiani, che sostenevano che la loro religione fosse la sola vera filosofia. Celso fu il primo platonico che, sul finire del II secolo, intraprese una confutazione sistematica del cristianesimo, mostrandone l’incompatibilità con la razionalità filosofica, a partire dalla dottrina dell’incarnazione del Logos divino. Gli argomenti che i pensatori classici utilizzarono nella polemica anticristiana, e le obiezioni rivolte sul piano filosofico, religioso ed etico-politico, emergono dalle risposte che formularono Minucio Felice ed Eusebio di Cesarea. Nel volume viene analizzata anche la posizione giuridica dei cristiani, prima e dopo il regno di Costantino, poiché essi furono percepiti, oltre che come i sostenitori di una falsa filosofia, anche come una minaccia all’ordine pubblico e alla stabilità dello Stato.

RIVISTERIA

“CRISTIANITA’” N. 398 – EURO 5,00

Il numero in  distribuzione di “Cristianità”, Organo ufficiale di Alleanza Cattolica  si apre con un articolo di Marco Invernizzi in cui si ripercorre la storia del movimento pro-life in Italia.

Una storia iniziata nel 1970 con la legge sul divorzio. Dopo qualche anno, con il referendum sull’aborto, cominciarono a manifestarsi due tendenze che avrebbero diviso il mondo pro-life. La prima rinunciava a priori a intraprendere una battaglia perché avrebbe potuto tradursi in una sconfitta. La seconda rifiutava di combattere perché giudicava immorale sostenere un referendum solo parzialmente abrogativo di una norma intrinsecamente iniqua. Tendenze consolidate poi con l’introduzione della legge n. 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e con la questione sull’eutanasia dei nostri giorni. Alleanza Cattolica ha sempre sostenuto referendum o leggi, anche imperfetti e non pienamente soddisfacenti, che impedissero il male maggiore in ogni specifica circostanza storica.

Valter Maccantelli offre un’analisi – una delle poche pubblicate in Italia sull’argomento – su Hong Kong partendo dalla storia di questa ex colonia inglese, passata nel 1997 sotto il controllo cinese per un periodo di 50 anni. La Cina, pur dovendo garantire ogni libertà presente al momento del passaggio, ha avuto un controllo totale sulla vita politica, sociale ed economica del Paese. Ecco perché già nel 2014 – Rivoluzione degli Ombrelli – scoppiarono le prime agitazioni causa controlli più stringenti sulla nomina delle autorità politiche locali.

Le manifestazioni cominciate a giugno scorso sono rivolte contro una legge che, se approvata, permetterebbe «l’estradizione» verso la Cina degli accusati di alcuni reati gravi, processati secondo il sistema giudiziario di quello Stato. La liquidità della struttura politica e la mancanza di riferimenti ideali rende i manifestanti deboli sul piano dell’efficacia pratica e fragili su quello della tenuta nella media distanza, sulla quale le autorità sembrano puntare.

Altri articoli su diversi temi – John Henry Newman, Fulton Sheen, il cristero Enrique Gorostieta Velarde – e le consuete rubriche chiudono il fascicolo di Cristianità.

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